Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi a mezzogiorno i russi dovrebbero cominciare a ritirarsi dalla Georgia e questo forse contribuirà a migliorare il clima pessimo delle attuali relazioni Russia-America. Giovedì scorso la Polonia ha accettato di accogliere nel suo territorio la parte di sua competenza dello scudo spaziale (dieci missili intercettori) ma ha preteso, per firmare, che gli Stati Uniti garantissero anche la fornitura di una batteria di Patriot e la modernizzazione dell’intero sistema di difesa. «Occorre difendersi da Mosca», hanno detto. Gli americani sostengono che lo scudo serve a rintuzzare i razzi iraniani, ma i russi – a cominciare da Putin l’anno scorso – hanno sempre detto di non crederci e di esser sicuri che si tratta di armi puntate contro di loro. Dopo la mossa polacca il generale Anatolij Nogovozyn ha detto: «La Polonia apre la possibilità di un attacco militare contro il suo territorio. Questo, al cento per cento». Domenica gli ucraini hanno lanciato il seguente appello: «Siamo pronti a collaborare con chiunque ci aiuti a impiantare un sistema di difesa antimissile». Non hanno nominato gli americani per non irritare i russi, ma i russi si sono irritati lo stesso, dato che i russi ritengono che un bel pezzo della Ucraina cosiddetta libera sia il risultato di regali fatti da Mosca dopo la caduta del Muro. Perciò proprio domenica - mentre la Merkel contribuiva al malumore di Putin e soci dichiarando che se la Georgia vuole entrare nella Nato è liberissima di farlo - hanno fatto sapere che armeranno di testate nucleari la loro flotta nel Mar Baltico. Allora il Times ha scritto questa frase, ripresa da quasi tutti i quotidiani europei: «Soffiano sempre più forti i venti di una nuova Guerra fredda...»
• C’è già stata una guerra fredda? E poi: che vuol dire ”guerra fredda”? Prendersi a parolacce senza mai metter mano alle pistole?
Qualcosa del genere.
• Ed è già successo?
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il mondo risultò diviso in due blocchi, ciascuno dei quali aveva come punto di riferimento una delle due grandi potenze. Il blocco di qua, cioè gli occidentali, insomma noi, stava nell’area d’influenza americana. Il blocco di là – comprendente i paesi dell’Europa orientale come la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Romania, la Polonia, la Bulgaria – prendeva ordini da Mosca. Gli Stati orientali – tipo Georgia o Ucraina –, che ci tengono compagnia durante le competizioni sportive internazionali e che quasi mai sappiamo bene dove sono, non esistevano perché facevano parte dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss). Tra i due blocchi – cioè tra americani e russi, col codazzo dei loro clienti – era in atto una competizione a tutto campo perché si confrontavano, oltre che due potenze economiche e militari entrambe meritevoli di aver sconfitto il nazismo, anche due sistemi politici. La società a struttura capitalistica in gara con la società a struttura comunista. La guerra era fredda perché non si combatteva materialmente, se non, qualche volta, per interposti paesi. Ma il rischio di precipitare in una guerra calda era costante perché le due superpotenze non facevano che armarsi, e armarsi di armi sempre più distruttive, al punto che fu molto presto chiaro che l’eventuale guerra calda non sarebbe mai scoppiata perché non avrebbe avuto vincitori: gli arsenali atomici di tutt’e due erano talmente zeppi che, se avessero cominciato a tirarsi bombe, sarebbe saltato per aria l’intero pianeta.
• Che differenza c’è con la guerra fredda di adesso?
La guerra fredda di adesso è molto più pericolosa. Da un certo momento in poi americani e russi, dietro la concorrenza dichiarata, avevano imparato a conoscersi e, in tante circostanze, si aiutarono persino l’un l’altro. Un telefono rosso permetteva ai capi dei due Stati di parlarsi direttamente in qualunque istante, in modo da impedire conflitti per sbaglio. Il legame che, grazie alla guerra fredda, teneva uniti i due contendenti era così forte che la fine del comunismo e del Kgb destabilizzò tutti i sistemi spionistici mondiali. Ci fossero stati ancora i sovietici forse non avremmo avuto l’11 settembre, perché la Cia l’avrebbe saputo.
• Invece adesso?
La Russia è un paese ubriaco di nazionalismo e tronfio della ricchezza mai vista prima che gli viene dal petrolio. Gli Stati Uniti si sono messi in testa che ciò che è buono per l’America è buono per il mondo e intanto sono in preda a una crisi economica epocale, il cui sbocco è persino spaventoso da prevedere. Il telefono rosso magari c’è ancora, ma le due superpotenze non sembrano più capaci di parlarsi.
• Ma le superpotenze sono ancora due?
No. C’è la Cina, c’è l’India, paesi che – anche loro – da qualche anno si armano. Ci sarebbe anche l’Europa. Potenza economica, ma inerme: abbiamo demandato la nostra difesa agli Stati Uniti e, per l’energia, siamo schiavi dei russi. Dalla Prima Guerra fredda noi europei (e soprattutto noi italiani) abbiamo guadagnato molto. Dalla Seconda, scoppiata appena adesso, non lo so. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport, 18/8/2008]
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