Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Bum! Wall Street ha guadagnato più o meno il 3,5 per cento (mentre scriviamo le contrattazioni sono ancora aperte). Milano ha segnato addirittura un +7,7%, il più grande rialzo da quando esiste la Borsa. Il resto del mondo a seguire, con una ripresa delle quotazioni in genere consistentissima. Che è successo? successo che la Banca Centrale americana, cioè la Federal Reserve, d’accordo con il ministro del Tesoro americano Henry Paulson – l’equivalente di Tremonti – ha deciso un piano finanziario straordinario, che si annuncia più o meno di mille miliardi di dollari. In pratica lo Stato americano si accinge a garantire tutte le banche americane facendosi carico dei titoli spazzatura fino a un migliaio di miliardi di dollari. In questo modo – è il messaggio implicito – non c’è più da aver paura e si può tornare a nutrire fiducia. «Banche, – dicono praticamente il governatore della Fed Ben Bernanke e il ministro Paulson – prestatevi pure i soldi tra di voi tranquillamente, tanto garantiamo noi». L’altro giorno avevamo spiegato che i titoli marci custoditi nei frigoriferi degli istituti avevano indotto una diffidenza invincibile negli altri commensali del credito: nessuno voleva sedersi a tavola con nessuno, vale a dire nessuna banca voleva più prestare denaro a nessun’altra banca. Permanendo questa fiducia, si sarebbe arrivati al collasso generale e finale. Avevamo anche detto che disastri di questa natura possono essere affrontati solo dallo Stato e che il governatore Bernanke, studiando la grande crisi del Ventinove, aveva detto tanti anni fa che di fronte a una congiuntura di quel tipo lui avrebbe piuttosto bombardato le città americane di banconote. Ed ecco infatti il bombardamento che arriva: mille miliardi a disposizione! Sommati questi mille miliardi a tutto quello che Fed e Bce hanno tirato fuori finora, le perdite da subprime hanno l’aria di valere 5-6000 miliardi.
• Ne siamo fuori o no?
Non lo so. Intanto, la crisi finanziaria esce a questo punto dal dibattito elettorale e permette a McCain di rintuzzare un argomento forte di Obama. Non creda che dietro questa decisione non ci sia anche questo. Per un paio di mesi infatti il sistema dovrebbe tenere, e dopo le elezioni si vedrà. Certo, per trovare i mille miliardi il Tesoro dovrà indebitarsi sul mercato. Il debito pubblico americano è già ora più alto del nostro, equivalendo al 120 per cento del Pil. In cifre: 15 mila miliardi di dollari, dopo la costosa nazionalizzazione di Fannie & Freddie. Si finanzieranno emettendo titoli e stampando banconote in modo che la gente possa comprarli. Inflazione a go-go. E schiacceranno di tasse i contribuenti. Per un paio di mesi - il tempo del voto - potrebbe funzionare. Per il periodo successivo, facciamoci il segno della croce.
• Questi mille miliardi sarebbero l’«immissione di liquidità» di cui si parla di continuo?
Sì. Le banche stanno ferme, si tengono cioè “all’asciutto”, e allora la liquidità per gli scambi la forniscono (la “immettono”) le banche centrali. Se il denaro non gira (se non c’è liquidità in circolazione) il sistema collassa.
• E che cosa significano quelle altre espressioni che leggo sempre, «bruciati cento miliardi» eccetera?
Se oggi un’azione vale dieci euro e domani ne vale otto, si può dire che «si sono bruciati due euro». Quando la Borsa scende, si calcola il valore di ieri di tutte le azioni in circolazione e lo si confronta con quello di oggi. La differenza tra i due numeri è il valore di ciò che è stato bruciato. Badi che è una metafora: la «bruciatura» – la perdita vera – si ha quando si vende l’azione. Finché l’azione me la tengo, la perdita è solo teorica.
• Ma allora è semplice. Basta non vendere.
Mica tanto. E se l’azione arriva a zero? E se dopo essere scesa da 10 a 1 non risale più? C’è anche l’altra regola: meglio contenere le perdite e vendere a 5 quello che si è comprato a 10 piuttosto che star fermi e perdere tutto. Una certa saggezza spicciola dice – scusi l’espressione – di «non pisciare contro il vento di Borsa». Cioè: se tutti vendono, ci sarà una ragione e quindi vendi anche tu. Regola mezzo fasulla. I veri artisti del listino sono quelli che vanno contro corrente e magari vendono titoli che non hanno.
• Come sarebbe?
Si chiamano “vendite allo scoperto”: siccome il giorno in cui il venditore deve consegnare il titolo al compratore è diverso dal giorno in cui si fa l’operazione, si può vendere oggi qualcosa che dovremo consegnare – mettiamo – tra una settimana. Se la quotazione nel frattempo scende, compreremo il titolo guadagnando (ci «copriremo») per consegnarlo al nostro acquirente. un gioco d’azzardo che proprio ieri, negli Stati Uniti, hanno proibito. Wall Street è andata su anche per questo.
• Ne siamo fuori o no?
Non lo so. Intanto, la crisi finanziaria esce a questo punto dal dibattito elettorale e permette a McCain di rintuzzare un argomento forte di Obama. Non creda che dietro questa decisione non ci sia anche questo. Per un paio di mesi infatti il sistema dovrebbe tenere, e dopo le elezioni si vedrà. Certo, per trovare i mille miliardi il Tesoro dovrà indebitarsi sul mercato. Il debito pubblico americano è già ora più alto del nostro, equivalendo al 120 per cento del Pil. In cifre: 15 mila miliardi di dollari, dopo la costosa nazionalizzazione di Fannie & Freddie. Si finanzieranno emettendo titoli e stampando banconote in modo che la gente possa comprarli. Inflazione a go-go. E schiacceranno di tasse i contribuenti. Per un paio di mesi – il tempo del voto – potrebbe funzionare. Per il periodo successivo, facciamoci il segno della croce.
• Questi mille miliardi sarebbero l’«immissione di liquidità» di cui si parla di continuo?
Sì. Le banche stanno ferme, si tengono cioè “all’asciutto”, e allora la liquidità per gli scambi la forniscono (la “immettono”) le banche centrali. Se il denaro non gira (se non c’è liquidità in circolazione) il sistema collassa.
• E che cosa significano quelle altre espressioni che leggo sempre, «bruciati cento miliardi» eccetera?
Se oggi un’azione vale dieci euro e domani ne vale otto, si può dire che «si sono bruciati due euro». Quando la Borsa scende, si calcola il valore di ieri di tutte le azioni in circolazione e lo si confronta con quello di oggi. La differenza tra i due numeri è il valore di ciò che è stato bruciato. Badi che è una metafora: la «bruciatura» – la perdita vera – si ha quando si vende l’azione. Finché l’azione me la tengo, la perdita è solo teorica.
• Ma allora è semplice. Basta non vendere.
Mica tanto. E se l’azione arriva a zero? E se dopo essere scesa da 10 a 1 non risale più? C’è anche l’altra regola: meglio contenere le perdite e vendere a 5 quello che si è comprato a 10 piuttosto che star fermi e perdere tutto. Una certa saggezza spicciola dice – scusi l’espressione – di «non pisciare contro il vento di Borsa». Cioè: se tutti vendono, ci sarà una ragione e quindi vendi anche tu. Regola mezzo fasulla. I veri artisti del listino sono quelli che vanno contro corrente e magari vendono titoli che non hanno.
• Come sarebbe?
Si chiamano “vendite allo scoperto”: siccome il giorno in cui il venditore deve consegnare il titolo al compratore è diverso dal giorno in cui si fa l’operazione, si può vendere oggi qualcosa che dovremo consegnare – mettiamo – tra una settimana. Se la quotazione nel frattempo scende, compreremo il titolo guadagnando (ci «copriremo») per consegnarlo al nostro acquirente. un gioco d’azzardo che proprio ieri, negli Stati Uniti, hanno proibito. Wall Street è andata su anche per questo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/9/2008]
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