Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Epifani aveva già detto di voler mobilitare la Cgil per uno sciopero generale sulla scuola e ieri si sono detti sostanzialmente d’accordo sia la Cisl che la Uil. La data dovrebbe essere il 31 ottobre prossimo, un venerdì. La causa scatenante è il decreto Gelmini su cui Berlusconi ha intenzione di mettere la fiducia. Bonanni ieri ha detto che la piazza è ormai l’unica soluzione per dire no ai tagli imposti dal governo. Ha poi aggiunto: «Il governo si faccia sentire con un nuovo programma per la scuola che deve essere una scuola di tutti».
• La scuola non è più di tutti?
Non ci faccia caso, è una frase buttata lì per far rumore come tante volte fanno i politici e i sindacalisti. Il punto essenziale per Cgil, Cisl e Uil è il maestro unico a scuola: reintroducendolo, al posto degli attuali tre, si creano le premesse per un taglio dell’organico. La Cgil sostiene che si perderanno 135 mila posti di lavoro. Non so come sia stato fatto questo calcolo, ma è sbagliato. Prima di tutto non ci saranno licenziamenti, ma si limiteranno le nuove assunzioni. Alla fine del 2012, ci saranno 87 mila cattedre in meno. Queste 87 mila cattedre in meno comprendono il taglio delle 20 mila cattedre già soppresse da Prodi e che il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa aveva giudicato insufficiente. In soldoni, i risparmi previsti per il triennio 2009-2011 sono pari a 3,6 miliardi (in tre anni). Non voglio dire che è poco, voglio dire che il sindacato (e in particolare la Cgil) sta agitando numeri che non risultano. Per esempio questi «135 mila licenziamenti» oppure gli 8 miliardi di tagli, mai messi in bilancio da nessuno.
• Però è un fatto che la scuola va male. Non ci sono tutte quelle statistiche che ci mettono all’ultimo posto?
Sì, ma lo sciopero non è per questo. Ossia, viene detto di sfuggita che esiste un problema di qualità della scuola. Senza però entrare troppo nel merito. Entrando nel merito il discorso si farebbe grosso. Gli insegnanti sono abbastanza preparati? Il governo li aiuta ad essere preparati? Esiste una linea sui casi di conflittualità con le famiglie – che troppe volte trattano la scuola come un deposito e i docenti come personale di servizio – che renda chi insegna più forte, che gli dia il ruolo dirigente che deve avere? Poi i professori e i maestri guadagnano poco. Ed è vero. Ma come mai sono quasi tutte donne? Le domande più semplici ci porterebbero molto lontano.
• Qui si dice che il maestro unico farà fare alla scuola elementare un balzo indietro.
Veramente l’80 per cento degli italiani in circolazione ha avuto nei cinque anni delle elementari un maestro solo. Ho l’impressione che se facciamo la gara delle tabelline – vecchi contro giovani – vinciamo noi. E vinciamo pure nella gara di dettato. È vero che tre maestri possono fornire un insegnamento più ricco e più articolato. Ma accade davvero questo? Se accade questo, come mai gli insegnanti delle medie si lamentano dell’impreparazione dei bambini e in generale la nostra scuola è così indietro quando si fanno le classifiche internazionali?
• Veramente nelle classifiche le nostre elementari non vanno tanto male.
Non è così vero come lei crede. Intanto, il confronto con gli altri sistemi mostra che, man mano che si procede dalla 1° alla 5°, il livello si abbassa sempre di più e, come ha scritto Ricolfi, «in quarta i bambini vanno sensibilmente peggio che in seconda». L’impostazione giocosa del primo ciclo, con il suo tempo pieno, impedisce ai bambini di imparare a studiare da soli, li allontana dal concetto che è necessario talvolta «mettere impegno in attività non gratificanti» (sempre Ricolfi).
• Quindi la Gelmini ha ragione?
Ho già scritto che le idee della Gelmini sono un inizio più che accettabile. Lo sciopero del 31 ha tante ragioni extra-scolastiche: mostrarsi di nuovo come sindacato di lotta dopo il flop di Alitalia, non farsi scavalcare dai concorrenti nella rappresentanza di decine di migliaia di statali, Epifani deve fare la voce grossa in qualche direzione per via della sua ala sinistra, ecc. Soprattutto: Berlusconi sta vincendo troppo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/10/2008]
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