Enrico Franceschini, la Repubblica 5/10/2008, pagina 36., 5 ottobre 2008
la Repubblica, domenica 5 ottobre una storia che molti bambini di ieri hanno letto in un libro indimenticabile, e che alcuni bambini di oggi hanno probabilmente visto al cinema: nell´ottobre del 1872, il possidente Phileas Fogg, ricco, scapolo e metodico, scommette ventimila sterline contro quattro amici del Reform, il club per gentiluomini di cui è socio, che riuscirà a completare il giro del mondo in ottanta giorni
la Repubblica, domenica 5 ottobre una storia che molti bambini di ieri hanno letto in un libro indimenticabile, e che alcuni bambini di oggi hanno probabilmente visto al cinema: nell´ottobre del 1872, il possidente Phileas Fogg, ricco, scapolo e metodico, scommette ventimila sterline contro quattro amici del Reform, il club per gentiluomini di cui è socio, che riuscirà a completare il giro del mondo in ottanta giorni. La storia era inventata, dalla fertile fantasia di Jules Verne, ma verosimile, perché i progressi tecnologici del Diciannovesimo secolo rendevano possibile viaggiare con relativa rapidità da un capo all´altro del pianeta. E soprattutto erano autentici il Reform Club, che esiste ancora, nel centro di Londra, e la passione degli inglesi per le scommesse. I quali al giorno d´oggi scommettono su tutto, in agenzie di allibratori perfettamente legali, nelle cui vetrine sono esposti cartelli con le quotazioni del giorno: quale squadra vincerà una certa partita della Premier League o della Champions o dei Mondiali, ad esempio, ma anche con quale punteggio vincerà, chi segnerà per primo, quanti gol farà un certo giocatore; e poi naturalmente le quote sulle corse dei cavalli, sulla Formula Uno, sul tennis, su tutto quanto è possibile scommettere, dunque non solo sullo sport ma pure sulle elezioni britanniche, sulle presidenziali americane, sul nome del cardinale che diventerà papa, e così via. A rammentarci che questa abitudine viene da lontano, che è una tradizione dell´Inghilterra come il pub, il tè, l´understatement - forse anche di più, perché i pub chiudono o si trasformano, il tè è stato soppiantato da caffè, cappuccino, latte macchiato, e gli inglesi delle ultime generazioni tendono a ingigantire anziché sminuire, proprio come noi italiani - provvede un´asta in programma da Bonhams, nello scicchissimo quartiere londinese di Knightsbridge, il 14 ottobre. Sotto il martello del battitore, in una giornata riservata a "Chess, Playing Cards and Games", ci saranno tra l´altro due volumi rilegati in pelle che raccolgono le straordinarie scommesse fatte dai soci del White´s, un "gentlemen´s club" come il Reform, anzi il più vecchio e un tempo il più esclusivo dei club privati della capitale. Era nato, in verità, sotto spoglie plebee: nel 1693 un immigrato italiano di nome Francesco Bianco aprì a Londra, al 4 di Chesterfield street, una "chocolate house", dove si sorbiva una bevanda rara e costosa per l´epoca, cioccolata calda in tazza. Quando la "cioccolateria" fu convertita in club per gentiluomini, più tardi trasferito al 37-38 di St. James, mantenne il nome del cioccolataio, Bianco: in inglese White, appunto. Nel momento del suo massimo splendore, tra il Diciottesimo e il Diciannovesimo secolo, White´s vantava tra i suoi soci i due terzi dell´aristocrazia britannica: non avrebbe mai accettato l´iscrizione di qualcuno che si fosse arricchito con un´attività volgare come il commercio. Fu a lungo l´ufficioso quartier generale dei Tory, il partito conservatore. Ebbe trai suoi soci Beau Brummell, il primo dandy inglese, l´arbitro dell´eleganza maschile, che una volta vinse una scommessa da ventimila sterline, poi cadde in disgrazia e venne rimpiazzato da un altro dandy, Lord Alvanley, passato alla storia, perlomeno quella di White´s, per avere scommesso con un amico tremila sterline, durante un temporale, su quale fra due gocce di pioggia sarebbe arrivata per prima in fondo al bovindo del club. In uno dei libri più belli mai scritti su questo paese, Anatomia dell´Inghilterra, lo storico Anthony Sampson raccontava che in tutti i club inglesi vi era un elemento di mistificazione: quando introduce il suo ospite attraverso quelle porte di mogano, un socio altera la sua personalità, parla più forte, stringe la mano con più calore, insomma recita un po´ la parte. Così - scriveva Sampson - l´Arts Club annoverava pubblicitari che pretendevano di essere artisti, il Garrick avvocati che pretendevano di essere attori, o viceversa, il White degli uomini comuni che pretendevano di essere degli eccentrici. Ma che lo pretendessero, o lo fossero veramente, le scommesse del suo "betting book", ora tornate alla luce grazie all´asta di Bonhams, appaiono certamente all´altezza di quella di Phileas Fogg nel Giro del mondo in ottanta giorni. Scommettevano su Napoleone: se Bonaparte avrebbe o meno conquistato Mosca, poi se sarebbe riuscito a ritornare in patria durante la sua disastrosa ritirata, quindi se sarebbe stato «ancora vivo» sei mesi dopo l´inizio delle ostilità tra Inghilterra e Francia. Oppure, maliziosamente: «Il Signor Raikes scommette una ghinea contro il Signor Greville che l´Imperatrice Maria Luisa entrerà a Parigi prima che l´Imperatore Napoleone entri nell´Imperatrice». Le guerre, indubbiamente, appassionavano i gentiluomini del club. «Sir J. Copley scommette 10 ghinee a 5 con il Signor Borough che ci saranno diecimila francesi in Spagna entro il prossimo 29 settembre», in data 18 aprile 1811. «Il Signor Raikes scommette 10 ghinee contro il Signor Macdonald che le truppe austriache non ingaggeranno le truppe francesi a due mesi da oggi», in data primo aprile 1815. Il sesso era un altro argomento. «Il signor Bouverie scommette 100 ghinee a 50 contro Lord Yarmouth che Sua Altezza Reale il duca di Clarence non avrà un figlio legittimo entro due anni a partire da oggi», il 28 novembre 1817. «Lord Cahir scommette 100 ghinee che il Signor B. sarà sposato entro tre anni». E ancora: «Lord March scommette 50 ghinee contro 20 con il capitano Richard Vernon, alias Fox, che il Signor St. Leger si sposerà prima di lui». A completare il tris, dopo guerra e amore, la morte: «Lord Montfort scommette 100 ghinee con Lord Downe che il Signor Cibber sarà vivo il 12 aprile 1753» (e con Lord Ravensworth scommette altre 100 ghinee che il Signor Cibber sarà ancora vivo il 13 aprile 1753, dandogli ventiquattrore in più di sopravvivenza al male di cui soffriva il gentiluomo in questione). Ancora: «Il Signor Howard scommette 10 ghinee con il colonnello Cooke che sei membri del White´s Club moriranno tra il primo luglio 1818 e il primo giorno del 1819». Scommettere sulla scomparsa dei compagni di club dovette diventare una moda, perché il libro annota poco dopo una sorta di "rilancio" in tal campo: «Lord Leicester scommette 50 ghinee con il Signor Pelham e 50 ghinee con Lord Ravensworth che tredici membri del club moriranno entro dodici mesi». Gli iscritti, bisogna dire, erano generalmente in là con gli anni: ma ne restavano in vita sempre abbastanza per continuare a scommettere. Pare di vederli, sprofondati in ampie poltrone, vecchi gentiluomini di campagna dall´aria annoiata, che sorseggiando uno sherry o un whisky al malto se la ridono alle spalle del mondo intero, passando il tempo a scommettere, come se nulla potesse disturbarli, tantomeno minacciarli. Appartenevano a un´Inghilterra che non esiste più, sebbene esistano ancora quegli stessi club privati, sia pure con l´ammissione, vissuta come un sacrilegio dai vecchi veterani, delle donne: il principe Carlo e David Cameron, attuale leader dei Tory, sono tuttora membri del White´s, come lo sono stati in passato l´attore David Niven e lo scrittore Evelyn Waugh. Ma per capire cos´erano quei pomeriggi di oziose, stravaganti scommesse bisogna tornare alle pagine deliziosamente ironiche che ci ha lasciato Anthony Sampson: immaginare i taxi neri che si fermano davanti ai palazzi di Pall Mall, bombette e ombrelli che spariscono dietro grandi portali di pietra, l´ossequio di portieri riverenti; uomini che leggono il Times davanti a grandi finestre, conversando sottovoce; vecchi signori che vanno su e giù per ampie scalinate, come quella dell´Athenaeum, dove salivano sempre da destra, tanto che a regolari intervalli si dovevano girare i tappeti perché si consumassero ugualmente da entrambe le parti. Sampson medesimo era membro del Beefsteak, piccolo ma glorioso club situato in cima a una scala sporca, poco distante da Leicester Square, di fronte a un locale di strip-tease: i soci amavano raccontare come prima della guerra la polizia, vedendo vecchi signori uscirne soddisfatti ogni sera, l´avessero scambiato per un bordello. Una notte vi irruppero gli agenti, ma trovarono solo quattro uomini seduti nell´oscurità intorno a una lunga tavola. Pare che la conversazione si svolse pressappoco così. «E lei chi sarebbe?», chiese un poliziotto a uno dei vecchi signori. «Sono il lord cancelliere», rispose quello. «Ah, come no! E lei, signore?», domandò l´agente spazientito. «Sono l´arcivescovo di Canterbury». Il poliziotto, scuotendo la testa: «Oh, certo, certo. E lei?», chiese al terzo uomo. «Io sono il governatore della Banca d´Inghilterra». Al che, rivolto al quarto uomo, il poliziotto disse ridacchiando: «E immagino che lei sia il primo ministro». Una voce gli rispose dal buio: «Infatti lo sono», disse Arthur Balfour. Era la stessa, incredibile atmosfera in cui, al White´s, il signor Talbot, non sapendo evidentemente più su cosa scommettere, scommetteva cinque ghinee contro il signor Copley che avrebbe «fatto con lui un´altra scommessa nei tre anni successivi». Beninteso: gli inglesi continuano a scommettere, anzi oggi scommettono sempre di più, scommettono tutti, è diventato un rito di massa. Ma lo fanno in altri luoghi, in un altro modo, con un altro stile: in fondo anche lo "short selling" dei manager di hedge funds, una delle operazioni messe sotto accusa durante il terremoto finanziario dei giorni scorsi, è una scommessa, l´azzardo di vendere titoli di Borsa con la previsione che cadranno, per ricomprarli subito dopo a prezzo più basso, e guadagnarci. «I club sopravviveranno ancora per molto tempo», prediceva Sampson nella sua radiografia dell´Inghilterra, «ma l´antico zelo misogino, che ha costruito l´Impero e tenuto le mogli al loro posto, se n´è andato per sempre». Alle mogli non deve dispiacere: scommettiamo? Enrico Franceschini