Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Finanziaria si voterà stasera o forse addirittura domani. La Casa delle Libertà ha ottenuto una piccola vittoria...
• Che vittoria è?
I termini della battaglia sono questi: Berlusconi ha passato l’ultimo mese a dire che il governo sarebbe caduto al Senato sulla Finanziaria. Cioè, secondo lui, al momento del voto finale – quello che deve approvare tutta la legge – sei o sette senatori della maggioranza avrebbero cambiato campo e mandato Prodi sotto. Vedendosi respingere da un ramo del Parlamento tutta la legge, il presidente del Consiglio non avrebbe potuto far altro che salire al Quirinale e dimettersi. Subito dopo il Cavaliere avrebbe preteso elezioni anticipate, sventolando la Costituzione e le caratteristiche della legge elettorale. Altri gli avrebbero dato addosso, si sarebbe perso un sacco di tempo e, insomma, anche senza sapere che cosa sarebbe successo, il centro-destra avrebbe comunque portato a casa il risultato di metter fine al governo Prodi. Riapertura totale dei giochi.
• Invece?
Invece Prodi – superato un certo momento in cui pareva che un bel po’ dei suoi lo stessero mollando sul serio – ha pian piano ripreso fiato e negli ultimi giorni s’è messo a cantar vittoria: marameo, Berlusconi a buttarmi giù non ce la fa. In questo preciso istante – le dieci e passa di sera di mercoledì 14 novembre 2007 – sembrerebbe proprio così. Il Senato approverà la Finanziaria. Proprio ieri sera lo stesso Berlusconi ha ammesso a denti stretti: «La crisi non sarà domani (cioè oggi), ma molto presto». Quindi il round andrebbe al centro-sinistra. Scusi, adopero il condizionale perché la situazione è estremamente incerta. Anche se non confusa. chiaro infatti che, saputo che i possibili traditori per ora non tradiscono, la CdL tenta di portare a casa un altro risultato, costringere il presidente del Consiglio a mettere la fiducia, atto che indebolirebbe il significato politico della vittoria. Per far questo devono allungare il dibattito il più possibile. Niente voto ieri sera, vedrà che non voteranno neanche oggi e quelli del centro-destra tenteranno fino all’ultimo di spostare il voto finale a lunedì. Oltre tutto, passando i giorni, si può continuare a tessere e magari qualche traditore pentito può pentirsi del pentimento e decidersi a tradire.
• Che casino. Come fanno a prolungare la discussione in questo modo?
Ci sono due articoli della Finanziaria molto delicati. Il 91 mette un tetto ai compensi che si possono dare ai manager pubblici. Un tetto di 274 mila euro lordi l’anno, cioè siamo completamente fuori mercato, anche se la norma – voluta dal senatore Salvi – non è per niente disprezzabile. In ogni caso, Mastella non è d’accordo e l’opposizione sostiene (giustamente) che una faccenda di questa delicatezza non si può risolvere con un articolo in Finanziaria, ci vorrebbe una legge apposita. In ogni caso, siccome Mastella è stato accontentato con degli emedamenti che smorzano la norma, il centro-destra chiede una discussione approfondita. Il presidente del Senato, Marini, gliel’ha concessa e così si è deciso di affrontare il problema alla fine, quando cioè saranno stati approvati tutti gli altri articoli. Il centro-sinistra ha messo Marini sotto accusa, per questo favore alla Casa delle Libertà. E potrebbero anche avere ragione, Marini è uno dei candidati – eventualmente – alla successione di Prodi. L’altro articolo è il 93, sul quale s’è interrotta la discussione ieri sera in Senato. Si tratta della stabilizzazione dei precari della Pubblica Amministrazione, un esercito di cui non si conosce il numero. Chi dice duecento, chi dice quattrocentomila persone. Qui a fare resistenza era Dini, altro candidato alla successione di Prodi. Il presidente del Consiglio – nel suo infinito ricucire i contrasti – ha accolto certi emendamenti, ha attenuato o creduto di attenuare gli effetti della stabilizzazione e, insomma, anche Dini parrebbe ricondotto all’ovile.
• Dini era uno dei traditori?
Sì, per dir così. Anzi, il capo dei traditori. Avendo appena tre senatori. Ma il vantaggio del governo in Senato è talmente piccolo che persino una sparuta pattuglia come quella dei diniani può far la crisi. Tuttavia, a quanto pare, Dini per ora non farà il gran passo. E neanche Bordon o Manzione o Turigliatto o non so più neanch’io chi altri. E sa perché? Perché alla fine sono tutti troppo piccoli per esser certi di risultare determinanti. Che succederebbe se Dini, dopo essere passato a Berlusconi, non riuscisse a far cadere il governo? Caro mio, il momento è tale che tutti son pronti a tradire tutti.
• Quindi Prodi vince.
Non è vero neanche questo. Anche se la Finanziaria sarà approvata, il governo resta debole e screditato. E Veltroni, da quel discredito, non ha la minima intenzione di farsi contagiare. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/11/2007]
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