Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Trump licenzia Tillerson. Pompeo dalla Cia al ministro degli Esteri
Il ventesimo licenziato dell’amministrazione Trump è niente di meno che Rex Tillerson.
• Perché «niente di meno»?
Era il segretario di stato, cioè il ministro degli Esteri, forse la carica più importante dopo quella del presidente. Più importante anche del vice-presidente, che finché il capo della Casa Bianca è in salute ha una funzione puramente decorativa. Tillerson era «grosso» in tutti i sensi. Texano, 65 anni il prossimo 23 marzo, ingegnere, trumpiano convinto fino a che non è diventato segretario di stato, viene dalla Exxon, di cui è stato presidente e amministratore delegato dal 2006 fino a che non è entrato in politica. Exxon vuol dire «petrolio» e negoziati internazionali piuttosto duri. L’uomo, in politica estera, non era per niente uno sprovveduto.
• Allora perché farlo fuori?
Abituato a comandare, Tillerson ragionava di testa sua, e dichiarava di testa sua. L’accordo con l’Iran, che Trump considera orrendo, a lui non dispiaceva. Non gli andava giù nemmeno la posizione intransigente sui dazi, era specialmente preoccupato della possibile guerra commerciale con gli europei, che non condivideva. Negativo anche sull’accettazione immediata, da parte di Trump, di un faccia a faccia con Kim. Il disaccordo tra i due era tale che una volta, al termine di una riunione al Pentagono, Tillerson ha chiamato Trump «moron», cioè «idiota» (Trump, saputa la cosa, lo sfidò a un test d’intelligenza). La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe una dichiarazione sulla faccenda del presunto avvelenamento a Londra dell’ex spia Sergej Skripal e di sua figlia Yulia. Tillerson, senza consultarsi con nessuno, ha duramente attaccato i russi, sostenendo che per gli Stati Uniti il comportamento di Mosca nella vicenda è stato oltre modo «outrageous»
, cioè «oltraggioso». Aggiungendo che la Russia è un elemento di instabilità nel mondo, incurante della sovranità degli stati, eccetera. Questo in pieno Russiagate. Trump lo ha prima corretto, dichiarando di esser vicino a Theresa May, ma di voler aspettare altre informazioni prima di prendere una posizione. E alla fine, con un tweet, lo ha mandato via, speigando subito dopo: Ho deciso da solo, ora Tillerson sarà più felice. «Con Rex Tillerson non ci trovavamo d’accordo su alcune cose. Sull’accordo iraniano non la pensiamo allo stesso modo». Tillerson ha dovuto interrompere un viaggio in Africa e tornare di corsa a casa. Non ha rilasciato dichiarazioni.
• Chi andrà al suo posto?
Mike Pompeo, fino ad ora capo della Cia. Origini italiane, famiglia emigrata da Caramanico Terme, provincia di Pescara. Cinquantaquattro anni. Carriera militare. Poi, con i repubblicani, vince in Kansas un seggio ed entra in parlamento (2011). Dopo l’assassinio dell’ambasciatore americani a Bengasi, fece parte di una commissione d’inchiesta e mise duramente sotto accusa il segretario di stato Hillary Clinton. È diventato capo della Cia poco più di un anno fa. È un falco: considera l’accordo con l’Iran una porcheria, è indulgente sul Russiagate, sarà lui a preparare i dossier di cui Trump si servirà per il vertice con Kim. Lui e Trump dànno l’impressione di essere fatti l’uno per l’altro. Ci sarà anche da rinegoziare il Nafta, cioè l’accordo commerciale con Canada e Messico, prendere decisioni sulla Siria, governare la guerra commerciale con Europa e Cina,
• E chi andrà al posto di Pompeo alla Cia?
Una donna, ed è la prima volta nei settant’anni di storia dell’agenzia. Non si fosse trattato di Trump, avrebbero tutti gridato al miracolo, una donna promossa al più maschile dei ruoli! Si chiama Gina Haspel, ha 61 anni, era la vice di Pompeo e a differenza di Pompeo, che non ha un curriculum da agente segreto, è una spia vera, lavora alla Cia dal 1985, ha avuto parecchi ruoli di dirigenti, compreso quello di direttore del National clandestine Service. Nel 2002 comandava il sito thailandese Cat’s Eye (tutta roba segretissima) e fece torturare Abu Zubaida e Abd al-Rahim al-Nashiri, qaedisti. Ordinò che gli facessero il waterboarding, quel supplizio per il quale si viene sommersi di acqua fino a quando non si sta per affogare. Zubaida lo subì 83 volte in un mese, chiuso ermeticamente in uno stanzino. Ci rimise un occhio. Fu lei a ordinare la distruzione di centinaia di video che documentavano questi comportamenti. I democratici l’hanno attaccata per questo parecchie volte. Trump e Pompeo, nelle dichiarazioni di ieri, la definiscono una patriota. Per il resto, cone si conviene a una spia, non si sa niente. Neanche se sia sposata.
• Che cosa dobbiamo pensare di questi continui licenziamenti?
La popolarità di Trump, dopo la decisione di metter dazi anche sulle importazioni di acciaio e alluminio, è in ascesa, nonostante il fuoco di sbarramento della grande stampa nazionale e mondiale, e grazie alle lodi dei sindacati. Il presidente si sente forte. Il prossimo a saltare, il ventunesimo della serie, sarà probabilmente Raymond McMaster, consigliere per la sicurezza nazionale.
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