Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
È veramente possibile riportare a Milano l’agenzia del farmaco?
Ci sono partite che ci sembrano perse per sempre e che qualche circostanza imprevista riapre all’improvviso, illudendoci che vi sia un terzo tempo di gioco. È capitato con i Mondiali di calcio, sta capitando con l’Ema, l’Agenzia per il farmaco.
• In che senso l’Ema sarebbe una partita persa?
L’anno prossimo, quando si suppone che l’uscita dell’Inghilterra dalla Ue sarà stata perfezionata, le varie istituzioni europee che si trovano a Londra dovranno traslocare da qualche altra parte. Tra queste l’Ema o European Medicines Agency, cioè Agenzia Europea per le Medicine oppure, come diciamo noi, dei Farmaci. Il suo compito è pronunciarsi sulle medicine che si vogliono mettere in circolazione e autorizzarne oppure no la vendita. Molto importante, forse la più importante tra le istituzioni europee di stanza a Londra e che si devono trasferire. Venne assegnata ad Amsterdam e non a Milano, come sembrava ovvio. Ma ora s’è scoperto che Amsterdam non è pronta: quindi il comune di Milano e il governo presenteranno due ricorsi, per chiedere che la gara venga annullata e l’Agenzia sia assegnata a noi. Al ricorso per dati incompleti di Palazzo Chigi ha subito lavorato l’Avvocatura dello Stato che ieri a tarda sera lo ha già presentato alla Corte di giustizia europea.
• Com’è che perdemmo quella partita?
Era l’anno scorso, in novembre. Si presentarono 19 città, e il dossier più forte, come scrissero anche Financial Times e Le Monde era quello milanese. Niente di strano: la metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate di cui l’Ema si occupa si producono a Milano. Il settore della farmaceutica italiana, che ha Milano al suo centro, ha 130 mila addetti, 30 miliardi di euro di produzione (21 miliardi di export) e 2,7 miliardi di investimenti (1,5 miliardi in Ricerca e Sviluppo e 1,2 miliardi sul lato produttivo). È la prima industria europea per crescita cumulata dell’export: dal 2010 al 2016, ha fatto registrare un potente +52%. Ai dipendenti dell’Ema è stato chiesto in quale città avrebbero preferito trasferirsi e Milano era saldamente nel gruppo di testa.
• Invece?
È un tipo di gara che si svolge ad eliminatorie successive. Milano, nei turni di avvicinamento alla finale, risultò sempre prima. Ma nello scontro decisivo, le altre città votarono metà per Milano e metà per Amsterdam, con l’astensione degli slovacchi di Bratislava. Il regolamento stabiliva che a questo punto si sarebbe estratto a sorte. E la sorte, non so quanto neutrale, fece vincere gli olandesi.
• Adesso invece si scopre che gli olandesi non sono pronti.
Milano avrebbe assegnato all’Ema il Pirellone svuotato dal trasferimento della Regione Lombardia in un nuovo grattacielo, col che qualunque problema logistico sarebbe stato eliminato alla radice. Amsterdam invece, secondo quando ha riferito il direttore dell’Ema, l’italiano Guido Rasi, non ha un palazzo dove ospitare l’Agenzia del Farmaco. È stata messa a disposizione una sede transitoria molto piccola, che dimezza lo spazio di cui l’Ema godeva a Londra. Rasi ha detto che questo aggiunge «strati di complessità» al trasferimento e allungherà i tempi per tornare a funzionare regolarmente. In teoria l’Ema del post Brexit dovrebbe essere operativa il 30 marzo 2019. Ci credono in pochi, il ministro della Salute olandese, Bruno Bruins, ha gettato ieri acqua sul fuoco: «L’Olanda è orgogliosa di ospitare l’Ema. Abbiamo costruito la campagna su continuità e qualità. Il processo che ha portato alla decisione sulla nuova sede è stato giusto e onesto. Stiamo facendo il massimo per assicurare un rapido trasferimento ad Amsterdam», eccetera. Mentre la Ue se ne lava le mani e fa sapere che la decisione è stata dei 27 Stati membri e non c’è nulla da aggiungere.
• Quante speranze ci sono?
Il sindaco Beppe Sala ha detto: «Quando gli olandesi hanno fatto la loro proposta probabilmente erano consapevoli che non sarebbero stati pronti. Quindi non hanno giocato molto pulito». Poi aggiunge: «Siamo sinceri, le possibilità non sono altissime, ma dobbiamo provarci. Se dovessero riassegnare Ema a Milano lo dovrebbero fare in tempi brevi perché noi dobbiamo preparare il Pirellone. Gentiloni ha capito la situazione che rischia di diventare ridicola. Prima c’è questo sorteggio, poi gli olandesi che non sono pronti. Non è una bella pagina né per l’Olanda né per l’Europa». E la fama degli inefficienti, poi, ce l’abbiamo noi. È un peccato perché l’Agenzia del Farmaco a Milano sarebbe stata una bella occasione di ulteriore lancio della città. Già il solo fatto che 950 dipendenti con relative famiglie si sarebbero trasferiti a Milano avrebbe significato, di consumi, un fatturato di 39 milioni l’anno. Con 600 ragazzi o bambini in età scolastica. I funzionari dell’Ema sono in genere giovani, il 43% ha tra i 30 e i 40 anni, il 22% tra i 40 e i 45, parlano le lingue, hanno cioè esperienza internazionale, e insomma solo questi elementi avrebbero rappresentato un bel miglioramento per la città. L’agenzia poi attira visitatori, perché devono rivolgersi all’Ema tutti quelli che lavorano nel settore e hanno bisogno di autorizzazioni o certificazioni. Si parla di 36 mila visitatori con il loro bagaglio di notti in hotel e pranzi al ristorante, un budget da 325 milioni di euro tra stipendi e spese e soprattutto un indotto che l’università Bocconi aveva stimato in circa 1,7 miliardi di produzione aggiuntiva e 860 occupati in più all’anno.
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