Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ferrero si espande negli Stati Uniti
Per una volta parliamo di una storia che ci rende orgogliosi di essere italiani.
• Sentiamo.
Ferrero ha annunciato che acquisirà da Nestlé il business dolciario statunitense. Così oltre 20 marchi storici americani entreranno a far parte del gruppo nato ad Alba. Tra questi marchi ci sono Butterfinger, BabyRuth, 100Grand, Raisinets, Wonka (quello di Willy Wonka, il personaggio dei romanzi di Roal Dahl e successivi film). In più il gruppo guidato da Giovanni Ferrero avrà il diritto esclusivo sul marchio Crunch negli Stati Uniti e sui brand di caramelle SweeTarts, LaffyTaffy e Nerds. Tutti insieme questi prodotti nel 2016 hanno generato un fatturato di circa 900 milioni di dollari. Il gruppo Ferrero li acquista per 2,8 miliardi di dollari cash, ovvero circa 2,3 miliardi di euro. L’operazione (il closing è il termine tecnico) dovrebbe completarsi entro la fine di marzo.
• Per la Ferrero è il debutto negli Stati Uniti?
No, è sbarcata negli Usa già nel lontano 1969 con i confetti Tic Tac. Sul mercato statunitense è poi conosciuta grazie ai Ferrero Rocher e alla Nutella. A Chicago ha aperto un Nutella Cafè, mentre a New York ha un punto vendita in partnership con Eataly. Lo scorso anno Ferrero aveva acquisito la società di cioccolato americana Fannie May Confections Brands e Ferrara Candy Company, leader nelle caramelle gommose e prodotti stagionali da ricorrenza. Con quest’ultima operazione conquista il terzo posto nel mercato dolciario statunitense, dopo Mars e Hershey. Consideri che il mercato Usa da solo vale il 25% delle vendite di dolciumi al mondo.
• E com’è arrivata una piccola attività a conduzione familiare a conquistare l’America?
Con il lavoro, la qualità e la genialità di Michele Ferrero, l’uomo che di fatto ha guidato l’azienda dal 1949 fino alla morte, nel 2015. Pietro e Giovanni, i due antenati che fondarono l’impresa dolciaria nel 1946, avevano cominciato facendo i garzoni di pasticceria, poi mettendosi a fare i pasticcieri in proprio. Il Michele comincia giovanissimo e fa tutta la gavetta…
• Di storie così ce ne sono molte, in fondo. Ci sarà un stato segreto.
È difficile da credere, dato che oggi ci si affida agli strumenti piuttosto che agli uomini, il marketing ha preso il posto di quasi tutto, il fiuto personale, l’intuizione o addirittura il genio individuale sono circondati da un notevole scetticismo. Nel caso di Ferrero siamo obbligati ad ammettere che è stata soprattutto una questione di qualità sue proprie, qualità dell’uomo. Con l’invenzione della Nutella, ma non solo. Gli ovetti con la sorpresa, in modo che per le famiglie fosse Pasqua tutti i giorni (un prodotto a cui non credeva nessuno), la campagna tentata in Germania con successo enorme per lanciare i Mon Chéry, che Ferrero aveva voluto avvolti in quella carta fiammeggiante e che impose con cartelloni giganteschi piazzati ovunque. Nell’antichità del personaggio c’erano infatti elementi di assoluta modernità, come l’intuizione, in anticipo sui tempi, del valore della comunicazione, della forza dell’immagine. Questo, accanto a un tratto antico: come non volle crescere per via di acquisizioni (alla maniera, per dire, di Del Vecchio) così non volle mai sentir parlare di borsa. E ancora oggi il gruppo non è quotato. A conferma che la borsa non è la sola strada per crescere. Quando il figlio Giovanni ha preso in mano le redini del gruppo, ha iniziato una politica di espansione e acquisizioni, ma sempre con attenzione. Oggi la Ferrero è la terza più grande azienda al mondo nel mercato del cioccolato confezionato. Distribuisce i propri prodotti dolciari in oltre 170 paesi, con vendite per oltre 12 miliardi di dollari (10,3 miliardi di euro), e oltre 30.000 dipendenti in tutto il mondo. E se nel nostro Paese il mercato del cioccolato negli ultimi tre anni si è ristretto (oggi vale 2,5 miliardi di euro), sono però cresciute le esportazioni, che hanno segnato un rialzo del 22%, fino a toccare il 6,1% del mercato mondiale.
• Finalmente una grande azienda italiana che si espande all’estero.
E soprattutto che non finisce in mani straniere. Si tratta di un’operazione in controtendenza. Coldiretti ha fatto notare che ormai tre marchi storici su quattro nel campo agroalimentare non hanno più proprietà italiane. Il 2017 si è chiuso con il passaggio alla danese Royal Unibrew di Lemonsoda, Oransoda, Pelmosoda e Mojito Soda, dopo l’acquisizione da parte di Associated British Foods di Acetum spa, principale produttore italiano dell’Aceto Balsamico di Modena Igp. Ma negli anni sono volati all’estero, tra gli altri, la birra Peroni, i gelati Grom, Antica gelateria del Corso e Algida, i marchi dell’olio Bertolli, Carapelli, Sasso, Sagra e Filippo Berio, la pasta Buitoni e la pasta Del Verde, i cioccolatini Perugina e Pernigotti, lo spumante Gancia, latte e formaggi di Parmalat, Galbani, Invernizzi, Locatelli e delle Fattorie Scaldasole, i salumi Fiorucci e Rigamonti, l’Orzo Bimbo, i cracker Saiwa, le bibite San Pellegrino, i liquori Stock e le caramelle Sperlari.
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