Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il futuro governatore Attilio Fontana e la razza bianca
Nel dibattitto politico italiano, in questa campagna elettorale, è entrato anche il tema della «razza bianca» da salvare. Verrebbe quasi da sorridere e lasciar perdere, se non fosse che quest’anno cade l’ottantesimo anniversario del vergognoso Manifesto della razza voluto da Mussolini.
• Com’è uscita fuori «la razza bianca»?
Attilio Fontana, il leghista che in un battibaleno ha preso il posto di Roberto Maroni come candidato del centrodestra in Lombardia, è intervenuto a Radio Padania. A un certo punto, in un lungo ragionamento sull’immigrazione, ha detto: «Noi non possiamo accettarli tutti. Perché se dovessimo accettarli tutti vorrebbe dire che non ci saremmo più noi come realtà sociale, come realtà etnica. Perché loro sono molti più di noi, perché loro sono molto più determinati di noi nell’occupare questo territorio. Quindi noi di fronte a queste affermazioni dobbiamo ribellarci. […] Dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se la nostra società dev’essere cancellata». Qualche ora dopo lo stesso Fontana ha provato a correggersi, dicendo che era stato «un lapsus, un errore espressivo». Ma ormai il guaio era fatto.
• Reazioni?
Indignazione di tutto il centrosinistra. Renzi, pronto: «La Lega parla di invasione e razza bianca. Noi con Giorgio Gori parliamo di innovazione e capitale umano. In Lombardia, come nel resto del paese, il voto del 4 marzo è un derby tra rancore e speranza, tra passato e futuro». Salvini invece ha rincarato la dose: «Esattamente come in tempi non sospetti ha sostenuto Oriana Fallaci, siamo sotto attacco, sono a rischio la nostra cultura, società, tradizioni, modo di vivere. È in corso un’invasione, a gennaio sono ripresi anche gli sbarchi. Noi al governo normeremo ogni presenza islamica nel Paese». D’altra parte il centrodestra sta spingendo parecchio sul tema sicurezza. Avrà visto domenica Berlusconi da Barbara D’Urso su Canale 5. Sorriso e cerone d’ordinanza, soliti fogli in mano, s’è messo a sciorinare numeri. «In Italia ogni venti secondi accade un reato. Ogni minuto si verifica un reato di strada, ogni due minuti un furto in appartamento, ogni tre minuti un furto di automobile o di un motociclo, ogni quattro un furto in un negozio o un supermercato. Addirittura ogni due giorni tre rapine in banca, di cui i giornali non danno più notizia perché è diventata un’abitudine». Ciò accadrebbe perché «alla microcriminalità italiana si è aggiunta la criminalità di 476 mila immigrati che sono in Italia e che per mangiare devono delinquere. Colpa di ciò che è successo con l’immigrazione dall’Africa e dal modo con cui il nostro Paese non ha saputo rispondere». Un Cavaliere in piena modalità campagna elettorale, impegnato a recuperare voti attraverso la via più breve, seguendo la strada tracciata dalla Lega sull’immigrazione. • Ma è solo un copione, nulla di ciò che viene affermato in campagna elettorale sta in piedi.
I dati ufficiali del Viminale smentiscono la tesi di Berlusconi: nel 2017 i delitti sono calati del 9,2%, con una flessione record per gli omicidi del 12% in meno in un anno. Però il Cavaliere è riuscito a far passare il messaggio al pubblico della domenica pomeriggio, ovvero che l’Italia senza di lui al governo è meno sicura. E però lei ha ragione, comunque è bene ricordarci da qui al 4 marzo che siamo in campagna elettorale e tutti i politici, non solo Berlusconi, recitano un copione per raccogliere consenso. È una gara a chi la spara più grossa, a chi promette di più, a chi riesce a stuzzicare meglio gli istinti più bassi degli italiani. Fontana ha tirato fuori il discorso sulla «razza bianca» parlando a Radio Padania. Voleva rassicurare i leghisti duri e puri.
• Avevo letto che questo Fontana era un leghista moderato, non certo una sorta di Salvini.
«Il Pisapia della Lega», «il leghista democristiano», «il leghista mite». Sono solo alcune delle espressioni usate dai giornali nei giorni scorsi per definire Fontana. Il fatto è che, nonostante i toni sempre pacati e la faccia rassicurante, è cresciuto politicamente con Bossi, quando la Lega «ce l’aveva duro» e si scagliava contro terroni e immigrati. Lo stesso Fontana non molto tempo fa ha detto: «Preferisco essere considerato un rozzo leghista, piuttosto che uno spocchioso intellettuale». Questo avvocato classe 1952 ha iniziato la sua carriera politica nel 1995, come sindaco di Induno Olona, il paese vicino a Varese dove suo padre lavorava come medico condotto. Dal 2000 al 2005 è stato presidente del Consiglio regionale della Lombardia. Erano gli anni di Formigoni governatore. Poi, per un decennio (due mandati), sindaco di Varese, la città natale di Maroni (di cui Fontana è grande amico). Era soprannominato «sindaco in Porsche» perché arrivava in consiglio comunale a bordo della sua Carrera blu (ora gira con una Fiat 500). Berlusconi, che voleva candidare Maria Stella Gelmini al suo posto perché più nota, quando s’è convinto ad appoggiarlo gli ha imposto di tagliarsi la barba.
• I sondaggi cosa dicono?
Dànno Fontana in vantaggio di 5-6 punti su Giorgio Gori, il sindaco di Bergamo candidato dal Pd. Il problema di Gori è che non può contare sul sostegno di Liberi e Uguali perché il partito di Grasso e Bersani ha deciso di presentare un suo candidato, Onorio Rosati, consegnando di fatto la Lombardia al centrodestra.
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