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Reddito di cittadinanza, le rispostacce dell’Inps su Facebook • La madre che ha strangolato il figlio perché piangeva troppo • cremati in scatole di cartone
Reddito, le rispostacce dell’Inps su Facebook
«Deve rivolgersi a chi ha scritto la legge, non a Inps che la applica»; «Perché non va sul sito Inps e richiede il Pin che ci vogliono 5 minuti? O è troppo impegnata a farsi i selfie?»; «Le consigliamo di non scrivere che suo figlio lavora in nero, se fa domanda per il reddito rischia fino a 6 anni di prigione». Sono alcune delle risposte ricevute dagli utenti che chiedevano informazioni e chiarimenti sul reddito di cittadinanza nella pagina Facebook “Inps per la famiglia”, account nato per informare i cittadini sulla misura del governo gialloverde per la quale, va ricordato, l’Istituto di previdenza ha ricevuto 806 mila domande. In questi giorni la pagina Fb di Inps è stata letteralmente sommersa non solo dai dubbi degli utenti, ma anche da migliaia di lamentele sugli importi diversi da quelli attesi e di battute di persone contrarie al reddito. Tanto che il social media manager incaricato di gestire i commenti a un certo punto ha perso la pazienza e ha cominciato a rispondere a tono, lamentandosi della difficoltà di «rispondere a 200 mila utenti in tempo reale» sulla pagina.
Strangola il figlio di due anni perché piange troppo
Donatella Di Bona, 28 anni, l’altro pomeriggio scese in strada chiedendo aiuto e tenendo fra le braccia piene di graffi il figlioletto morto. Ai carabinieri disse prima che il piccolo era stato investito da un’auto pirata (ma i militari non trovarono riscontri), poi raccontò che era stata lei stessa a travolgere inavvertitamente il figlio (ma la sua macchina era integra). Nella notte la confessione: «Piangeva e voleva tornare a casa dalla nonna, gli ho stretto il collo e chiuso la bocca per farlo stare zitto». Fu allora, mentre veniva strozzato, che Gabriel Antonio Faroleto, due anni e quattro mesi, cercando di difendersi graffiò la madre con le sue manine (attorno alle 16 di mercoledì, in località Volla, nelle campagne di Piedimonte San Germano, nel Frusinate).
Cremati in scatole di cartone per risparmiare 400 euro a salma
Promettevano di cremare i cadaveri nelle loro bare, invece nel forno ci finivano in sacchi di nylon, sigillati in scatole di cartone. È successo a Scurele, in Alta Valsugana, dove la procura di Trento ha rinvenuto 27 bare ammassate in un capannone. Al centro della vicenda una cooperativa, gestita da un sessantacinquenne, che smaltendo le bare e rivestimenti in zinco avrebbe ottenuto uno sconto di 400 euro a salma per ogni cremazione. Secondo gli investigatori, in quel capannone sono passati più di 300 cadaveri. Le ipotesi di reato sono di vilipendio di cadavere e gestione illecita di rifiuti.
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