Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ma a quale prezzo Amazon è il marchio numero 1 al mondo?
C’è un confine tra l’ottimizzazione del lavoro e la schiavitù. E, a voler dare ascolto alle polemiche di ieri, Amazon sta per superarlo.
• Schiavitù? Nel 2018?
Immagino che sappia benissimo cos’è Amazon, l’azienda di commercio elettronico fondata a Seattle da Jeff Bezos. Bene, dopo due anni d’attesa, Amazon ha ricevuto il via libera per due brevetti che consentono di realizzare un braccialetto elettronico wireless che è in grado di controllare con precisione se le mani dei dipendenti stanno facendo quel che devono, connettendosi anche con i database degli inventari e degli ordini. Funziona così: quando verrà effettuato un ordine, i dettagli saranno trasmessi sul piccolo computer al polso del dipendente, il quale dovrà correre a prendere la merce, metterla in una scatola, per poi passare al compito successivo. Secondo Amazon si tratta di uno strumento che aiuterà il magazziniere a non perdere tempo con il pacco sbagliato. A me, in realtà, fa venire in mente le immagini in bianco e nero di Charlie Chaplin in Tempi moderni, capolavoro del 1936. Per tornare a oggi, tra i tanti commenti sarcastici le cito quello della segretaria generale della Cgil Susanna Camusso: «C’è anche la palla al piede?».
• Più che schiavi, mi sembra che i lavoratori vengano considerati robot.
Sono anni che la società di Bezos investe nell’automazione. Solo poche settimane fa ha aperto a Seattle, negli Stati Uniti, un supermercato senza casse né cassieri, chiamato «Amazon Go», in cui i prodotti vengono tracciati automaticamente grazie a un’app che monitora i clienti all’interno del negozio. Le condizioni dei lavoratori di Amazon sono state al centro di polemiche più volte. All’azienda vengono contestati i ritmi di lavoro stabiliti dagli algoritmi e gli obiettivi rigidi imposti ai dipendenti dei magazzini, ad esempio registrare 300 prodotti all’ora. Un magazziniere percorre in media ogni giorno tra i 17 e i 20 chilometri. E sono previste multe e sanzioni in caso di scarsa produttività.
• In Italia ci sono state proteste?
Lo scorso novembre, in occasione del Black Friday, i lavoratori del centro di Castel San Giovanni, nel Piacentino, hanno scioperato per la prima volta contro gli eccessivi carichi di lavoro e per i mancati bonus economici. Oggi, tra l’altro, è previsto un incontro tra il ministro del Lavoro Poletti, e l’azienda. Mentre ieri della vicenda si è occupato anche Gentiloni: «La sfida è il lavoro di qualità, non quello col braccialetto». D’altra parte Amazon, oltre ai tre centri già presenti nel nostro Paese, sta per aprire due nuove sedi, in Piemonte e nel Bergamasco. Il che vuol dire circa 1.600 nuovi posti di lavoro.
• Quindi i conti di Amazon vanno bene?
Non bene, benissimo. Nell’ultimo mese il suo titolo è salito del 25%, arrivando a un valore in Borsa di 700 miliardi dollari. In più, secondo l’agenzia Brand Finance che mette in fila le prime 500 aziende del mondo, oggi Amazon è il marchio di maggiore valore al mondo, 150 miliardi dollari e nell’ultimo anno ha superato Google e Apple. Aggiungo che il fondatore Jeff Bezos è l’uomo più ricco del mondo e, stando a Forbes, anche il più ricco di tutti i tempi con un patrimonio di 105 miliardi di dollari, un record che batte il precedente raggiunto nel 1999 dal fondatore di Microsoft Bill Gates. Quella che un tempo era solo una grande libreria online, negli anni ha saputo espandersi: oggi Amazon è venditore, produttore di elettronica e fornitore di infrastrutture cloud. E, secondo gli esperti, starebbe per comprare un grosso istituto bancario.
• Ormai anch’io compro online. È comodo, immediato e permette di trovare il prezzo più vantaggioso. Eppure mi chiedo: che prezzo ha tutto questo?
Ha pienamente ragione. In questo sistema di colossi dell’e-commerce i diritti dei lavoratori sono messi in discussione. Eppure lo sciopero e le proteste di novembre, salvo gli attestati di solidarietà del momento, sono state del tutto dimenticate da politici e media, mentre gli italiani hanno continuato a fare acquisti online senza troppi problemi. L’altra grande accusa rivolta all’e-commerce è la chiusura dei negozi tradizionali, delle botteghe e degli artigiani. I numeri però dicono altro: secondo l’Istat il calo di occupazione nel commercio tra il 2008 e il 2015 è stato di 258 mila unità (ma con un forte recupero nel 2016 e 2017), una flessione nettamente inferiore a quella in altri campi. Dunque, a colpire i commercianti è stata la crisi, non l’online. Forse uno dei problemi meno considerati è quello della contraffazione dei prodotti che acquistiamo online, come ha sottolineato Milena Gabanelli in una delle sue videoinchieste per Corriere.it. Nel 2016 il valore del falso ammontava a 1,7 trilioni di dollari e nei prossimi 5 anni è stimata una crescita del 70%. Ma questo è un problema che riguarda soprattutto la piattaforma cinese Alibaba, che non controlla adeguatamente. Amazon ha altri problemi.
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