Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi ci occupiamo di uno strano oggetto, che si chiama "Milleproroghe".
• Una legge?
Una legge. Meglio: un decreto legge. Il consiglio dei ministri lo vara stamattina ed entra in vigore appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Poi il Parlamento lo deve convertire entro sessanta giorni. Se no decade.
• "Milleproroghe", quindi una legge che proroga?
Una legge che proroga. Ma anche che non proroga, cioè che sistema faccende rimaste in sospeso, rimedia a dimenticanze o ad errori. Ricorderà che prima di Natale è stata varata la cosiddetta Legge di stabilità, quella che un tempo si chiamava Legge finanziaria. Questa legge è un tale mostro, che qualcuno riesce sempre a infilarci dentro qualcosa di imprevisto. Sa, durante la notte... Del resto, altri hanno detto prima di me che deputati e senatori, quando approvano questi chilometri di norme, non sanno bene neanche loro quello che stanno facendo. In ogni caso, dopo il varo del primo testo, ci si accorge sempre che qualcosa è rimasto fuori o che ci sono equivoci, furbizie, buchi da riempire. Ecco il Milleproroghe.
• E che cosa stabilisce questo Milleproroghe?
Quest’anno i provvedimenti tappabuchi erano addirittura due. Uno si chiamava "Salva Roma". Il comune di Roma ha accumulato, tra il 2008 e oggi, debiti per 800 milioni. Il decreto "Salva Roma" doveva passare 400 di questi 800 milioni alla Gestione Commissariale...
• Sarebbe?
Tra il 1960 (Olimpiadi) e il 2008 il Comune di Roma aveva accumulato debiti per 12 miliardi. Piuttosto che farlo fallire, nel 2008 si mise in piedi un’istituzione parallela, detta Gestione Commissariale, con al vertice il professor Massimo Varazzani. La Gestione Commissariale, finanziandosi con la Cassa Depositi e Prestiti e con qualche banca, garantiva il rientro dal debito romano a colpi di mezzo milione l’anno.
• Comprendendo gli interessi, il saldo dovrebbe arrivare in mezzo secolo.
Più o meno. Il decreto "Salva Roma" trasferiva alla Gestione Commissariale quattrocento milioni, permettendo alla Capitale di respirare. Senonché il governo ha dovuto ritirare questo provvedimento perché in Senato lo avevano caricato di qualche decina di altri interventi che con Roma non c’entravano niente. Dalle norme per sostituire le lampadine nei lampioni delle città (il governo si occupa anche di questo) alla tassa di soggiorno da 5 euro per chi vuole visitare un vulcano alla questione degli affitti d’oro pagati dallo Stato e da altre istituzioni a privati nonostante il patrimonio iummobiliare pubblico sia immenso. Ora, questo accumulo di favori piccoli e grandi, appiccicati alle norme per Roma, hanno scandalizzato tutti e in particolare il Movimento 5 Stelle che ha promesso su tutte queste porcheriole un’opposizione a oltranza, capace di bloccare il Parlamento. È intervenuto su Enrico Letta Napolitano in persona, e il decreto "Salva Roma" è stato ritirato. Solo che a questo punto nel "Milleproroghe" finiranno anche certe decisioni che stavano nel "Salva Roma". Prima di tutte quelle che riguardano la Capitale, il cui destino sarebbe altrimenti quello di essere commissariata (lasciamo stare adesso se non sarebbe meglio a questo punto far fallire la città, sull’esempio di Detroit). Oltre a questo, c’è il problema della Tasi, quello degli affitti d’oro e l’incrocio tra stampa e tv. Sulla Tasi, l’imposta che ha sostituito l’Imu, i Comuni vogliono che sia loro permesso di alzare l’aliquota sulla prima casa almeno fino a 3,5 per mille e quella sulla seconda casa addirittura fino all’11,6! Il governo dovrà concedere, e a questo punto c’è da chiedersi se, davvero, non sarebbe stato meglio tenersi l’Imu. Il governo promette di mettere a disposizione 1,3 miliardi. L’altro punto dolente riguarda gli affitti d’oro, pagati dallo Stato e dalle sue istituzioni, nonostante un patrimonio immobiliare prestigioso, ampio e spesso inutilizzato o male impiegato. La questione è stata sollevata in particolare dal Movimento Cinquestelle che ha spinto alla fine anche il Pd a votare un emendamento utile a rescindere in tempi molto rapidi questi onerosi contratti d’affitto. Per poi accorgersi dell’esistenza di un altro codicillo, inserito però nella legge di Stabilità, che di fatto lo neutralizzava. Essendo saltato il decreto su Roma, dovrà mettere a posto questo pasticcio il "Milleproroghe". Infine bisogna prorogare il divieto di possedere nello stesso tempo reti televisive e quote di giornali, divieto che scade a mezzanotte del 31 dicembre. Oggi si teme che Berlusconi si metta a comprar giornali, ma a suo tempo Berlusconi stesso volle questo divieto per impedire a Murdoch di prendersi, magari, una quota di Repubblica.
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