Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il caso Sallusti è diventato complicatissimo.
• Cominciamo dai fatti di ieri.
Alessandro Sallusti, 54 anni, oggi direttore del “Giornale”, ai tempi dei fatti che gli vengono contestati direttore di “Libero”, ieri è stato arrestato e condotto ai domiciliari per una faccenda di diffamazione che risale al febbraio 2007. Una volta arrivato alla casa che aveva prescelto come sua dimora per la detenzione (quella, assai lussuosa, della sua compagna Daniela Santanchè, dove peraltro vive normalmente), Sallusti è però tornato al giornale, come aveva preannunciato di voler fare fin dalla mattina. E a questo punto è arrivata la Digos. Il nostro collega è stato nuovamente arrestato e portato in questura. È seguito un processo per direttissima e a porte chiuse in cui il giudice del Tribunale di Milano Carlo Cotta ha convalidato l’arresto e annunciato che l’imputato verrà processato giovedì prossimo 6 dicembre per evasione. Rischia da uno a tre anni di carcere. Davanti al giudice, Sallusti ha spiegato di aver compiuto, uscendo di casa, un gesto simbolico. «Non avevo nessuna intenzione di darmi alla latitanza». Altro elemento di disturbo: il direttore aveva pregato le forze dell’ordine di non venire a prenderlo nella sede del giornale, atto che avrebbe costituito un precedente piuttosto odioso (la polizia in redazione ecc.). Su questo non si è voluto dargli retta e non ci sono state prese di posizione in linea da parte né dei colleghi né del sindacato.
• Dove sta la complicazione?
Sallusti ritiene di non avere torto, nella vicenda che gli viene contestata. Accusa la magistratura, tra le altre cose, di accanimento e vuole andare in carcere per togliere ai giudici ogni alibi. È stato condannato a 14 mesi senza condizionale. Ma il procuratore della repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, nell’evidente tentativo di smorzare il caso, ha chiesto di sua iniziativa al giudice di sorveglianza che il giornalista passi i 14 mesi non in cella ma a casa. Con questo atto di apparente liberalità ha fatto infuriare prima di tutto lo stesso Sallusti, che ha ripetuto mille volte di non volere la grazia («Napolitano è tra i responsabili dello stato in cui la giustizia si trova») e di non accettare neanche i domiciliari, provvedimento con cui i magistrati, a suo dire, cercano di lavarsi la coscienza. Lo ha detto molte volte: «Voglio andare in galera».
• Chi altri s’è infuriato?
Molti giudici della Procura di Milano e molti avvocati. A Sallusti – dicono – sarebbe riservato, se i domiciliari saranno concessi, un trattamento che non è mai stato riservato a nessuno dei tanti poveri cristi che capitano nelle aule di giustizia e finiscono implacabilmente in galera. Tra le prese di posizione più significative quella di Nunzia Gatto, l’accusatrice di Rosa Bazzi e Olindo Romano, i protagonisti della strage di Erba, e quella del “grande vecchio” Ferdinando Pomarici che si sono dissociati ufficialmente dalla decisione di Bruti Liberati. Se la prossima settimana il giudice di sorveglianza competente per la lettera S dovesse confermare i domiciliari, pioverebbero sui tavoli del procuratore decine e decine di fascicoli di condannati a pochi mesi di reclusione che sono stati messi in cella e per i quali invece si chiederà, in sintonia con quanto disposto per Sallusti, la detenzione domiciliare. Uno degli aspetti più sconertanti di questo braccio di ferro, in cui l’accusato vuole andare in galera e i suoi accusatori tentano di evitarlo, è questo: il giornale che ha sostenuto con maggior convinzione la posizione di quelli che contestano Bruti Liberati è proprio “Il Giornale” di Sallusti. Sul quale è stato fatto notare che ci sono ben 5.995 persone condannate solo quest’anno a due anni o meno che avrebbero diritto allo stesso trattamento riservato al giornalista.
• I politici non s’erano impegnati a varare una legge che derubricasse il reato di diffamazione in modo da non mandare in carcere i giornalisti?
In Senato se ne sono viste di ogni specie, e la legge è ancora ferma lì. S’è capito che la maggior parte dei politici tenta in qualche modo, con questa legge, non tanto di evitare il carcere a Sallusti e ai giornalisti, quanto di punire i cronisti per quello che hanno scritto sui politici in questi anni. Un rancore inaspettato e per nulla sordo, anzi proclamato ad alta voce, ha riempito di sé l’aula di palazzo Madama, dove s’è anche pensato di far pagare ai giornalisti centomila euro di multa, di concedere al presunto diffamato un diritto di replica senza limiti di spazio e col divieto di replica, di mettere magari i giornalisti eventualemte condannati a pulire i cessi per consentirne la rieducazione (emendamento respinto per un pelo). Insomma, i politici hanno tentato di approfittare dell’occasione per mettere un bel bavaglio a chi scrive.
• E i giornalisti? Mi ricordo che all’inizio c’era stato un certo moto di solidarietà verso Sallusti. Persino Marco Travaglio…
Ho l’impressione che tutto sia finito e che a molti colleghi l’idea di vedere in galera il direttore del “Giornale”, colpevole prima di tutto di trovarsi dalla cosiddetta parte sbagliata, dia una certa intima soddisfazione. Ho letto il blog di una stimata giornalista di un grande giornale avversario del “Giornale” scrivere che la volontà di Sallusti di andare in carcere deve considerarsi una provocazione. Un altro, volgendosi con tono beffardo alla Santanché, ha chiesto: «Ha già preparato il posto a casa?» beccandosi in risposta un giusto: «Cretino».
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 2 dicembre 2012]
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