1897-2014
Juventus, la vecchia Signora
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Secondo un quotidiano che si chiama “Haaretz” e secondo un sito che ha nome Ynet, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu vuole autorizzare tremila insediamenti di coloni nei territori occupati di Cisgiordania. È la risposta al voto di giovedì con cui l’Onu ha riconosciuto alla Palestina di Abu Mazen la condizione di “Stato osservatore non membro”. Risposta aggressiva, comunicata per via informale proprio nel momento in cui Abu Mazen lanciava un appello per la ripresa delle trattative tra israeliani e palestinesi a condizione che Tel Aviv cessi da ogni politica aggressiva.
• Ehm, ci vuole forse una lista dei personaggi e degli interpreti.
Esistono ormai due Palestine, separate anche territorialmente. La Striscia di Gaza, dove comandano i terroristi di Hamas e dove ci sono stati, appena una settimana fa, otto giorni di bombardamenti e controbombardamenti. E la Cisgiordania, retta dai moderati di Abu Mazen, successore di Arafat, in polemica con quelli di Hamas. Abu Mazen aveva chiesto all’Onu la concessione di un “certificato di nascita”, cioè l’innalzamento dallo status precedente di “Entità osservatrice” (come, per esempio, la Croce Rossa Internazionale) a un nuovo status di “Osservatore non membro” (come quello del Vaticano). Non si tratta, a dire il vero, di un certificato di nascita, perché la Palestina sarà nel mondo uno stato a pieno titolo solo quando arriveranno i riconoscimenti diplomatici, lo scambio di ambasciatori eccetera. Pensi che anche il Kosovo, il quale forzò la mano al mondo con un’autodichiarazione di indipendenza, è ancora uno Stato a metà – per dir così – perché l’hanno riconosciuto in 96 e non intendono invece riconoscerlo in 51 (tra cui Russia e Cina, che sono membri del Consiglio di sicurezza permanente dell’Onu). Nel gruppo dei paesi che hanno votato no all’innalzamento di status della Palestina di Abu Mazen ci sono gli Stati Uniti. L’Italia, suscitando un certo clamore, ha invece votato sì, innovando la politica estera degli ultimi anni.
• Un bene? Un male?
Intanto bisogna sottolineare che questa scelta di votar sì viene direttamente da Monti. Il nostro ministro degli Esteri Terzi, che naturalmente non ha mai reso ufficiale la sua posizione difforme da quella di Palazzo Chigi, era piuttosto incline all’astensione. Ma hanno votato per Abu Mazen i francesi e gli spagnoli e con loro tutti i paesi mediterranei. Dunque l’Italia, astenendosi, si sarebbe trovata sola nel suo mondo di riferimento, che è quello del mare nostro. Era meglio un’Italia nordica, astenuta come i tedeschi e gli inglesi? Il centro-destra ha attaccato con molta forza Monti, parlando di voltafaccia e di svendita di Israele a Bersani (Fiamma Nirenstein). La diplomazia israeliana ci ha fatto sapere tutta la sua irritazione, e del resto la mossa di ficcare tremila coloni nelle costole di Abu Mazen è evidentemente un atto ostile. Io mi chiedo però: rafforzando Abu Mazen (perché Hamas, al di là di qualche complimento di facciata, non è felice di quello che è successo) si rende più facile o più difficile la via della guerra? Più probabile o meno probabile il percorso verso una ripresa delle trattative? Penso che su questo punto particolare la posizione espressa da Bersani l’altra sera sia giusta: rafforzare, nei due schieramenti, i moderati. Tenendo ferma la barra verso la soluzione dei “due popoli, due stati” a cui Hamas e i fondamentalisti, che vogliono l’annientamento di Israele, si oppongono d’intesa con Teheran.
• Perché gli americani hanno votato “no”?
Hillary ha detto che il voto dell’Onu è un ostacolo al processo di pace, che trasferire all’Onu la questione palestinese è un errore. Mah. Credo che Obama, inviso a Tel Aviv perché contrario a qualunque azione contro Teheran, non volesse peggiorare i suoi rapporti con quel paese. E poi c’è effettivamente la lettera degli accordi di Oslo (1993) nei quali si stabilisce che ogni passo verso la costituzione dei due Stati deve essere compiuto al termine di trattative tra le due entità. In un certo senso, il voto dell’Onu a favore della Palestina è un atto unilaterale, un fatto compiuto.
• Può un governo tecnico prendere decisioni politiche di questa forza?
È una buona domanda. A cui rispondo con una controdomanda: il governo Monti, in cui molti ministri vogliono entrare in qualche futura combinazione e in cui lo stesso presidente del consiglio non nega una sua certa disponibilità a continuare l’esperienza di Palazzo Chigi, è ancora per intero un governo tecnico? In ogni caso il ministro degli Esteri Terzi ha detto che tutta la questione verrà discussa in Parlamento.
• Io dico che il momento chiave di tutta questa vicenda sarà il voto in Israele.
Sì, il prossimo 22 gennaio.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 1 dicembre 2012]
(leggi)