Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri, per discutere dell’Ilva, si sono incontrate nella Sala Verde di Palazzo Chigi 120 persone, tra ministri, sindacalisti e rappresentanti degli enti locali, ciascuno col suo seguito. Presiedeva, naturalmente, il capo del governo Mario Monti, il quale ha pronunciato le seguenti parole: «Non possiamo permetterci di dare un’immagine dell’Italia dove non sia possibile conciliare la tutela dell’occupazione e il rispetto della magistratura, la tutela dell’ambiente e la produzione dell’acciaio».
• E come si fa, in questo caso?
Il consiglio dei ministri convocato per oggi emanerà un decreto legge, cioè un provvedimento immediatamente in vigore, col quale l’Ilva sarà dissequestrata d’imperio e autorizzata a riprendere le lavorazioni. I Riva, padroni dell’azienda, dovranno però impegnarsi a un’opera di bonifica da completare in due anni e che dovrebbe costare, in base a valutazioni fornite dallo stesso ministro dell’Ambiente Corrado Clini, tre miliardi di euro. Sarà insediato un commissario o più probabilmente una commissione presieduta dallo stesso ministro dell’Ambiente per controllare che i passi relativi alla bonifica richiesta siano rispettati tutti senza eccezione.
• Non ho capito: l’Ilva potrà riprendere le lavorazioni continuando a inquinare?
Pare di sì. C’è un tempo limite, dopo il quale l’acciaieria e i suoi forni sarebbero irrecuperabili. E questo tempo limite è il 6 dicembre.
• Ma inquinare non è un reato? La Procura di Taranto non sostiene questo? E come potrà il governo autorizzare per decreto un’azienda a commettere reati?
In procura a Taranto fanno capire che sono pronti a ricorrere alla Corte costituzionale. Il decreto avrebbe le caratteristiche di un provvedimento “ad aziendam”, cioè pensato per una sola realtà produttiva. Questo violerebbe l’articolo 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge». I magistrati pensano che sia violato anche l’articolo 32: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Le sto riferendo umori e pareri concessi sottovoce. Tutti si propongono, prima di aprire il contenzioso, di leggere bene il testo che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Certo l’affermazione di Monti, fatta ieri in Sala Verde, sulla necessità di conciliare tutto sembra ottimistica: ci sarà quasi certamente uno scontro tra potere giudiziario e potere esecutivo. Palazzo Chigi otterrà però intanto di far riprendere l’attività all’acciaieria. E magari, di fronte ai primi atti di bonifica seri, anche la Procura di Taranto potrebbe venire a più miti consigli. Ieri, mentre i 120 si facevano fotografare dentro la Sala Verde, trecento operai provenienti da Genova, Taranto, Novi Ligure, Racconigi gridavano fuori da Palazzo Chigi: «Ladri! Siete una classe politica di ladri, che non sa dare risposte, che sa solo rubare! Siete voi la rovina dell’Italia, siamo qui per il nostro lavoro e per il nostro futuro, che voi ci state rubando!».
• I padroni dell’acciaieria, cioè Emilio Riva e i suoi figli, hanno i tre miliardi per le bonifiche? E sono disposti a tirarli fuori?
Chi lo sa. L’Ilva fattura più o meno otto miliardi l’anno, qualche anno guadagna qualche centinaio di milioni, qualche altro ne perde per altre centinaia. La fabbrica non ha mai distribuito dividendi, ma s’è capito che i Riva sono riusciti a incassare lo stesso i loro soldi per mezzo di una società di consulenza piazzata in un paradiso fiscale (i soci di minoranza, finora, non hanno però mai fiatato). Le intercettazioni mostrano una famiglia molto impegnata ad ammorbidire perizie, farsi amici preti, politici e sindacalisti, attraverso donazioni, beneficenze e regalie, hanno dato 245 mila euro a Forza Italia e 98 mila euro a Bersani, volevano sostenere con 300 milioni di lire la campagna elettorale del giudice Sansa in corsa come sindaco di Genova nel 1997 (Sansa rifiutò). Adesso uno dei figli, Fabio Riva, che i giudici vogliono mettere in carcere, se ne sta latitante a Miami e da lì tratta il suo rientro, oppure aspetta che si calmino le acque. Carlo De Benedetti propone che lo stato nazionalizzi l’azienda, la bonifichi e poi la metta in vendita. L’Ilva un tempo era dell’Iri e – dice De Benedetti – è fatta così perché così l’ha fatta lo Stato.
• Che notizie si hanno del povero operaio rapito dalla tromba d’aria?
Francesco Zaccaria, 29 anni. Le ricerche sono state sospese per le condizioni del tempo e per la nessuna visibilità del fondo marino. Potrebbe ancora essere chiuso nella cabina finita nei quattro metri di melma che ricoprono i fondali di Taranto o a decine di chilometri di distanza, sbattuto via dalle onde e dal vento.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 30 novembre 2012]
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