Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Tra quindici giorni l’America vota e i sondaggi dànno Obama in netto vantaggio. Parecchi si dicono sicuri: il nuovo presidente degli Stati Uniti sarà lui.
• Lei ci crede?
Penso che sarà Obama, nonostante la debolezza delle proposte economiche. E dicendo “debolezza” adopero un eufemismo. Nessuno ha capito bene che intenzioni ha il candidato democratico rispettivamente a subprime, derivati, banche e recessione. Però l’America, nel caso del pasticcio finanziario, non fa distinzioni tra Bush e McCain e identifica i cattivi di Wall Street con i repubblicani. Del resto il ministro del Tesoro di Bush, cioè Henry Paulson, viene da Goldman Sachs e tornerà probabilmente a Goldman Sachs, e questo lo sanno tutti, come tutti sanno che il famoso piano da 700 miliardi è servito ad aiutare prima di tutto le banche, cioè i colpevoli principali. Quindi, sembrerebbe dire l’America, di questi qui – Bush, McCain e repubblicani vari – non ne vogliamo più sapere.
• Non è un po’ triste che il primo nero alla Casa Bianca ci arrivi perché in qualche modo “meno peggio” del suo avversario?Sì. E però che possiamo farci? In televisione, alla domanda di un giornalista sul modo con cui, da presidente, Barack avrebbe affrontato la crisi economica, il candidato democratico ha risposto (la trascrizione è di Lucia Annunziata): «Io penso che tutto cominci con Washington perché siamo noi, intanto, a dimostrare di avere un comportamento virtuoso... Sono convinto che molti dei presenti soffrono di non poter condividere il proprio peso con altri... Ognuno di noi deve contribuire... Per questo dobbiamo tagliare il bilancio statale usando non l’ascia ma lo scalpello, in modo da non ferire nessuno». La risposta di McCain era più convincente: aiutare i proprietari di case a rinegoziare il loro debito in modo da tirar su in qualche modo il mercato immobiliare. Sensato. Più sensato, direi, dei soldi a pioggia alle banche decisi da Paulson.
• Infatti McCain aveva recuperato.
L’andamento delle intenzioni di voto per McCain è oscillante. Subito dopo aver scelto Sarah Palin come vice era addirittura andato in testa. stato il momento più opaco di Obama, quello in cui pareva che non avesse più niente da dire. Poi è scoppiata la crisi delle banche e questo lo ha riportato in testa. McCain gli ha poi di nuovo rosicchiato qualche punto, almeno fino a quando Obama non è andato a parlare a Saint Louis e una folla entusiasta di centomila persone lo ha acclamato. A quel punto è ritornato su e ieri Zogby, che fa i sondaggi per la Reuters, gli accreditava un margine di sei punti (50% del voto contro il 44). Gallup, che è la mia agenzia preferita, sostiene che nel week end il vantaggio di Obama è addirittura di 11 punti: 52 a 41. Il grafico che si vede sul sito mostra l’andamento di ottobre: Obama è sempre stato in testa, McCain, dopo il 1° ottobre, è sempre rimasto dietro ad almeno sei punti di distanza.
• Che cosa potrebbe farlo perdere?
McCain è imprevedibile. Ha scelto la Palin, contro il parere di Bush che voleva alla vicepresidenza uno dei suoi, dopo una discussione di appena quattro ore. Quando Bush ha chiesto ai due candidati di concordare gli interventi contro la crisi, McCain è stato a lungo al telefono col suo avversario, sembrava tutto a posto e, un minuto dopo aver attaccato la cornetta, ha cambiato completamente idea e annunciato che lui, per via delle difficoltà del Paese, sospendeva la campagna elettorale. L’invenzione di zoppicare vistosamente, cioè di consegnarsi all’elettorato in tutta la sua debolezza, è un’altra idea improvvisata là per là, senza nessuna preparazione. Questa facilità con cui esce dagli schemi lo mette sempre in crisi con i suoi che vorrebbero programmargli ogni sillaba e ogni passo. Però può essere un’arma. In fondo mancano ancora quindici giorni e tutto può succedere.
• Ma lei crede davvero che gli americani sarebbero capaci di votare per un nero col nome da musulmano?
Lo staff di McCain fa molto affidamento su questo mal di pancia yankee. Colin Powell, generale in Iraq del vecchio Bush e segretario di Stato di Bush il giovane fino a poco tempo fa, ha cambiato campo e appoggiato Barack proprio per il disgusto provocato da questo tipo di campagna elettorale che insinua di continuo che Obama è un terrorista nero. Anche Colin Powell, come lei sa, è un nero ed è notoriamente un grande amico personale di McCain. McCain, quando ha saputo di questa specie di tradimento, non se l’è presa per niente. «Lo ammiro e lo rispetto. Siamo vecchi amici. Non sono sorpreso». Gliel’ho detto che è un uomo imprevedibile. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 21/10/2008]
(leggi)