Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Le Borse hanno ricominciato ad andar giù, e ne parleremo. Ma converrà partire da un’altra notizia, fornita ieri dalla Caritas, e cioè che da noi ci sono 15 milioni di poveri e che questa massa di indigenti, contro cui le nostre politiche sociali sembrano molto poco efficaci, è destinata ad aumentare.
• Che cosa si intende esattamente per ”poveri”.
Nel nostro caso persone che vivono con meno di 600 euro al mese. Il numero di italiani in queste condizioni è uguale a sette milioni e mezzo. Poi ci sono nostri concittadini che stanno appena sopra questa soglia di reddito: altri sette milioni e mezzo che possono diventare poveri da un momento all’altro. A questi – che già rappresentano un italiano su quattro – bisogna aggiungere le famiglie che devono farsi carico di uno o due anziani non autosufficienti e quelle con tre o più figli (un terzo di quest è povera). Il 48,9% di queste persone in stato di indigenza vive al Sud.
• Non abbiamo una politica sociale? Quanto spendiamo per i poveri?
Per tutta la protezione sociale spendiamo quasi 400 miliardi. Il 66,3% se ne va in pensioni (aumentate di un 5,2 per cento rispetto all’anno scorso). Per l’assistenza propriamente detta ci sono 47 miliardi. La Caritas, nella sua conferenza stampa di ieri, ha proposto di non aumentare questo stanziamento, ma di spenderlo diversamente: invece di dar soldi, lo Stato e gli enti locali forniscano servizi. Chi oggi percepisce queste somme, contratti con Stato ed enti locali le cose che vuole. L’idea è di riscaldare l’intervento sui poveri avvicinando uomini a uomini, donne a donne. Non più o non solo soldi che arrivano nelle case e non incidono – per esempio – sulla solitudine, uno dei drammi più sentiti della vecchiaia e della povertà. Ma uno slancio di solidarietà complessiva, che trasformi i denari spesi in qualcosa di più di una semplice erogazione. Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan, che ha collaborato con la Caritas nello studio sulla povertà, ha ammesso però che cambiare sistema «non è per niente facile, perché chi oggi beneficia dei trasferimenti pubblici e ne ha fatto una fonte di reddito non è disposto a rimettere in discussione i diritti acquisiti, anche se ragioni di equità portassero a riconoscere il contrario».
• C’è un qualche rapporto tra questi numeri e la crisi finanziaria che imperversa?
No, le cifre e le analisi si riferiscono a un mondo che ancora non era stato toccato dal precipitare dei corsi azionari e dalla crisi delle banche. La Caritas sottolinea il fatto che si sono stanziate montagne di soldi per aiutare le banche e non si sente parlare di un euro in direzione delle fasce più derelitte della nostra società. un problema che sta venendo al pettine molto rapidamente. Per esempio, che atteggiamento terranno i governi verso la crisi dell’industria?
• Beh, se hanno fatto tanto per le banche dovranno fare altrettanto per le fabbriche.
Si vede già adesso che non sarà così. stato calcolato che a New York la crisi finanziaria provocherà in due anni 150 mila disoccupati, persone cioè che lavoravano nel settore finanziario. Il piano Paulson ha comunque già stanziato 700 miliardi in direzione degli istituti del credito. Vediamo invece che cosa si prepara per l’industria dell’automobile, settore in difficoltà gravissima (ieri i dati hanno mostrato un altro calo impressionante delle vendite). Ebbene, la General Motors aveva chiesto un aiuto di 50 miliardi e gliene sono arrivati appena 25. E la General Motors impiega più di 260 mila persone. Anche se una rete di banche efficienti è una pre-condizione a un’economia sana, la disparità, agli occhi del cittadino, appare insopportabile, tanto più che le banche sono le principali responsabili, con il loro pessimo comportamento, del disastro in cui ci troviamo.
• Che cosa si dovrebbe fare?
Ieri Veltroni ha gridato che questi sono i veri problemi («non il Bagaglino») e ha invocato una discussione immediata su questi temi. Monsignor Nozza, della Caritas, ha però ricordato che la miseria non è né di destra né di sinistra. «La questione povertà non può essere affrontata con colpi di genio e ad effetto ma solo con un piano nazionale strutturato e permanente"». La Caritas, confrontando la nostra situazione con quella degli altri paesi, ha scoperto che i nostri interventi intaccano l’universo dei poveri per non più del 4 per cento. Mentre, ad esempio, in Danimarca, Olanda, Germania, Irlanda l’impatto della spesa per la protezione sociale è riuscito a ridurre anche del 50 per cento il rischio povertà. Questo fino a ieri, naturalmente. Cioè fino a quando la bufera finanziaria in cui siamo precipitati non ha cominciato a renderci tutti più poveri. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 16/10/2008]
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