Libero, 23 aprile 2025
Dati su 8 per mille, matrimoni e praticanti
La religione è materia dello spirito e ogni pretesa di pesarla può dare solo risultati incompleti. I grandi numeri, però, sono ancora il modo migliore per capire quanto una comunità si riconosce in una fede. E in Italia gli indicatori sono abbondanti e accurati: ogni anno sappiamo con precisione quanti contribuenti hanno firmato per dare l’Otto per mille alla Conferenza episcopale, quante coppie si sono sposate con rito religioso e quanti italiani hanno dichiarato di essere andati a messa ogni domenica. Questi numeri non dicono tutto, ma dicono molto. E vanno tutti nella stessa direzione: negli anni del pontificato di Jorge Mario Bergoglio, eletto papa il 13 marzo del 2013, il distacco degli italiani dalla Chiesa cattolica ha subìto una forte accelerazione.
Sono accaduti fenomeni impensabili sino a pochi anni prima. Uno su tutti: gli italiani che non partecipano mai a una funzione religiosa sono diventati molti di più di quelli che lo fanno con regolarità. Francesco – come mostrano anche le reazioni di queste ore – è stato apprezzato da coloro che non mettevano piede in chiesa da decenni, e la sua predicazione e la sua simpatia, sotto questo aspetto, non hanno avuto effetti. Se l’obiettivo del “papa pop” e di chi lo ha eletto era invertire il processo di scristianizzazione degli italiani, o almeno rallentarlo, è fallito.
I soldi, lo «sterco del demonio», sono un buon punto di partenza per capire ciò che è successo. Se così non fosse, la riforma dell’Otto per mille non sarebbe l’argomento su cui i vertici della Cei insistono ogni volta in cui discutono a porte chiuse con i rappresentanti del governo. Monsignor Matteo Maria Zuppi e i suoi collaboratori fanno bene a preoccuparsi: il crollo delle firme nella casella per girare la quota dell’Irpef alla Chiesa cattolica non solo conferma la distanza crescente degli italiani dalla curia, ma mette in pericolo le attività finanziate dalla Cei.
Nelle dichiarazioni per i redditi del 2013 si contarono 15,2 milioni di firme in favore della Chiesa cattolica: rappresentavano il 37% del totale dei contribuenti e l’81,2% di coloro che avevano fatto una scelta. Nelle casse della Cei entrava così più di un miliardo di euro. Le tabelle dell’Agenzia delle entrate dicono che nelle dichiarazioni dei redditi del 2022, le ultime di cui si hanno numeri ufficiali, le firme in favore della Chiesa cattolica sono crollate a 11,3 milioni. Sono state apposte dal 67,3% dei contribuenti (14 punti percentuali in meno in dieci anni) e dal 27% di coloro che hanno espresso una preferenza (10 punti in meno). Di conseguenza è sceso l’importo incassato dalla Cei, ormai al di sotto del miliardo di euro (e in valore reale l’ammanco è ancora più pesante). Sono quasi raddoppiati, nel frattempo, i contribuenti che destinano la loro quota allo Stato: nel 2013 erano il 14,4%, sono diventati il 27%. Gli italiani tengono ancora alle opere buone, ma ogni anno centinaia di migliaia di loro decidono di sfilarle dalle mani della Chiesa per affidarle al settore pubblico.
Quanto ai matrimoni, sono in calo da tempo, è vero. Ci sono sempre meno giovani e le coppie preferiscono la convivenza non formalizzata a un rapporto ufficiale. Ma questo fenomeno riguarda solo il sacramento. Nel 2013 si contarono 194.057 matrimoni: di questi, quelli religiosi furono 111.545, il 57%, e quelli civili 82.512. Nel 2023, ultimo anno registrato dall’Istat, in seguito a una continua erosione i riti religiosi sono crollati a 75.657 e valgono ormai il 41% del totale. Aumentati invece, e di molto, i matrimoni celebrati davanti al sindaco: sono stati 108.550. C’entrano le seconde nozze (e le terze e le quarte…), per le quali il rito civile è spesso una scelta obbligata. Questo, però, va diffondendosi sempre di più anche tra i primi matrimoni, il 47,5% dei quali, ormai, è di tipo non religioso. A conferma che gli italiani, più che con la fede al dito, hanno un problema con la Chiesa.
Del resto, basta vedere l’indagine condotta dall’Istat sulla pratica religiosa degli italiani. Nel 2013, il 30,5% di loro dichiarava di frequentare un luogo di culto almeno una volta a settimana, e coloro che sostenevano di non averlo fatto nemmeno una volta nell’ultimo anno erano il 21%. Dopo dieci anni di pontificato di Francesco i pesi si sono invertiti: solo il 18% degli italiani partecipa settimanalmente a una funzione religiosa, mentre il 31,5% sostiene di non farlo mai. È un’Italia sempre più lontana da Cristo e della Chiesa, insomma, quella che Bergoglio lascia al suo successore.