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 2025  aprile 22 Martedì calendario

Intervista a Maria Teresa Ruta

Una vita passata davanti alla luce rossa di un obiettivo. E quando non è sui piccoli schermi delle nostre case, Maria Teresa Ruta è spesso in treno o in aereo, tra uno studio televisivo e una visita ai suoi cari. Il 23 aprile compie 65 anni, e il suo telefono squilla senza sosta in una carrozza business.
In 40 anni di carriera, il suo telefono ne avrà ricevute di chiamate…
«Eh sì, quest’anno sono 40 anni dal mio primo Telegatto. E anche 40 anni di giornalismo sportivo. Sono veramente tanti, soprattutto per una persona che non ha mai avuto la lungimiranza di restare sempre in un solo ambito, sa? Se resta in un ambito, può far carriera».
E perché non lo ha fatto?
«Nils Liedholm, uno dei primi allenatori che ho intervistato, diceva che per vincere lo scudetto bisogna sempre cambiare squadra. E in effetti io ho cambiato tante squadre e ho vinto tanti scudetti».
Per esempio?
«Sono stata la prima giornalista a vincere il Telegatto come donna dell’anno sportiva. Nell’86, la prima donna alla Domenica Sportiva. Poi la prima donna ad affiancare Cino Tortorella allo Zecchino d’Oro. Una serie di primati. Ero anche la prima bambina a fare le telecronache: le facevo a sei anni per mio papà, perché sono nata di fronte a un campo da calcio. La domenica mio padre mi metteva dietro il termosifone, davanti alla finestra della cucina, e mi diceva: “Tata, quando segnano chiamami”. Questo mi ha preparata: al provino per la Domenica Sportiva c’ero solo io. Ero pronta».
Immagino che il mondo sportivo, in quegli anni, non fosse particolarmente accogliente per una giovane donna.
«Sì, ma si è rivelata poi la formula vincente. I colleghi uomini all’inizio erano solo molto curiosi, e fortunatamente non si sono accorti subito delle mie potenzialità. Quando ho cominciato a portargli via manifestazioni e serate, anche quelle per i Mondiali del ’90, hanno detto: “Maria Teresa se li merita”. Non c’è stata invidia, ma anzi, grande supporto».
Qualche rivincita se la sarà presa in questi anni…
«Per tanti anni chiedevo ai miei genitori di cantare allo Zecchino d’Oro. Mi portavano ai provini, ma ero secca secca, coi capelli corti, sembravo un maschietto. Non rientravo nello stereotipo. E poi, nell’88, eccomi lì a presentare lo Zecchino con Cino Tortorella. Quella paletta bianca a forma di margherita con su scritto 10, me la sono portata via. Correvo anche nell’atletica a Torino e mi ero proposta per rappresentare l’Italia a Giochi Senza Frontiere, ma non mi presero perché non venivo da un paese partecipante. Alla fine, ho presentato anche Giochi Senza Frontiere».
E guardando indietro, c’è qualcosa che col senno di poi non rifarebbe?
«Ci sono tante occasioni perse.
Avrei dovuto battere un po’ di più i pugni».
Quando avrebbe dovuto farlo?
«Mi era stata promessa la partecipazione a Domenica In, ma poi è cambiato il cast. Doveva esserci Toto Cutugno, era il 1991, invece arrivò Pippo Baudo e lui voleva una principessa del castello, e io ero già un nome, una giornalista. Mi fu promesso un piccolo spazio sportivo. Forse avrei dovuto insistere. A volte non ho chiesto, e se non chiedi, non ottieni».
Tra tutti i grandi maestri che ha avuto, a chi deve essere maggiormente grata?
«Tito Stagno. È lui che mi ha portata alla Domenica Sportiva. Mi ha sempre supportata, anche quando sono rimasta incinta».
Un altro scudetto?
«Sì, un altro gol. Mi disse: “Io ti ho preso come giornalista, quindi per me, se vuoi andare in onda anche col pancione, va benissimo”. Ci fu anche una lettera di alcune colleghe interne – io ero esterna – che scrissero: “Maria Teresa è incinta, possiamo prendere il suo posto finché tornerà”. Risposi: “Se mi si assume, io non ho problemi. Ma da libera professionista, desidero andare in onda finché me la sento e finché il mio direttore me lo consente.” E aggiunsi un PS: “Se il mio pancione è antiestetico come giornalista, allora anche Ferrara e Maurizio Costanzo dovrebbero stare a casa per tre mesi, fare una bella dieta e tornare tutti belli magri in onda”».
Una bella frecciata…
«Ho fatto delle cose fuori di testa che oggi verrebbero considerate un dissing».
Cosa pensa delle sue colleghe giornaliste sportive oggi?
«Sono felice. Molte sono nate dopo i miei figli, quindi non ricordano chi ha aperto la strada. Ma mi fa piacere quando Simona Ventura mi cita dicendo: “Io sono arrivata alla Domenica Sportiva, ma seguivo le orme di Maria Teresa"».
La bellezza le è stata d’aiuto o d’intralcio?
«Forse ha aperto qualche porta, ma poi sono diventata una conduttrice seria. A Uno Mattina, un anno, il direttore di Rai 1 mi chiese di indossare gli occhiali per sembrare più intelligente, perché il mio volto era troppo giovane. Parlavamo di cronaca, e la credibilità, anche visiva, era importante. Accettai».
Che rapporto ha con la chirurgia estetica?
«Sono un’ex femminista – anche se non si smette mai di esserlo. Mi rattrista vedere colleghe gonfiate e le vedo in onda magari con gli occhi che diventano un pochino più piccoli o sono un po’ tutti uguali perché sono fatti dallo stesso chirurgo plastico che magari ti fa lo sconto pur di avere una foto su Instagram. Trovo tutto questo una sconfitta. Io forse sono stata messa da parte per l’età, ma se mi fossi rifatta, magari avrei avuto mezza apparizione o un mezzo programma in più. Ma non sarei stata me stessa. Quando Guenda mi disse: “Il mio naso è un po’ importante, come quello di papà”, le risposi: “Prima risolvi il rapporto con tuo padre. Dopo, se vorrai, potrai decidere.” E infatti, non se l’è rifatto».
Il fatto che sua figlia abbia avuto sempre compagni più grandi è stato complicato per lei?
«Doloroso, ma non potevo impedirglielo. Volevo una figlia indipendente. E lei, già a 17 anni, doveva poter fare le sue scelte. Ho sofferto in silenzio, sperando andasse tutto bene. Gli uomini che ha scelto erano brave persone, ma mi dispiaceva. Ora ha incontrato Mirko, sono una fan.
Dopo un forte litigio durante il Grande Fratello, lei lo ha incontrato e mi ha detto: “Ho capito quello che mi volevi dire”».
L’ha aiutata a risolvere anche il conflitto col padre?
«Sì. Le ho spiegato che è più difficile amare chi non è sangue del tuo sangue. E se tornassi indietro, rifarei tutto anche col mio primo marito. Le ho detto: “Siete qualcosa di straordinario, che è venuto fuori da due persone che forse non si dovevano mettere insieme”».

Il ricordo più bello e quello più difficile con Amedeo Goria?
«Il ricordo più bello è stato quando lui mi ha detto: “Io ti sposo anche con un matrimonio bianco”. Io avevo subito un tentativo di violenza e quindi non riuscivo ad avere rapporti. Lui mi ha detto “Io ti sposerei comunque perché sei una donna eccezionale. Il peggiore: la litigata, la prima volta che l’ho beccato, la nostra rottura. I miei genitori sono stati insieme tutta la vita, per me fu un fallimento dolorosissimo. Mi sono sentita ferita come moglie, come mamma, come come tutto».

Come ha superato tutto questo?
«Forse solo quando ho incontrato Roberto. Siamo insieme da vent’anni. Ci siamo sposati 11 o 12 volte, in tutto il mondo, con riti diversi. Ora ci sposeremo in India. Con lui ho capito cos’è il vero amore. Ho anche detto ai miei figli: può capitare di non incontrarlo mai. Ma quando arriva, lo riconosci, è veramente un’altra cosa».

Come ha preso la decisione di Guenda di entrare nel mondo dello spettacolo?
«Se n’è innamorata seguendo me. Ha visto la fatica, ma non ne ha avuto paura. Ha avuto la sensazione che si potesse andare avanti da un punto di vista meritocratico. Però oggi è molto più difficile rispetto ai miei tempi. Chi ha studiato, spesso, si ritrova con un pugno di mosche rispetto a chi è solo “il fidanzato di” o “la fidanzata di”».
E senza aspettative è arrivata a intervistare Maradona…
«È stato straordinario. Sapeva chi ero. Mi infilai in un campetto vestita da raccattapalle, con la tuta. Lo feci palleggiare con dei mandarini, limoni e arance. Poi mi tolsi il berretto e il fotografo della Gazzetta dello Sport mi immortalò. Così sono diventata la Ruta di Maradona. L’ho conquistato palleggiando».
Un altro grande salto è stata l’Isola dei Famosi?
«Sì. Qualcun altro avrebbe detto: “Io sono una conduttrice, non posso sporcarmi l’immagine”. Io invece sono partita. Le sfide valgono più di una poltrona. Non è stato semplice tornare a condurre, ma ne è valsa la pena».
Ma a cosa ha dovuto rinunciare per il successo?
«È costato fatica. La mia vita è sempre stata un viaggio, da quando avevo 17 anni. Ma i picchi di gioia, soprattutto professionali, hanno azzerato ogni fatica e tristezza. Dal 2003 al 2018, quando ho fatto Pechino Express, ci sono stati in questi 15 anni in cui ho incontrato Roberto, e ho anche ricevuto una serie di no. Perché “quel programma l’hai già fatto”, perché “cerchiamo una persona meno preparata”. E però poi ho partecipato a PechinoExpress, e vincerlo è stata una soddisfazione».
Cosa ha fatto nel periodo dei no?
«Ho cominciato a scrivere libri. Sono arrivata al mio quindicesimo. Uno degli ultimi è dedicato ai cimiteri più belli del mondo. Sta andando molto bene: esiste un turismo cimiteriale importante, con storie bellissime».

E lei cosa immagina dopo la sua vita?
«Sono una credente. Sicuramente c’è un’altra vita, in un’altra forma o dimensione. E sono grata a questa. Il mio epitaffio sarà: “Ho bevuto la vita tutta d’un sorso, peccato che mi è rimasta ancora tanta sete”».