Avvenire, 23 aprile 2025
A Buenos Aires ci sarà lo stadio Papa Francesco
Il Papa che è sempre stato dalla parte degli ultimi, fin dalla scelta del suo nome, è stato un uomo che ha profondamente amato lo sport e dallo sport è stato profondamente amato.
Papa Francesco aveva più volte ricordato con affetto il sé giovane, Jorge Mario, quando, insieme alla famiglia, andava al Viejo Gasodromo, per tifare i colori rossoblù del San Lorenzo de Almagro, la sua squadra del cuore, ed emozionarsi, come tutti i bambini, davanti al suo “idolo”, l’attaccante René Pontoni (curiosamente nato il 18 maggio 1920, stesso giorno, mese ed anno di Karol Wojtyla). Il calcio regalò a quel bimbo momenti di festa, come la vittoria del campionato del 1946, ma non era certo la vittoria in quanto tale, l’ispirazione che lo sport regalò al futuro Papa. Da sempre vicino e attento agli atleti e ai temi sportivi, Papa Francesco aveva rievocato in una, a suo modo storica, intervista a La Gazzetta dello Sport, quei giorni sereni e «le giornate passate a vedere i calciatori giocare, la felicità di noi bambini quando tornavamo a casa: la gioia, la felicità sul volto, l’adrenalina nel sangue» e «il pallone di stracci, la pelota de trapo» perché «il cuoio costava e noi eravamo poveri, la gomma non era ancora così abituale, ma a noi bastava una palla di stracci per divertirci e fare quasi, dei miracoli giocando nella piazzetta vicino a casa». Papa Francesco, nei suoi tanti incontri con gli sportivi, ha spesso ricordato il valore dell’allenamento come strumento di crescita e di miglioramento, necessario per valorizzare il talento; soprattutto ha regalato al mondo dello sport quella frase rivoluzionaria, come lui stesso è stato: «Chi vince non sa che cosa si è perso».
Un concetto impressionante nella sua profondità, che – anche in questo caso – avvicina agli ultimi, ai più deboli, ai più fragili, agli sconfitti e che lui stesso ha spiegato così: «Per chi è abituato a vincere la tentazione di sentirsi invincibili è forte: la vittoria, a volte, può rendere arroganti e conduce a pensarci arrivati. La sconfitta, invece, favorisce la meditazione: ci si chiede il perché della sconfitta, si fa un esame di coscienza, si analizza il lavoro fatto. Ecco perché da certe sconfitte nascono bellissime vittorie: perché, individuato lo sbaglio si accende la sete del riscatto». Il suo viaggio dalla “pelota de trapo” al soglio pontificio ha cambiato il mondo, nonostante non sia stato ascoltato da tanti di quei potenti che in questi giorni lo stanno piangendo. Ad ogni donna e uomo di sport resta la straordinaria e profetica testimonianza di Jorge Mario Bergoglio, uomo che non ha segnato i meravigliosi gol del bomber René Pontoni, ma che con il suo pontificato è stato e sarà fonte di una potente, straordinaria, profetica ispirazione.
Proprio per non dimenticare, il presidente del suo San Lorenzo, Marcelo Moretti, ha già voluto confermare una promessa: nel corso di un’udienza gli aveva proposto ufficialmente che il nuovo stadio del club, in Avenida de la Plata a Buenos Aires, venisse chiamato “Papa Francesco”.
Con emozione, il Santo Padre aveva accettato. Succederà