Corriere della Sera, 22 aprile 2025
Drew Barrymore dagli abusi alla rinascita: «A 50 anni ora sono in pace, ma i miei figli non hanno capito E.T, è in effetti spaventoso»
Vestito lungo blu scuro, nonostante il caldo che a Miami toglie il respiro. Un filo di trucco, il sorriso inconfondibile, poi un gesto con l’indice per invitare ad avvicinarsi. Drew Barrymore si presenta così: vera. Al suo fianco Orlando Bloom, sguardo da cavaliere britannico, quasi a proteggere una stella fragile e luminosa di Hollywood. Drew, non ha solo una carriera ma una saga familiare alle spalle: padre, nonno, bisnonni, prozii... tutti attori.
«A 11 mesi ero davanti alla macchina da presa per uno spot», ricorda al Corriere. A cinque anni è in «Stati di allucinazione», a sette Spielberg la sceglie per «E.T.»: diventa Gertie, volto dolce e birichino che commuove il pianeta. Tutto, però, arriva troppo in fretta: successo, soldi, copertine. Ma anche l’abisso. A nove anni il primo incontro con l’alcol, poi le droghe. A 13, dopo un tentato suicidio, la madre la ricovera per un anno e mezzo. Sopravvive. Rinasce. A 15 vive da sola.
Negli anni Novanta e Duemila diventa icona sexy e pop. Oggi, a 50 anni, è madre affettuosa di Olive e Frankie, donna libera, produttrice e conduttrice del Drew Barrymore Show, salotto tv dove mostra tutta la sua capacità di reinventarsi. «È il momento più felice della mia vita -dice- : non ho alcun problema con l’invecchiamento».
Al Superbowl, simbolo massimo dell’americanità, ha recitato con l’inglese Orlando Bloom per uno spot, proprio in un momento di rapporti tesi tra Europa e Usa. Che significato ha avuto?
«Un messaggio meraviglioso. È un tema complesso ma dobbiamo restare positivi sul futuro, sennò finiamo intrappolati nella nevrosi del presente. Forse conviene cominciare dalle piccole cose, soprattutto quando provare a sistemare tutto pare troppo».
Siete affiatati. Eppure, non avevate mai lavorato insieme.
«No, ma ci conosciamo da oltre vent’anni. Nei primi Duemila organizzavo feste da me: balli in maschera, serate di fine anno. Niente smartphone, niente social. Erano serate molto divertenti».
Pensa mai a quanto sia stato difficile superare tutto ciò che ha affrontato?
«Sì, ci penso spesso e mi sento fortunata. A volte nemmeno io capisco come sia possibile essere ancora qui, dopo quarantanove anni di carriera. Forse perché amo davvero quello che faccio. Alle volte lavoro così tanto che perdo la voce, e pur di non dare forfait resto in silenzio con un cartello: “riposo vocale”. Tanti ridono, ma mi serve per ricaricarmi. E quando sei autentica, chi lavora con te – e il pubblico – lo percepisce».
Ha raccolto un’eredità simbolica da Sophia Loren. Che emozioni ha provato?
«Essere nella sua scia mi lascia senza parole. Da bambina passavo le estati a casa sua. È sempre stata gentile. Giocavo con Carlo ed Edoardo Ponti. Quando Msc mi ha proposto di succederle come madrina di una nave, ho pensato: essere accostata a Sophia è qualcosa di incredibile solo a dirsi. Ammiro la sua generosità. La stimavo allora e continuo a farlo oggi. E io amo l’Italia».
Cosa ama del nostro Paese?
«Tutto. Ho adorato la Sicilia orientale: Taormina e la Val di Noto. Ora voglio visitare la parte occidentale e Palermo. Amo viaggiare».
Cosa ama del viaggio?
«È stato il mio più grande maestro: nutre l’anima, lascia i ricordi più belli. È il modo migliore per imparare, assieme ai libri. Ti cambia. Capisci davvero come funziona il mondo: le persone hanno regole, religioni, abitudini diverse, ma possono convivere. Come accade in crociera».
Parla spesso di sostenibilità. Cosa la affascina?
«Amo la natura. Mi ispira. Penso, ad esempio, all’isola di Ocean Cay, alle Bahamas: un sito industriale abbandonato che la famiglia Aponte ha trasformato, ricreando la barriera corallina. Io mi sento come quell’isola: anche se hai avuto un passato difficile, puoi avere un futuro felice. Dobbiamo fare qualcosa per l’ambiente. Lo dobbiamo ai nostri figli».
A proposito di figli: i suoi hanno visto E.T.?
«Sì, ma forse erano un po’ troppo piccoli, così non gliel’ho riproposto. Lo capiranno da soli, al momento giusto. A pensarci bene, è un film che, ancora oggi, in certi passaggi può risultare un po’ spaventoso per dei bambini»