repubblica.it, 21 aprile 2025
La guerra dei robot. Così il conflitto in Ucraina ha cambiato per sempre il modo di combattere
I droni prima hanno conquistano il cielo, ora cominciano a impadronirsi anche della terra. Non sono più eccezioni, ma i nuovi protagonisti della guerra: dall’inizio dell’anno immagini e rapporti dal fronte ucraino mostrano la diffusione crescente di robot che partecipano ai combattimenti.
Uno scenario infernale, sempre più dominato da strumenti che uccidono senza bisogno che esseri umani spingano fisicamente il grilletto: un conflitto per procura, affidato dagli uomini alle macchine. Gli Ugv – ossia Unmanned Ground Vehicle, veicoli terrestri senza equipaggio – sono già centinaia, adottati da entrambi gli eserciti, e la produzione è in costante aumento: in Ucraina vengono realizzati da duecento aziende che contano di consegnarne tra 15 e 25 mila nel corso del 2025. Brave One, l’incubatore di tecnologie fondato dal governo Zelensky, pochi giorni fa ha condotto una selezione tra altri settanta prototipi progettati da compagnie nazionali: per superarla dovevano dimostrare un’autonomia di dieci chilometri e un apparato di guida in grado resistere alle contromisure elettroniche. Alcuni sono stati costruiti dalle squadre tecniche delle brigate, invertendo il tradizionale rapporto tra imprese e militari.
I russi sono partiti prima. Intorno al 2010 Mosca ha scelto di investire su questi apparati autonomi, puntando su ben tredici modelli di umanoidi e su tank senza equipaggio: sistemi come l’Uran-9, un cingolato con mitragliere, razzi termobarici e missili controcarro sviluppato dal gruppo Kalashnikov per gli scontri urbani che è stato testato in Siria nel 2019. Ma erano complessi, costosi e alla prova del fuoco si sono rivelati poco affidabili.
L’esperienza del campo di battaglia ha spinto la nascita di una generazione di robot low cost, che usano componenti commerciali reperibili sul mercato civile e sono estremamente robusti. Si muovono su ruote o su cingoli; alcuni sono minuscoli e somigliano a giocattoli radiocomandati mentre altri sono lunghi oltre due metri; tutti però hanno un’altezza limitata in modo da confondersi con il terreno. Fanno a meno dei visori: vengono guidati attraverso gli occhi elettronici dei droni volanti, che mostrano la situazione ai piloti o scambiano direttamente dati con il robottino.
I più sofisticati dispongono di sensori che percepiscono gli ostacoli e li evitano, derivati da quelli dei taglierba o dei lavapavimenti automatici che si comprano su Internet. Poiché i loro motori elettrici emettono pochissimo calore, riescono a sfuggire alle telecamere a infrarosso dei quadricotteri che vigilano H24 sulla linea del fronte: hanno una traccia termica inferiore a quella degli esseri umani. Questa caratteristica li sta facendo proliferare perché hanno più chance di sopravvivere nella fascia di 15-20 chilometri a ridosso della prima linea infestata da nugoli di elicotterini killer, pronti giorno e notte a lanciarsi contro qualsiasi essere vivente.
Gli Ugv possono trasportare munizioni e rifornimenti agli avamposti isolati, incuranti anche delle cannonate e delle raffiche. I Themis della società estone Milrem – la prima in Occidente a specializzarsi in questo settore – sono in servizio con i reparti di Kiev: possono traslocare fino a 1.200 chili e sono alti solo 115 centimetri. Tanti altri sono in arrivo: il vicepremier e ministro della trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov, ha dichiarato che entro pochi anni tutta la logistica dell’esercito verrà gestita dai robot.
Più raro, ma spesso inevitabile, l’impiego come barelle mobili: portano uno o due feriti fino alle retrovie, permettendo soccorsi altrimenti impossibili sotto lo sbarramento dell’artiglieria o le incursioni degli onnipresenti quadricotteri. Le versioni più pesanti possono proteggere il fante con una copertura blindata a prova di schegge o pallottole. Sono soprattutto gli ucraini ad adottare questa procedura: l’elevato numero di amputazioni registrato nei primi tre anni di conflitto è stato spesso causato dal ritardo con cui i militari colpiti raggiungono i posti medici, perché le ambulanze tattiche diventano subito il bersaglio dei droni volanti o dei cannoni.
L’arena principale dei guerrieri meccanici sono le battaglie urbane o gli assalti alle trincee. I più pericolosi sono i kamikaze: avanzano veloci facendo zig zag tra macerie e alberi, poi si infilano dentro le postazioni e le fanno saltare in aria: ci sono video che riprendono i Krot-2 russi mentre entrano nelle porte d’accesso delle cantine prima di esplodere. I più semplici hanno una mina controcarro fissata sul dorso, con un detonatore attivato a distanza; i più evoluti usano cariche da demolizione che possono buttare giù un ponte o un bunker in cemento. È lo stesso concetto dei “Goliath” filoguidati introdotti dai tedeschi nella seconda guerra mondiale per affrontare i tank sovietici o gli Sherman alleati: i loro eredi moderni però non hanno cavi, arrivano venti volte più lontano e costano solo duecento euro.
L’altra mansione è la lotta di mine. Molti di questi robot si intrufolano dietro le linee e le spargono sulle strade e nei terreni senza farsi scoprire: percorsi che sulle mappe risultano sicuri diventano trappole letali. Tanti e di vario tipo invece vanno a bonificare i campi minati: hanno vomeri che scavano il suolo facendo detonare gli ordigni, oppure stendono cordoni esplosivi che aprono un passaggio. Un’attività che i genieri in carne e ossa possono svolgere solo in tempi più lunghi, rischiando spesso la vita.
Non bisogna pensare che il loro ruolo sia secondario. Gli ucraini scommettono sulle capacità dei droni per risolvere il loro problema più assillante: la drammatica inferiorità nel numero di soldati rispetto alla Russia. Agli Ugv è stata affidata la sorveglianza di settori della frontiera bielorussa, da cui possono infiltrarsi 007 e guastatori di Mosca: in questo caso si impiegano pure i cani-robot, che fanno la guardia ai reticolati e in situazioni di allarme si muovono in aria agganciati ai droni volanti fino a raggiungere la breccia nelle barriere. Anche nei settori più caldi del Donbass o nell’area di Sumy sono frequenti le torrette automatiche Tavria con una mitragliera binata: sono gestite da sensori che individuano gli intrusi e gli sparano contro.
I generali di Kiev stanno pure schierando robot d’assalto. Ci sono i Lyut (“Furia”): autoblindo in miniatura con una mitragliatrice a tiro rapido che vanno alla carica contro le trincee sparando a raffica, incuranti delle pallottole, e aprono la strada ai veicoli della fanteria. Ma ci sono mezzi più sofisticati, che sostituiscono in tutto e per tutto i reparti di soldati carne e ossa con un potere distruttivo devastante: automi guerrieri con cannoncini, lanciarazzi, mortai, che si coordinano direttamente tra loro grazie all’intelligenza artificiale. È sempre l’Ai a localizzare gli obiettivi, analizzando le immagini raccolte dai droni volanti: c’è un unico militare a controllare squadre di tre-cinque Ugv, riservandosi la decisione di autorizzare l’uso delle armi oppure lasciando agli algoritmi la scelta tra vita o morte.
Finora questi team fantascientifici sono stati gestiti solo dagli Sso, le forze speciali dell’intelligence che sono anche la punta di lancia tecnologica dell’esercito ucraino. Hanno diffuso filmati in cui pattuglie russe appostate nei boschi vengono assalite da una manovra concentrica dei robot, che le ha travolte prima che riuscissero a comprendere quale fosse la minaccia. Adesso i droidi cingolati iniziano a essere consegnati pure alle unità ordinarie, come i Termit con mitragliatrice pesante dei fanti di marina, e appaiono quotidianamente negli scontri del Donbass. Non è un caso se nello scorso dicembre la prima offensiva della Storia condotta esclusivamente da robot terrestri e volanti nella zona di Kharkiv sia stata opera della brigata Karkhia della Guardia Nazionale, composta da volontari della regione. Si è trattato di un’operazione di portata limitata, che si è conclusa espugnando un paio di capisaldi su una collina, ma ha introdotto un precedente simbolico spaventoso. Siamo davanti a un’altra innovazione resa prassi da questo conflitto, e che non scomparirà: l’umanità dovrà fare i conti con questa terribile evoluzione per i prossimi decenni.