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 2025  aprile 21 Lunedì calendario

Da Zuckerberg a Dimon: tutti i miliardari che hanno venduto prima che Trump annunciasse i dazi

Si potrebbe aprire un altro caso di insider trading legato alla guerra dei dazi scatenata dal presidente Usa Trump. L’agenzia Bloomberg ricostruisce con un ampio dossier tutti i movimenti di dieci miliardari americani, che hanno venduto grossi pacchetti di azioni nel primo trimestre di quest’anno, poco prima che il valore dei titoli precipitasse del 30% o anche oltre, in seguito agli annunci del presidente americano. Si era parlato di insider trading alcuni giorni fa in seguito all’avvertimento lanciato dal presidente Usa, “Questo è un ottimo momento per comprare”, che aveva permesso a molti investitori di acquistare, per l’appunto, titoli a basso prezzo, prima che poi i mercati risalissero, sull’onda della retromarcia di Trump sulla stragrande maggioranza dei dazi imposti ai Paesi americani, europei e asiatici (con l’unica eccezione della Cina).
In testa Mark Zuckerberg: il fondatore di Meta: tra gennaio e febbraio, quando i dazi erano ancora solo uno spauracchio, Zuckerberg ha venduto 1,1 milioni di azioni per un valore di 733 milioni di dollari attraverso la sua Chan Zuckerberg Initiative e la relativa fondazione, secondo un’analisi del Washington Service. In quel momento il titolo Meta era ancora scambiato sopra i 600 dollari, raggiungendo un picco di oltre 736 dollari il giorno di San Valentino. Da allora, il prezzo delle azioni della società di social media è sceso del 32%, a causa dei crolli avvenuti a ripetizione nei mercati finanziari, dai primi annunci di Trump fino alle contromosse degli altri Paesi.
Al secondo posto in questa ipotetica classifica di vendite insider Safra Catz, amministratrice delegata di Oracle, che ha venduto 3,8 milioni di azioni per un valore di 705 milioni di dollari prima che le azioni del colosso tecnologico crollassero di oltre il 30%. Proventi che, calcola il Bloomberg Billionaires Index, sommati alla sua partecipazione residua e al portafoglio di investimenti, le hanno conferito una fortuna di 2,4 miliardi di dollari. Ci sono poi Nickesh Arora, presidente e ad di Palo Alto Networks, che ha venduto 2,3 milioni di azioni per il valore di 432 milioni di dollari nei primi quattro mesi di quest’anno; Max de Groen, partner di Bain Capital e membro del consiglio di amministrazione della società di cloud computing Nutanix, che ha venduto il 4 marzo un terzo delle azioni Nutanix ricevute l’estate precedente, risparmiandosi così il crollo del 20% avvenuto nelle settimane successive per via della pressione sui titoli tecnologici. E ancora, Chuck Davis di Axis Capital Holding, Stephen Cohen, presidente di Palantir Technologies, Jamie Dimon, presidente e ad di JPMorgan Chase & Co, Eric Lefkofsky, presidente e ad di Tempus Ai, Ted Sarandos, co-Ceo di Netflix, Travis Boersma, cofondatore e presidente di Dutch Bros.
Nei loro confronti al momento non c’è alcun tipo di accusa, né di inchiesta. Soltanto il conteggio delle azioni vendute poco prima che arrivasse la tempesta, realizzando guadagni consistenti, ma soprattutto evitando perdite rovinose. Il primo trimestre è stato un periodo volatile per i mercati. In particolare i titoli tecnologici hanno registrato un’impennata all’inizio della presidenza di Trump, ma sono poi scivolati in basso man mano che si concretizzavano gli annunci sui dazi. Dal 2 aprile in poi, il cosiddetto “Giorno della Liberazione”, in cui Trump ha chiarito le proprie intenzioni, si è innescata una svendita che ha ridotto di migliaia di miliardi di dollari i mercati globali, tanto che Elon Musk, la persona più ricca del mondo, ha visto la sua ricchezza crollare di 129 miliardi di dollari dall’inizio dell’anno. E poi, con la marcia indietro di Trump sui dazi, è partita invece la risalita di molti titoli. coronata dagli acquisti. Movimenti che non solo la stampa, ma molti esponenti politici stanno guardando con sospetto.