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 2025  aprile 21 Lunedì calendario

Il flop continuo del Cpr in Albania: finora un solo rimpatrio costato migliaia di euro all’Italia

Se fosse una partita di calcio si potrebbe dire che gli anti-Gjader battono i pro-Gjader 4 a 1. In più l’unico goal segnato dai pro-Gjader è costato caro e presto gli avversari ne segneranno altri. Ridotta in termini piuttosto semplicistici questa è la situazione nella disputa in corso tra governo e opposizione sull’operazione Cpr in Albania fortemente voluta e mandata avanti, non senza alcune forzature, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Sono le cinque e mezza del pomeriggio di sabato, vigilia di Pasqua, quando il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi annuncia con non poca soddisfazione sul suo profilo X che è avvenuto il primo rimpatrio dall’Albania di un cittadino straniero trattenuto nel Centro per il rimpatrio di Gjader e assicura che «le operazioni di rimpatrio dei migranti irregolari proseguiranno anche nei prossimi giorni come previsto dalla strategia di Governo per una più efficace azione di contrasto all’immigrazione illegale». Il cittadino rimpatriato sarebbe un bengalese di 42 anni arrivato in Italia nel 2009 ed espulso per pericolosità sociale.
A suo carico vari precedenti tra cui un grave episodio di violenza domestica. Quello che il ministro non racconta, ma è facilmente intuibile, è la girandola di viaggi a cui viene costretto il bengalese che da un Cpr in Italia, scortato da due agenti come prevede la prassi, viene portato fino al porto di Brindisi. Sempre scortato, venerdì 11 aprile viene trasferito in nave a Shengjn, in Albania. Di qui in pullman – sempre scortato – al centro di Gjader. Nei giorni successivi arriva il via libera al rimpatrio. Giovedì 17 aprile il bengalese viene di nuovo riportato in Italia – sempre scortato da due agenti – rientro in nave in Italia e poi rimpatrio in aereo. Costo dell’operazione? Diverse migliaia di euro.
Nel frattempo, un uomo originario del Marocco, un altro dei 40 trasferiti nel Cpr di Gjader venerdì 11 aprile, aveva fatto richiesta di asilo. Sabato, poco prima dell’annuncio del rimpatrio, è arrivata la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Roma. È un duro colpo contro l’operazione del governo perché sancisce che non può essere trattenuto nel Cpr in Albania uno straniero che chiede la protezione internazionale dopo essere stato trasferito nella struttura. Quindi chi fa richiesta di asilo dopo essere finito a Gjader viene riportato in Italia perché l’accordo con l’Albania riguarda i richiedenti asilo mai entrati in Italia e gli “irregolari” destinatari di espulsione già presenti sul territorio nazionale. Ma se il migrante irregolare diventa un richiedente asilo si crea un terzo caso, non previsto dalla normativa, che chiede un’altra procedura. Serve una nuova udienza di convalida, la competenza passa dal giudice di pace al giudice di Appello che, in questo caso, ha ritenuto che non ci fossero più i requisiti per il trattenimento. Risultato? Nuova nave e nuovo trasferimento in Italia anche per l’uomo originario del Marocco. Il quarto a rientrare dei 40 e altre ne torneranno se faranno richiesta di asilo.
«Delle 40 persone trasferite l’11 aprile nella struttura di Gjader, già tre sono tornate in Italia, per incompatibilità al trattenimento sulla base di motivazioni sanitarie e per sospensione della decisione di rimpatrio», fa sapere, in una nota, il Tavolo Asilo e Immigrazione che dal 16 al 18 aprile è stata presente con una delegazione in Albania. «Tra le persone presenti, alcune avevano problematiche di tipo sanitario presenti già prima del trasferimento e ciononostante sono state trasportate in Albania. Per due di loro – spiega la nota – è stata necessario il trasporto in una struttura ospedaliera albanese, secondo il protocollo firmato tra il ministero della Salute italiana e quello albanese e di cui hanno dato informazione le autorità presenti nel centro». Secondo gli esponenti del Tavolo Asilo e Immigrazione «in pochi giorni di attivazione del decreto 37/2025 sono già 20 gli eventi critici riportati nel registro. Tre persone hanno compiuto atti di autolesionismo».
"I centri in Albania non funzionano”, ha denunciato il segretario di Azione Carlo Calenda sui suoi canali social. Non funzionano e, quando funzionano, lo fanno al di fuori delle regole. “Uno dei presupposti di tutto l’impianto è la completa e ricercata opacità su più livelli”, commenta Rachele Scarpa, deputata Pd. ‘L’impressione – prosegue – è che siamo di fronte a un test: il potere esecutivo misura a tentoni quali sono i suoi margini di arbitrio. Ed essi sono tanto più ampi quanto più manca la trasparenza su ciò che accade a Gjader. Il mancato accesso a tante informazioni cruciali rende complesso calcolare i costi umani ed economici di un’operazione che, più scaviamo, più appare priva di senso. Chi viene rimpatriato deve prima ripassare per l’Italia, ed evidentemente diverse persone sono state trasferite in Albania per nulla, seguendo procedure poco trasparenti, facendo errori su errori che emergono solo dalle ispezioni parlamentari. Di tutto questo il governo dovrà e dovrebbe rendere conto di fronte al Parlamento”.
Se fosse una partita di calcio si potrebbe dire che gli anti-Gjader battono i pro-Gjader 4 a 1 ma non è una partita di calcio. In gioco ci sono vite, persone, famiglie.