Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  aprile 20 Domenica calendario

Intervista a Toko Kegne

E adesso date un’Olimpiade a questa ragazza. A 22 anni Genna Romida Toko Kegne è già nella storia azzurra del sollevamento pesi. Venerdì, a Chisinau, la livornese di origini camerunesi ha confermato con 233 kg complessivi sollevati l’oro europeo nei mediomassimi (76 kg). Un anno fa aveva trionfato alla prima uscita ufficiale da senior, all’Europeo di Sofia. Il problema ora è questo: la sua categoria non è al momento nel programma olimpico. Genna dovrà aspettare luglio per sapere se a Los Angeles i 76 kg ci saranno.
Si può sempre aumentare a 81 o scendere a 71, si potrebbe dire.
“Fosse facile! È come iniziare una storia da zero, riprogrammarsi, ricominciare. In questa categoria sto bene, è proprio la mia. Ma, certo, Los Angeles è una cosa grande, enorme, un sogno immenso. Incrociamo le dita”.
Non ce n’è stato bisogno a Chisinau: come si è sentita in pedana?
“Tanto snervata dallo strappo, la prima parte di gara, andata abbastanza male. Nello slancio mi sono però esaltata, ho tirato fuori tutto quello che avevo: la fatica, la sofferenza di mesi trascorsi senza vedere la mia famiglia, le indicazioni del mio allenatore, la rabbia. Le rinunce fatte”.
C’è tutto questo sotto il bilanciere da 133 kg, sollevato nello slancio?
“C’è la voglia di dimostrare a me stessa e poi alla giuria, che deve giudicare anche dal tuo sguardo e da come dissimuli lo sforzo, che ci sono anch’io”.
Livornese nata a Yaoundé, in Camerun, in Italia dall’età di 5 anni, italiana per lo sport dal 2022: che viaggio è stato?
“Mio padre era a Livorno già da due anni, poi è arrivata anche mia madre. I miei fratelli sono nati tutti in paesi diversi: Camerun, Italia, Francia. Abbiamo lo sport nel sangue: Brian fa sollevamento, Vanessa salto in lungo. Anch’io ho iniziato con l’atletica. Poi a 13 anni sono passata a sollevare bilancieri: era parte della routine di allenamento per la velocità. Mi sono appassionata”.

Forza o testa: cosa fa la differenza davvero?
“La testa deve essere sgombra, tutto deve funzionare. La Federazione lavora molto con noi sotto questo punto di vista: abbiamo uno psicologo che ci segue. Ma deve venire da dentro te stessa la forza. Devi saperti trovare. Vedi il bilanciere per terra e in quel momento ti torna tutto quello che hai fatto per arrivare fin là”.
Livorno è la sua casa.
“Città che adoro e dove torno quando posso. Ora vivo a Roma, mi alleno all’Acqua Acetosa, ho le condizioni ideali per crescere. La nostra è un’eterna, lunghissima, costante preparazione: 7 giorni su 7, feste comprese”.
Che rinunce ha fatto?
“Ho perso la quotidianità con i miei genitori e i miei fratelli. Non altro. A tavola devo gestirmi, com’è ovvio, ma non è mai stato complicato per me. Ho un fidanzato, Andrea, che viene dal mondo del sollevamento. È la prima persona che ho chiamato, oltre a mia mamma, dopo l’oro. Ce ne andremo in Sardegna in vacanza, adesso. Poi si comincia a pensare ai Mondiali di ottobre a Førde, in Norvegia”.
Prima, a luglio, saprà di Los Angeles.
“Spero di avere una buona notizia. Altrimenti ci rimboccheremo le maniche. Sono abituata, nessun problema”.