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 2025  aprile 19 Sabato calendario

Intervista a Hazel Riley

A 27 anni Hazel Riley, Maria Claudia all’anagrafe (il cognome preferisce non dirlo), nata e cresciuta in Sardegna, ha sbancato, di nuovo, la classifica. Studia Marketing e scrive da quando ha memoria. Il quarto capitolo della sua saga, Game of desire, ha venduto più di 250mila copie, sarà pubblicato all’estero ed è saldamente in top ten.
Che effetto le fa stare lassù?
«Destabilizzante. Mi è mancata la terra sotto i piedi a sorpassare autori enormi».
Dovrebbe averci fatto il callo.
«Macché! La mia famiglia e i miei amici si rendono conto molto più di me, io vivo ancora in una bolla d’incredulità».
Quando ha iniziato a scrivere?
«Alle elementari. Scrivevo qualsiasi cosa: racconti, libri, finte interviste a Zac Efron, articoli di giornale su catastrofi immaginarie, canzoni imbarazzanti. Gli altri andavano al parco, io restavo in camera a scrivere».
Poi ha cominciato a pubblicare su piattaforme social di letteratura.
«Prima su Efp, un sito di fanfiction, a 12 anni. A 15 mi sono spostata su Wattpad che allora spopolava. Finché non è arrivata Sperling & Kupfer».
Non aveva paura di passare da Wattpad alle librerie?
«Paura a mille. Non sapevo se i miei lettori avessero interesse a comprare il cartaceo e temevo che non sarei piaciuta a chi non mi conosceva: c’è un pregiudizio su Wattpad e i romance. Ma fin qui è andato tutto bene».
Che rapporto ha con i lettori?
«Mi piace pensare che sia rimasto lo stesso di quando mi leggevao online: per loro vorrei essere un’amica più che un’autrice, con cui parlare di tutto».
Con le critiche ha fatto pace?
«Pace mai. Accetto quelle costruttive, non sopporto chi sminuisce l’intera categoria delle giovani autrici di romance nate online».
Perché uno pseudonimo?
«Il mio nome non mi è mai piaciuto... Ecco, ora lo sapranno anche i miei. Mi metteva ansia leggere “Maria Claudia” sui libri. Così ho scelto una sorta di protezione: Hazel Riley suona bene, no?».

E il nick sui social: “cucchiaia”?

«È nato così: da ragazzina ero fan degli One Direction e uno di loro, Liam Payne, scomparso da poco, aveva paura dei cucchiai. Ora me ne vergogno un po’, ma mi è rimasto incollato addosso».
Libri preferiti?
«La saga di Percy Jackson di Rick Riordan, sopra tutti. Poi Mille splendidi soli di Khaled Hosseini, le distopie di Maze Runner, Assassinio sull’Orient express di Agatha Christie, il primo giallo che ho letto da ragazzina. Ma il libro del cuore è Piccole donne».
E il personaggio preferito Jo March.
«Mi rivedo lei.
Da piccola già volevo scrivere e in Jo vedevo il mio stesso desiderio: prima la realizzazione personale, poi la famiglia».
E Aphrodite, la protagonista di “Game of desire”, le somiglia?
«Per niente, se non fosse che da sognatrice è diventata realista, cinica, pessimista. Io sono così: anche nei momenti più belli immagino gli scenari peggiori. Per fortuna, come Aphrodite, ho tanti amici che sognano per me e mi dicono “dai che andrà tutto bene”».
E la passione per i miti greci?
«Alle medie mi piaceva l’epica e non ho mai smesso di leggerla. La cosa buffa è che al liceo però ho scelto lo scientifico proprio perché temevo il greco. E in Grecia non sono ancora mai stata, aspetto qualcuno che mi ci accompagni. Quando descrivo le sue spiagge visualizzo quelle sarde».
Perché il genere romance?
«Perché racchiude tutti i tipi di amore: di coppia, familiare, di amicizia. Viviamo in un mondo in ce n’è così poco di amore che trovarlo nei libri è di grande conforto».

Cos’è per lei amore?
«Rispetto anzitutto. Un concetto che invece purtroppo si è perso, basta vedere i fatti di cronaca».

A proposito, nel libro si parla di consenso.
«Il “no” di una donna oggi conta molto meno del “no” di un uomo: una follia. Io non scrivo libri per educare gli adolescenti, devono pensarci le famiglie e la scuola, ma voglio trasmettere un messaggio sano d’amore, non tossico».
Nei suoi libri c’è il tema del gioco. A lei piace vincere o sa perdere?
«Ah no, io non gioco mica per partecipare. E pur di vincere appena posso baro, come i miei protagonisti. A Cluedo ad esempio il trucco sta nel guardare come gli altri giocatori muovono le mani mentre segnano gli indizi sul block notes: vinco sempre».

“Game of Gods”, il suo primo libro, sarà un film. Lei quali guarda?
«Adoro Tim Burton. Tra le serie How I met your mother e Dr. House, che è un po’ uno Sherlock Holmes, anche se sono svenuta due volte a vederlo. Di solito, però, preferisco leggere».
Che libri ha ora sul comodino?
«Un romance, un thriller e L’amica geniale di Elena Ferrante».