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 2025  aprile 20 Domenica calendario

Gli editori italiani preferiscono le partigiane e le gite in bicicletta nei luoghi dove si combatteva

Quando è moda, è moda. Quest’anno, nelle pubblicazioni dedicate alla Resistenza, spopolano le storie al femminile. Che sia un doveroso recupero di vicende soffocate dal patriarcato nel dopoguerra? Che sia una necessità commerciale? In fondo i dati dimostrano, da anni, che le donne leggono di più. Probabilmente entrambe le cose. Certo, fa un po’ impressione la pila di libri dedicati alle eroine della Seconda guerra mondiale. Attenzione: non è un discorso di qualità. Nella pila, ci sono libri belli e meno belli. In ogni caso, sempre onesti e mai pretestuosi. È una questione di tendenze editoriali e di interrogarsi sul loro significato.
Che le donne siano state partigiane e abbiano combattuto con coraggio, non è certo una novità. Chi non ricorda le pagine della Fallaci dedicate alla sua pericolosa esperienza di staffetta partigiana? Era il 1944. Firenze era occupata dai nazisti. La Fallaci, quindicenne, trasportava armi e messaggi da una parte all’altra dell’Arno. Il padre fu incarcerato, la madre intervenne e ne ottenne la liberazione dai fascisti agli ordini di Mario Carità, passato alla storia come torturatore spietato.
Sappiamo anche come andò nel dopoguerra. Leggiamo ad esempio cosa scrive la giornalista e saggista Mirella Serri in Uomini contro (Longanesi), libro del 2023: «Le donne avevano militato fianco a fianco nei Gap partigiani, condiviso per giorni gli stessi spazi dentro cantine umide... eppure furono proprio i compagni i primi ad abbandonarle e tradirle. Quando si trovarono a occupare una poltrona in Parlamento, gli uomini che avevano beneficiato delle capacità delle donne a combattere contro i fascisti anziché fare loro posto abbandonarono gli ideali di eguaglianza di genere e operarono varie forme di ostruzionismo che limitarono la presenza femminile in politica. Nilde Iotti, per esempio, fu lasciata sola dai suoi ex compagni, e ritenuta “umorale femminile” subì attacchi che le piovvero addosso da ogni settore della politica».
Vediamo qualche titolo. Non tutti, per evitare di fare la lista della spesa. Sono libri che vi consigliamo, a partire da L’aquila nera(Marsilio) di Anita Likmeta che ci presenta l’Albania occupata dagli italiani ma anche italiani impegnati a liberare l’Albania. Chiara Polita in Di fulmini e tempesta (Marsilio) racconta la guerra partigiana nel Veneto orientale, vista dagli occhi della protagonista Maria, costretta a prendere le armi contro i fascisti. Bruno Maida dedica un toccante ritratto biografico a Lidia Beccaria Rolfi, staffetta partigiana deportata a Ravensbrück in Non si è mai ex deportati(Einaudi). Di ampio respiro Compagne(Einaudi) di Bianca Guidetti Serra. Il volume raccoglie le testimonianze di 51 donne che hanno partecipato alla Resistenza. Ne viene fuori una storia unica della militanza femminile in Italia. La staffetta senza nome(Solferino) recupera il nome: Sandra Gilardelli, Ambrogino d’oro nel 2024, staffetta nella Brigata Cesare Battisti operante nel Verbano. I suoi ricordi sonoscritti con l’aiuto della giornalista Jessica Chia. Mesi nei boschi gelati, perquisizioni, lotta e fuga. Aldo Cazzullo ripropone il suo besteller in versione aggiornata: Possa il mio sangue servire. Uomini e donne della Resistenza (Bur). Il titolo è autosplicativo: tra le tante storie, ci sono uomini e donne. In copertina finisce comunque una donna.Liberi e ribelli. L’antifascismo come scelta esistenziale (Einaudi) in copertina presenta invece un partigiano con il fazzoletto rosso (che è il colore predominante in quasi tutti i libri citati, come se non fossero mai esistiti partigiani bianchi o azzurri, anche questo è conformismo). Qui però abbiamo un’autrice, la storica Antonella Tarpino.

Infine, una stranezza, così strana che viene voglia di inforcare la bicicletta: Andare per i luoghi della Resistenza (il Mulino) di Paolo Pezzino. Copertina rossa con donna in bicicletta (si direbbe una staffetta, le staffette si spostavano su due ruote). Se volete fare un pellegrinaggio nei luoghi della Resistenza, e anche imparare qualcosa, è il saggio perfetto. Non c’è niente di infantile o superficiale a dispetto di quello che si potrebbe pensare dalla copertina e dal titolo. Il libro ricostruisce itinerari storici in modo serio e documentato.
Questa carrellata non aveva niente di polemico, anzi: prendetela pure come una serie di consigli per gli acquisti, ce n’è per quasi tutti i gusti e tasche. Tuttavia una riflessione generale si impone, anche perché il panorama è molto più ampio di quello presentato in questa pagina. Alcuni eventi storici del Novecento, eventi chiave, che definiscono l’identità dell’Italia e dell’intera Europa, col tempo sono diventati (anche) una categoria merceologica. Pensate al giorno della memoria: quante cop ertine “emozionanti” con una bambina dietro al filo spinato abbiamo visto nell’ultimo decennio, quanti libri inutili (o addirittura “blasfemi”) sono atterrati sugli scaffali delle librerie perché «bisogna» avere un titolo sull’Olocausto. E quante bandelle abbiamo visto che all’occhio allenato ricordano troppo quelle dei bestseller più terra terra o delle strenne di Natale?
Le mode editoriali sono forse inevitabili. Di certo contribuiscono in maniera decisiva a togliere l’aura ai fatti storici, che diventano una merce tra le merci. Gli editori non sono enti caritatevoli e quindi fanno tutto il necessario per piazzare i prodotti. Non è il caso di fare i moralisti.
Però questa uniformità nella proposta ci dice che la banalizzazione dell’evento che si vorrebbe celebrare è ormai vicina. L’abbiamo già detto ma lo ripetiamo volentieri: c’erano anche partigiani non rossi. Quando diventano di moda?