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 2025  aprile 18 Venerdì calendario

Stop allo smartworking, migliaia di dipendenti in sciopero a Capgemini

Dipendenti in sciopero contro lo stop al lavoro da remoto. È quanto sta accadendo a Capgemini, colosso globale nel settore della consulenza, dei servizi IT e della trasformazione digitale. Secondo quanto riferisce Fiom-Cgil, allo sciopero contro la riduzione unilaterale delle giornate di smartworking, le lavoratrici e i lavoratori di Capgemini hanno partecipato in massa: un’adesione del 70% a livello nazionale, con punte ancora più alte in diverse sedi, a conferma del profondo disagio e della determinazione nel difendere diritti e condizioni di lavoro. Nel nostro Paese, Capgemini impiega poco più di 9mila dipendenti.
L’esito dello sciopero è di rilievo. Secondo Fiom-Cgil, si tratta di percentuali che nel settore informatico non si sono mai raggiunte in passato.
L’elenco delle grandi realtà che hanno adottato il lavoro da remoto è lungo. Alcune hanno poi fatto marcia indietro. In Italia, alcune aziende che hanno ridotto o eliminato lo smartworking hanno affrontato proteste da parte dei dipendenti. Ad esempio, ZTE Italia ha proposto di limitare il lavoro da remoto a un solo giorno a settimana, suscitando la reazione dei sindacati e uno sciopero nazionale il 28 ottobre 2021 contro il ritorno in ufficio deciso dal governo.
«Lo smartworking non è un privilegio, ma uno strumento consolidato di conciliazione vita-lavoro, produttività e benessere organizzativo – dice Fiom-Cgil -. La scelta dell’azienda di ridurre drasticamente le giornate di lavoro da remoto, rappresenta un grave passo indietro nelle condizioni di lavoro dei tanti professionisti che tutti i giorni operano per il successo dell’azienda».
«Rimaniamo basiti dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato durante il webinar che ci risulta poco partecipato: affermare che il passaggio alla nuova policy sullo smartworking sarebbe avvenuto “con grande attenzione al dialogo e alle persone” contrasta apertamente con la realtà dei fatti. Ancora più sconcertante è la motivazione addotta per giustificare i due giorni di rientro obbligatorio: “aiutare chi non ha spazio sufficiente nella propria abitazione”».
Secondo Fiom-Cgil, si tratta di un’affermazione offensiva e irrispettosa della realtà e una problematica che evidentemente l’azienda non si era posta nei quattro anni in cui i lavoratori, con soddisfazione, lavoravano da casa.
L’auspicio è che la forte mobilitazione e partecipazione allo sciopero, facciano riflettere l’azienda nel voler riaprire un tavolo di confronto, su basi e prospettive diverse. Le lavoratrici e i lavoratori, insieme alle organizzazioni sindacali, chiedono con forza che si torni a un dialogo vero, trasparente e rispettoso, per garantire un equilibrio equo tra le esigenze organizzative e i diritti delle persone.