La Stampa, 18 aprile 2025
Mateo Pellegrino: "Dopo l’Inter pronti a fermare la Juve Stimo Vlahovic, papà è il mio idolo"
Mateo è figlio di Mauricio. «Papà è il mio idolo... Sono un ragazzo fortunato», dice il giovane attaccante del padre, ex difensore di Barcellona, Valencia, Liverpool. La famiglia Pellegrino va oltre il calcio: valori e vita condivisa in ogni suo angolo, non solo la casa Argentina.
A Parma, la sera di Pasquetta, arriva la Juventus...
«E noi siamo pronti».
Pronti a 90’ come quelli che vi hanno visto sfiorare il colpo con l’Inter?
«Da 0-2 a 2-2: incredibile, ma meritato. E se l’avessi buttata dentro...».
Se l’avesse buttata dentro, a Napoli le avrebbero già dedicato una statuetta nel presepe di San Gregorio Armeno.
«Ci sono andato vicino, peccato: forse ho sbagliato, ma è andata così».
Inter e poi Fiorentina, a Firenze: due pareggi ricchi di belle cose.
«Siamo pronti perché stiamo bene e le ultime due gare ci hanno trasmesso una grande fiducia».
Mateo Pellegrino che tipo di centravanti è?
«Fisico, di cuore. Mi piace stare là in mezzo, mi piace sacrificarmi per i compagni».
Là in mezzo i numeri nove, ormai, ci stanno poco.
«Il calcio moderno ha un po’ cambiato il modo di fare l’attaccante: oggi si parla più di dialogo con il resto della squadra, di legare i reparti, di muoversi su tutta la linea offensiva: io amo l’area di rigore».
La sera di Pasquetta, a Parma, arriva la Juve con un Vlahovic diverso.
«Lo stimo, molto. E lo seguo dai tempi della Fiorentina: in Argentina trasmettono molte partite del campionato italiano, soprattutto la mattina: ero un appassionato, incollato alla tv».
Vlahovic e poi?
«Ammiro Haaland. E so benissimo il ricordo che ha lasciato uno come Crespo da queste parti: belle le sue parole quando a fine gennaio sono diventato un giocatore emiliano».
Fisico e di cuore. I due gol al Toro sono stati il suo biglietto da visita.
«Una gioia enorme. Mi sono sentito bene: una doppietta, in Italia, in pochi minuti e alla terza presenza in Serie A. Non potevo cominciare meglio».
Si è concesso qualche ora alla batteria per festeggiare?
(sorride) «No… La batteria la suonavo in Argentina, l’ho lasciata là».
Due gol al Toro e, ora, la Juve. Come si traduce par condicio da voi?
«Visto il loro derby, magari i tifosi del Toro tiferanno per noi: per me conta solo arrivare alla salvezza, non ho altri obiettivi».
Lei attaccante, papà difensore…
«Da voi i difensori sono i più bravi: qualche consiglio papà me lo ha dato e me li darà viste le sue tante sfide con i club italiani».
Chi sceglie la Serie A da ventenne, poco più, lo fa perché sa che può crescere dal punto di vista tattico come da nessun’altra parte. Ci ha pensato?
«Sì, venire qui è stata la scelta giusta e più logica per me e per le mie conoscenze: bello mettersi alla prova in una realtà tanto complicata e difficile».
Il Parma gioca bene, troppo bene per chi deve pensare a salvarsi: in giro si dice così guardando le vostre fatiche.
«Giochiamo bene, è vero. Ma adesso servono i punti, anche con i denti: per questo dobbiamo fermare la Juve».
Mateo attaccante, Mauricio difensore: a chi la palla?
«Come ho detto, papà è il mio idolo».
Lei è cresciuto in giro per il mondo dietro alla famiglia…
«Sì, un arricchimento. In Italia sono stato a Como quando mio padre era il vice di Benitez all’Inter, ho vissuto a Liverpool, Valencia è stata la casa di papà per molto tempo. Parlo inglese, spagnolo, francese, già un po’ di italiano, ma mi sento argentino».
Mauricio Pellegrino è arrivato due volte a un passo dal tetto d’Europa: Valencia-Real Madrid e Valencia-Bayern Monaco, finali Champions, perse, una dopo l’altra.
«Quel Valencia ha scritto la storia».
Valencia-Bayern Monaco, papà sbaglia l’ultimo rigore della serie a San Siro e la coppa 2000-01 finisce in Baviera.
«Lo amavano e hanno continuato ad amarlo: mi ha raccontato del suo rientro in città, era distrutto, amareggiato, deluso per la sconfitta, ma mai solo. Ripeto, quella squadra ha scritto la storia di Valencia, dopo arrivò la Liga e una coppa».
Lo amavano perché giocava con il cuore…
«Il suo più grande insegnamento è proprio questo: gioca dando tutto te stesso, con correttezza e coraggio. Un messaggio che ho fatto mio».
Mateo gioca all’attacco, della Juve e della salvezza. Mauricio giocava in difesa e ora allena il Lanus. Una famiglia che va oltre il calcio.