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 2025  aprile 18 Venerdì calendario

Il fratello di Resinovich denuncia i periti dei pm. Visintin rientrato a casa

«Troppi errori, omissioni, contaminazione dei reperti che hanno pregiudicato l’accertamento della verità». È questo il motivo che ha spinto Sergio Resinovich, fratello di Liliana, la 63enne trovata morta il 5 gennaio 2022 nel bosco dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, a decidere di «denunciare all’Ordine dei medici i due consulenti della Procura che hanno svolto il primo esame di medicina legale sul cadavere» di Lilli. La prima perizia medico legale, effettuata sul corpo della donna scomparsa la mattina del 14 dicembre 2021 e ritrovata 20 giorni dopo in due sacchi neri, aveva stabilito che la 63enne si fosse suicidata. Quindi la procura aveva chiesto l’archiviazione del caso, respinta dal gip Luigi Dainotti che a sua volta aveva chiesto nuove indagini, presentando un lungo elenco di punti da approfondire. Tra questi anche la richiesta di una nuova consulenza medico legale, affidata poi all’anatomopatologa Cristina Cattaneo. Perizia questa che aveva ribaltato i primi risultati: Liliana era stata uccisa da qualcuno dopo essere stata picchiata ed era morta per «asfissia meccanica esterna». Quindi la riapertura del fascicolo – con un nuovo pm titolare delle indagini, Ilaria Iozzi – per omicidio e un solo indagato, al momento: Sebastiano Visintin, il marito della vittima.
LA PARTENZA
Il 73enne è tornato a Trieste, dopo quattro giorni passati in Austria. Era partito lo scorso sabato mattina, appena la notizia della sua iscrizione al registro degli indagati era stata resa nota. «Non sto bene – ha detto l’uomo – ero in montagna, sono andato a trovare amici, mi sono riposato e ora sto facendo i miei lavoretti». «Liliana manca tanto», ha aggiunto. E sulle indagini in corso ha spiegato: «Sono a disposizione, non mi nascondo». Intanto altri utensili da taglio – oltre a quelli presi da casa sua nella perquisizione della scorsa settimana – sono stati scoperti due giorni fa nella macchina di Liliana, che era parcheggiata nei pressi dell’abitazione. Visintin ha dichiarato che non sono suoi e che lui non li aveva ancora visti perché fuori città. «Un signore che abita qua mi ha detto che me li avrebbe lasciati in auto – ha spiegato – poi» dopo averli affilati «li lascerò di nuovo qua. Tante persone me li lasciano qui perché non sono quasi mai a casa». Il marito di Liliana fa l’arrotino ed è quindi in possesso di molti coltelli e lame che però non appartengono effettivamente a lui. È questo il motivo per cui molti di quelli (circa 700) sequestrati dagli agenti nella sua abitazione la scorsa settimana – oltre a maglioni e guanti – non verranno analizzati per essere comparati con i tagli delle estremità del cordino stretto intorno al collo della vittima per fermare le due buste di plastica sulla sua testa.
GLI ERRORI
Ma torniamo agli errori di cui parla il fratello della 63enne, alcuni dei quali sono stati sottolineati nelle 240 pagine di super perizia dell’anatomopatologa Cattaneo. In primo luogo i lividi sul corpo di Liliana e la frattura di una vertebra. Per la prima consulenza non causate dall’intervento di un’altra persona, per la super perizia il segno evidente di percosse. Poi le nuove formazioni pilifere trovate, che potrebbero essere utili a inchiodare l’assassino. E ancora. Il dato più certo per stabilire il momento esatto della morte – la temperatura corporea della salma quando viene trovata -, nel caso Resinovich è mancante perché il 5 gennaio 2022, chi è intervenuto in quel bosco non lo ha rilevato. Una mancanza – precisava la perizia – che «rappresenta una criticità del tutto insormontabile». Altro elemento per stabilire il periodo della morte – che poi grazie alle tracce della colazione ancora nello stomaco è stata datata nello stesso giorno della scomparsa – sarebbe stato lo studio del «microbioma cadaverico», reso però impossibile dal momento che il corpo di Liliana rimase sei giorni in una stanza dell’obitorio a temperatura ambiente non nota, compromettendo in questo modo un esame preciso».
Per Sergio si tratta di errori che «vanno sanzionati», perché «hanno pregiudicato l’accertamento della verità, per oltre tre dolorosi anni». Il fratello di Lilli ha anche annunciato che intende chiedere «di sentire in merito i professori Fineschi e Cattaneo e il dottor Barisani di cui dovranno essere acquisite tutte le osservazioni tecniche depositate nel fascicolo e le interviste pubbliche rilasciate». Una decisione, quella di denunciare i periti all’Ordine di appartenenza, «perché non succeda mai più», ma anche perché «mia sorella – ha concluso Sergio – merita assoluto rispetto».