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 2025  aprile 18 Venerdì calendario

Diritti umani sempre più in crisi: per l’Egitto progressi zero

«Nessuno sforzo di pubbliche relazioni da parte del governo egiziano cambierà la realtà della grave crisi dei diritti umani nel Paese» ha dichiarato Amr Magdi, ricercatore di Human Rights Watch il 31 gennaio scorso, tre giorni dopo la Revisione Periodica Universale (Upr) del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sulla situazione in Egitto. Eppure il Paese compare da tempo nella lista italiana dei cosiddetti Paesi di origine sicuri e ora è anche nell’elenco presentato mercoledì dalla Commissione europea che permetterà di trattare le domande di asilo di cittadini di quella provenienza con una procedura accelerata. Verosimilmente perché – si sostiene le loro richieste di protezione potrebbero essere infondate. «Dall’ultimo esame periodico sull’Egitto nel 2019 (fino a oggi), il governo del presidente al-Sisi ha compiuto pochi progressi o nessuno in materia di diritti umani», ha denunciato Human Rights Watch sottoponendo all’esame dell’Upr una propria relazione. «Le autorità hanno continuato a detenere e punire chi avanzava critiche pacificamente. Le agenzie di sicurezza hanno continuato a compiere abusi, torturare e trattenere i dissidenti in isolamento per lunghi periodi». E, questione rilevante nella discussione sui Paesi “sicuri”, «decine di attivisti egiziani vivono in esilio, temendo detenzione e persecuzione in caso di ritorno in Egitto», mentre «le autorità hanno continuato a vessare e trattenere parenti di dissidenti all’estero». In occasione della sessione di Revisione Periodica Universale presso l’Onu a gennaio il Ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha dichiarato che in Egitto non ci sono abusi, e che il governo ha compiuto «progressi notevoli su tutti gli aspetti». Peccato che, come da più parti è stato fatto notare, proprio nelle settimane precedenti le autorità avessero intensificato la campagna repressiva contro difensori dei diritti umani e giornalisti, anche per l’avvicinarsi

dell’anniversario della Rivoluzione del 25 gennaio 2011, periodo spesso segnato da una stretta contro i dissidenti. «È una vera ironia che il governo egiziano abbia lanciato la repressione poco prima della sua apparizione davanti al Consiglio per i diritti umani», aveva dichiarato Mahmoud Shalaby di Amnesty International alla vigilia della revisione. In vista della seduta, l’organizzazione in un documento ha espresso «preoccupazione per il diritto alla libertà di espressione, per quelli di associazione e di riunione pacifica, per le detenzioni arbitrarie e i processi iniqui, per i diritti dei rifugiati e dei migranti, per le sparizioni forzate, la tortura e altri maltrattamenti». (…) L’Egitto – entra nel dettaglio Amnesty – ha «accettato le raccomandazioni (precedenti) volte a garantire il giusto processo e a salvaguardare il diritto a una difesa adeguata, anche nei casi legati al terrorismo», ma «in realtà, le autorità hanno continuato a fare un uso improprio del sistema giudiziario penale e della legislazione antiterrorismo per detenere arbitrariamente». (…) La lista delle violenze non può che riportare alla memoria in chi la legge dall’Italia – la vicenda del giovane ricercatore Giulio Regeni, ritrovato morto alla periferia del Cairo nel 2016. «Torture e altri maltrattamenti sono diffusi nelle carceri, nelle stazioni di polizia e nelle strutture dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale» conclude Amnesty International. «Tra i metodi documentati figurano percosse, scosse elettriche, sospensione per gli arti, isolamento indefinito, violenza sessuale, negazione deliberata di cure mediche».