corriere.it, 17 aprile 2025
Donna morta dopo l’asportazione del neo, assolto il medico Paolo Oneda perché «il fatto non sussiste»
Assolto, nel merito, «perché il fatto non sussiste». Così ha deciso la Corte d’assise d’appello di Milano nel processo di secondo grado «bis» a carico del medico bresciano Paolo Oneda, chiamato a rispondere della morte di Roberta Repetto: quarantenne di Chiavari, in Liguria, morì nell’ottobre 2020 per un melanoma ormai in metastasi.
Per l’accusa a causare il decesso fu l’asportazione di un neo, praticata da Oneda su un tavolo da cucina del centro olistico Anidra di Borzonasca, in provincia di Chiavari, fondato e gestito dal «guru» Paolo Bendinelli. Senza praticarle alcuna anestesia e senza effettuare alcun esame istologico. Secondo quanto emerso nel corso delle indagini l’agonia della donna durò due anni, fino al decesso all’ospedale San Martino di Genova il 9 ottobre 2020. In quel lungo periodo di tempo la 40enne, secondo l’accusa, aveva aggiornato i due uomini sulle proprie condizioni di salute, in peggioramento. Oneda e Bendinelli, secondo quanto contestato dalla procura di Genova, le avrebbero però suggerito di curarsi con tisane zuccherate, meditazione e immersioni purificatrici nel fiume anziché indirizzarla verso un ospedale.
Sotto la lente era finita poi l’intera gestione del centro: secondo gli investigatori la compagna di Oneda, la psicologa Paola Dora, avrebbe indirizzato alcune donne fragili verso la struttura, a cui gli ospiti avevano accesso dietro il pagamento di un corrispettivo in denaro. La stessa Repetto avrebbe versato 60 mila euro. I ragazzi e le ragazze ospiti lavoravano poi all’interno dell’agriturismo come camerieri, donne delle pulizie, cuochi, giardinieri e contadini. Erano costretti al digiuno e sarebbero stati inoltre costretti avere rapporti sessuali con i dirigenti della struttura.
Dora e Bendinelli erano già stati assolti. Oneda, già dirigente medico dell’ospedale di Manerbio di Brescia, era stato condannato in primo grado a 3 anni e 4 mesi per omicidio colposo in primo grado, poi a un anno e 4 mesi nel primo appello, annullato su ricorso della difesa (gli avvocati Alberto Sirani e Giovanni Motta) dalla Cassazione che ne ha disposto un altro. Ora i giudici milanesi hanno invece assolto il medico bresciano, perché «il fatto non sussiste».
Netta la reazione della sorella della donna, Rita Repetto: «La colpa della morte di Roberta è di Roberta. Io ribadisco la mia assoluta vergogna di vivere in questo Paese».