Corriere della Sera, 17 aprile 2025
Petrillo: gare maschili e femminili, tutti mi rifiutano e così è ingiusto
Vola fra polemiche e discussioni da quella sua prima gara nel genere femminile sulle piste di atletica paralimpiche, prima, e olimpiche poi. Da queste ultime è stata esclusa. In qualche caso anche con paura: «Accadde prima di una gara masters in Polonia. Gli organizzatori e la polizia mi avvertirono che c’erano state minacce verso di me, anche di morte, se avessi partecipato. Mi sembrava assurdo, ma alla fine cedetti». Ai campionati italiani paralimpici invece cominciò la sua strada nel genere al quale, da sempre, sente di appartenere. Era il settembre del 2020, a Jesolo.
Valentina Petrillo, sprinter ipovedente, agli scorsi Giochi di Parigi è stata la prima, e finora unica al mondo, atleta transgender a partecipare a una Paralimpiade. È abituata ad affrontare esclusioni e discriminazione, ma la sentenza della Corte suprema britannica la colpisce: «Fa molto male. Una pugnalata. In un mondo ideale ogni persona dovrebbe essere libera di autodeterminarsi. L’errore sta alla base. In primo luogo, quello di essere catalogati alla nascita. Poi non poter cambiare questa registrazione. Non riesco a capire l’accanimento di certi organi, Stati o persone verso il percorso di affermazione di genere di una persona».
Nata a Napoli nell’ottobre del 1973 con la sindrome di Stargardt, vive a Bologna da quando aveva 20 anni, trasferitasi per seguire una scuola specializzata per chi ha problemi di vista. Si innamorò della corsa grazie a Pietro Mennea: «Lo vidi vincere l’oro a Mosca. Una folgorazione». Già allora però sentiva che qualcosa doveva cambiare: «Vivevo in un mondo mio, ma non volevo dare segnali della femminilità che sentivo e tenere questo segreto solo fino alla morte. Pensavo di deludere i miei genitori, i pregiudizi mi bloccavano». A Bologna ha sposato Elena, con la quale ha avuto un figlio, Lorenzo: «La persona più importante della mia vita». Il coming out nel 2018, dopo dubbi e sofferenza: «Avevo paura che quella confidenza così intima, che riguardava me, ma certamente avrebbe avuto impatto anche su di loro, potesse creare sofferenza. Fui sostenuta e fu importante».
La questione è complessa Esistono corpi nella fisionomia riconducibili a quelli femminili, ma hanno cromosomi tipici del genere maschile
Anche a Parigi ci sono state polemiche sulla sua partecipazione. Arrivate anche da J.K. Rowling, la scrittrice di Harry Potter, fra le sostenitrici del ricorso che ha portato alla sentenza britannica. La definì «cheat», imbrogliona: «Le risposi che ero meravigliata: proprio lei che nei suoi libri ha inventato un gioco, il Quidditch, dove non ci sono divisioni per genere. E comunque io sono all’interno delle regole». World Para Athletics, infatti, riconosce la possibilità di partecipazione a una persona che è legalmente riconosciuta come donna. E Petrillo dal 2021 è legalmente donna per lo Stato italiano. Con il paradosso che a livello olimpico, non può partecipare alle gare femminili, in quanto atleta transgender, e nemmeno a quelle maschili, perché sulla carta di identità alla casella di genere ha la f.
«Mi chiedo perché faccio paura. Io come tutte le persone transgender. Trovo ingiusto subire discriminazioni, anche violente. Per questo ho voluto raccontarmi nel docufilm “5 nanomoli” prima e in un libro poi». In «Più veloce del tempo» (Capovolte edizioni) racconta quello che definisce il suo «viaggio verso la felicità»: «Una parola bellissima. Ogni persona dovrebbe cercarla, ma si vorrebbe impedire che alcune possano raggiungerla». La sentenza è per lei un passo indietro rispetto ai diritti: «Non ci sono neppure i fondamenti scientifici. Esistono infatti corpi che nella fisionomia sono riconducibili a quello femminile, ma hanno cromosomi tipici del genere maschile». Si meraviglia del fatto che questa sentenza nasca da un ricorso di donne: «Un paradosso. La sentenza, oltre che discriminare le persone transgender, fa male alle donne biologiche, se così vogliamo definirle seguendo la sentenza, perché le relega per l’ennesima volta su un livello non paritario con l’uomo, ma implicitamente inferiore. Io dico: donne, stiamo unite. Questa è la nostra lotta per i diritti».