la Repubblica, 17 aprile 2025
Louise Erdrich: “Questo tempo oscuro è da realismo magico”
C’è qualcosa di segreto e struggente nei romanzi di Louise Erdrich, la scrittrice nativa americana premio Pulitzer per la narrativa nel 2021 con Il guardianonotturno. Erdrich, 70 anni, è un membro della tribù Ojibwa. Da Minneapolis, nel Minnesota, dove vive con le figlie e gestisce la libreria indipendente Birchbark Books, ha lottato tutta la vita per difendere la libertà attraverso il racconto delle minoranze. Autrice di una ventina di romanzi, di racconti per bambini e raccolte di poesie, è tornata nelle librerie italiane con La grande piena, una storia che intreccia le vicende della giovane Kismet ai paesaggi del Nord Dakota, la crisi finanziaria del 2008 all’emergenza climatica.
Eldrich risponde da un America trumpiana che, dice, «sta vivendo uno spaventoso punto di svolta».
Ha abituato i suoi lettori a storie che legano i grandi temi universali ai destini dei suoi personaggi.
Come Thomas, il protagonista de Il guardiano notturno, che lotta disperatamente contro la cancellazione della sua tribù; come LaRose, l’indimenticabile bambino del romanzo omonimo che viene ceduto a un’altra famiglia per rimediare a un terribile incidente.
Come Geraldine e Joe, madre e figlio inLa casa tonda, con il quale ha vinto il National Book Award: come raccontare lo stupro attraverso gli occhi di un tredicenne? Adesso tocca a Kismet, a sua madre Crystal, ai giovani Hugo e Gary.
Il Nord Dakota per Erdrich, come l’immaginaria contea faulkneriana di Yoknapatawpha, diventa l’intero mondo. E non è un caso che un grande scrittore come Philip Roth l’abbia paragonata proprio a William Faulkner: «Come lui testimonia la conoscenza buia del proprio luogo di origine: dobbiamo considerarla tra i più grandi scrittori americani in assoluto».
Eldrich, l’America le fa paura?
«Abbiamo avuto molti momenti decisivi nel nostro Paese. Ne stiamo vivendo uno ora. E fa molta, moltissima, paura. Non riesci a pensare ad altro».
Servirebbe un tocco del suo realismo magico?
«Non so se il mio sia realismo magico. Credo però che la situazione politica in America in questo momento sia una forma oscura di realismo magico. Quella che sta prendendo piede è la credenza ambigua che distruggere le istituzioni costruite in oltre duecento anni sia in qualche modo positivo».
Cosa la spaventa di più?
«Innanzitutto il rifiuto della scienza e della storia. Pensare che una medicina a base di vermi usatasugli animali curerà malattie umane pericolose è spaventosa».
Adesso il tema sono i dazi.
«L’idea che avviare una guerra commerciale migliorerà l’economia di qualcuno è altrettanto incredibile e assurda.
Così come la distruzione della memoria che consente di alienareamici che hanno combattuto al nostro fianco e alleati internazionali che amiamo».
Lei scrive del Nord Dakota, raccontando, attraverso gli indiani d’America, le minoranze di ogni tempo anche se ne “La grande piena” non tutti i personaggi sono nativi. Nel 2020, Trump ha tentatodi cancellare i Wampanoag.
«Sì, è vero. Anche se ne La grande piena non tutti sono nativi americani, i miei libri raccontano personaggi che come me sono membri della tribù Turtle Mountain degli Ojibwe. Quella è la mia prospettiva. Tutto quello che sta accadendo in questo momento storico deve farci riflettere».
Pen America ha denunciato la crescente censura dei libri nelle biblioteche e nelle scuole americane, da Atwood a Orwell.
Birchbark Books, la libreria che ha fondato a Minneapolis, è un luogo di resistenza?
«Sì lo è. Lo sono tutti le librerie.
Luoghi speciali di conoscenza, certo. Ma anche di condivisione, di gioia e certamente di resistenza in certi momenti più che in altri».
Il clima è un tema centrale ne “La grande piena”. In generale la natura è una delle protagoniste della sua narrativa. Cosa stiamo facendo al nostro pianeta?
«Nella nostra cultura di nativi americani, il rispetto per la natura è un elemento centrale: niente è nostro o ci appartiene. Tutti sanno cosa stiamo facendo al nostro pianeta e tutti possono decidere di fare qualcosa. Possiamo fare ancora la differenza».
Kismet è una giovane donna consapevole di sé, complessa, con la quale è facile identificarsi. Il corpo delle donne è ancora un campo di battaglia?
«Controllare i corpi delle donne è una storia antichissima. Sia che a muoverli sia il fondamentalismo religioso sia che invece questa foga derivi dallo zelo politico, alcuni uomini sembrano non riuscire a superare questa prospettiva di lotta. Che è una lotta misera».
Cosa può fare la differenza?
«La differenza possono farla proprio loro, gli uomini. Amo quelli che combattono per le donne e con le donne».
La storia di LaRose, il bambino che viene donato a un’altra famiglia nel tentativo di risarcire l’omicidio accidentale di un suo coetaneo, è rimasta impressa.
Difficile da digerire in Occidente.
Cosa ci insegna?
«La tradizione nativa del bambino offerto per alleviare un dolore è vera. LaRose è un piccolo eroe. Ci insegna che siamo più forti come individui quando serviamo gli altri in qualsiasi modo possiamo».
Thomas ne “Il guardiano notturno” rappresenta invece la memoria e il coraggio. Cosa significa oggi preservare la memoria?
«La memoria è tutto, per quanto mi riguarda. Preservare la memoria, farla diventare storia, è un processo che necessita di una attenzione continua. Basta pensare che sono i dittatori quelli che cercano di cancellarla».
Perché lo fanno?
«Perché hanno bisogno di costruire un mondo fantastico che metta insieme molti capri espiatori: è il loro modo di sfuggire alle responsabilità o alle colpe. O a entrambe le cose».