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 2025  aprile 17 Giovedì calendario

Federico Basso: "Ero un ragazzo schivo, facevo il catechista Con Emilio Fede ho capito che ero un comico"

A 50 anni, ovvero dal minuto uno del 2025, Federico Basso si è preso tutta la scena. Ha spento le candeline della torta – il suo compleanno cade il 1 gennaio –, poi è andato a Lol 5, l’ha vinto, ha debuttato a Only Fun su Nove, ha «rotto internet» (ha oltre 300 mila follower) e ora punta a sbancare pure Comedy Match, il programma di improvvisazione comica in onda dal 1 maggio su Nove. «Voglio essere un messaggio di speranza: ho 50 anni e va tutto bene», scherza divertito il comico torinese, «ho una chat di coscritti: amici che, come me, compiono quest’anno il giro di boa contando i minuti e le ore che li separano dalla tragedia. Io sono lì a rincuorarli: sono stato il pioniere del cinquantesimo e i risultati sono incoraggianti. Quindi, tranquilli: si può fare».
Il suo secondo tempo della vita non poteva iniziare meglio, anche se lui non si sente assolutamente giovane. Nel suo primo monologo da neo 50enne ha esordito con: «Ho 50 anni, percepiti: 50. È uno dei rari casi in cui l’età anagrafica è quella percepita». Tutti hanno riso ma lui era serio: «C’è questa ossessione per restare giovani o – ancora peggio – apparire giovanili, ma io non ci tengo a diventare il Gianluca Vacchi della comicità. Bisogna arrendersi all’età che avanza: si invecchia e cambiano gli obiettivi. Ora se gioco a padel, la sfida non è più vincere ma tornare a casa con menisco e articolazioni intatti». Eppure se c’è un pubblico che lo adora sono proprio i giovani: li ha conquistati sui social, con la sua comicità più di testa che di pancia. «Molti credono che fare stand up comedy sia parlare di temi scomodi con un linguaggio volgare. Non sono d’accordo, anzi, penso che quando condisci un piatto con troppe spezie poi non si senta più il sapore. Il linguaggio scurrile viene spesso usato come una punteggiatura per stimolare il pubblico quando non è richiesto e questo rischia di uccidere una buona idea». Una delle sue regole è: rifare la stessa battuta, togliendo le volgarità. Se fa ridere lo stesso, allora è riuscita. La seconda: studiare. Sempre. Prima di approdare sui social, ha visionato centinaia di video per trovare la chiave giusta con cui proporsi, senza snaturarsi. «Una battuta te la possono rubare. Un punto di vista no. Per questo, in 20 anni di carriera, ho sempre cercato di creare il mio tipo di umorismo, che è soprattutto concettuale». Un talento con il quale spera di fare la differenza a Comedy Match: «È un programma difficile, perché si basa sull’improvvisazione, ma dove mi e ci divertiamo moltissimo: è una grande festa tra amici, il cui premio finale è solo un pretesto per giocare tra noi».
E dire che lui, all’inizio, non pensava di fare il monologhista. Studente schivo, al centro della scena suo malgrado («ero altissimo e il mio cognome non aiutava»), da ragazzo si sentiva «il Garrone del libro Cuore». Non era mai l’anima delle feste, né un agitatore di popoli che scioperava nelle piazze: «Frequentavo più l’oratorio che i centri sociali. Facevo il catechista e il mio grande orgoglio fu portare alla cresima un’intera classe. È successo però una volta sola...». Torinese doc, con papà cuneese, trascorreva le sue estati nelle Langhe: «I miei ricordi sono molto diversi dall’immaginario vip che spopola adesso. Passavo i pomeriggi a fare balle di fieno e a dare da mangiare agli animali. Ricordo ancora con terrore la raccolta delle noci: massacrante. Per carità, bello il Fanciullino di Pascoli ma preferisco quello metropolitano, più rilassato». Per lavoro si trasferisce poi a Milano dove lavora, per sette anni, come montatore, dietro le quinte del Tg di Emilio Fede. «Più che un mestiere è stato un corso di sopravvivenza: facevamo i turni anche di notte, Fede cambiava scaletta ogni due per tre, e in più gli studi di Milano 2 erano due piani sotto terra». Non faceva mai il verso a Fede («ci pensava già Striscia») ma sapeva sdrammatizzare le (tante) situazioni estreme al punto che tutti gli ripetevano che sarebbe stato un grande comico. Così alla fine ci ha provato davvero. Scoperto da Zelig, ha inanellato vent’anni di successi, spaziando dai monologhi al lavoro di autore (compreso il Resto Umile show di Checco Zalone) fino ad aprirsi alle gag sui social. L’unico terreno che non frequenta è la satira: «Ormai è tutto una polemica: si cavalcano i pareri discordanti solo per avere più follower. Io invece non voglio dividere il pubblico. Non mi importa che le persone tornino a casa avendo scoperto chissà quale verità grazie al mio spettacolo: mi basta regalare loro un sorriso e un po’ di leggerezza».
Ora si prepara a fare divertire il pubblico di Comedy Match, consapevole che avrà a che fare con delle agguerritissime colleghe: tra le new entry, la Giulia Vecchio del Gialappashow. «Finalmente la comicità ha aperto le porte anche alle donne, che sono bravissime: la risata non mente». Non a caso, l’altra sua regola d’oro è: «L’applauso d’uscita deve essere più forte di quello all’entrata, dato sulla fiducia».