Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  aprile 17 Giovedì calendario

Gaza, Katz: “Mai più camion di aiuti, le truppe resteranno”

“Fatemi uscire da qui”: a poco è servito l’appello di Rom Braslavski, uno dei 59 ostaggi (24 vivi) ancora detenuti nella Striscia, di cui la Jihad islamica ha diffuso un video ieri. Il governo di Benjamin Netanyahu ha intenzione di proseguire la guerra fino alla capitolazione di Hamas, almeno quella diplomatica e politica, se non quella militare. Il ministro della Difesa di Tel Aviv Israel Katz ha detto che le truppe resteranno “indefinitamente” a occupare territorio a Gaza, in Libano e pure in Siria, e ha anche chiarito che Israele non ha alcuna intenzione di riprendere il flusso di aiuti umanitari alla Striscia in questa fase. “Come ho detto nella mia dichiarazione, la politica di Israele è chiara e nessun aiuto umanitario entrerà a Gaza”, perché bloccare i camion di cibo, medicine e carburante per il governo è “uno degli strumenti principali” per fare pressione su Hamas. Katz ha anche menzionato il progetto di creare un’infrastruttura per la gestione e distribuzione degli aiuti umanitari in futuro che scavalchi le organizzazioni umanitarie e l’Onu e sia sotto il controllo di Israele o di contractor privati, i cosiddetti piani delle “bolle umanitarie”. Dopo un mese dalla ripresa dell’offensiva nella Striscia, ieri l’Idf ha dato informazioni sullo stato delle operazioni. I militari controllerebbero via terra il 30% del territorio, avendo ucciso 350 miliziani finora (1500 le vittime palestinesi dal 18 marzo, 51 mila totali). Ma l’obiettivo però non è più “sconfiggere Hamas”, come ripete Netanyahu, ma piegarla ad accettare le condizioni di una nuova tregua (l’ultima bozza, rigettata, prevedeva il disarmo dell’organizzazione palestinese). Restano i preparativi per una nuova “offensiva su vasta scala”, che però non è imminente perché i vertici dell’esercito ritengono farebbe collassare ogni sforzo diplomatico.
Non si fermano invece i flussi di armi dagli Usa per Israele. Ieri vari aerei C17 cargo hanno scaricato alla base di Nevatim bombe da 900 kg Mk-84 e missili per le batterie Thaad, per rifornire gli arsenali israeliani in vista della prosecuzione del conflitto, o di un ipotetico attacco all’Iran. Le bombe erano state bloccate da Joe Biden e poi autorizzate da Donald Trump. Si prevede non saranno le ultime.
Gli sfollati sono 500 mila. Medici Senza Frontiere ha paragonato la situazione a Gaza a “una fossa comune”. Il New York Times ha aggiunto un altro tassello dell’inchiesta sull’uccisione di 15 paramedici nella zona di Rafah, durante un intervento di soccorso a marzo, confermando che secondo i referti autoptici 4 operatori sono stati colpiti alla testa. Ieri sono riprese anche le proteste dei palestinesi contro Hamas: in migliaia hanno sfilato a Beit Lahia, nel Nord, per chiedere “pace” e dire “no al terrorismo” e “all’umiliazione di Gaza”, nonostante le intimidazioni.