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 2025  aprile 17 Giovedì calendario

"Ecco cosa ho visto nei video. Non c’è certezza che quella sia Lilly"

È Liliana Resinovich a buttare la differenziata nei cassoni di via San Cilino il 14 dicembre 2021? E poi a passare davanti alla scuola di polizia in via Chiesa? E ancora ad attraversare sulle strisce in piazzale Gioberti? Sulle ultime immagini di videosorveglianza che, secondo la procura ritraggono l’ultimo tragitto di Lilly, si è espressa Sara Capoccitti, criminalista, analista forense, fondatrice del progetto Forensically, che ha condotto una ricerca molto particolare in team con Luca Macerola della Leica.
“Non c’è certezza scientifica per affermare che quella sia Liliana Resinovich”, dice a IlGiornale Capoccitti. Liliana Resinovich è scomparsa da Trieste proprio la mattina di quel 14 dicembre, per poi essere ritrovata morta tre settimane più tardi nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico giuliano. Al momento si indaga per omicidio: unico iscritto nel registro il vedovo Sebastiano Visintin.
Dottoressa Capoccitti, cosa ha esaminato e cosa ha trovato?
“Ho preso in esame tutti e tre i coni che riguardano il percorso di Liliana Resinovich: via San Cilino vicino ai cassoni della differenziata, via Damiano Chiesa nei pressi della scuola di polizia e piazzale Gioberti. Ho trovato che l’altezza della donna inquadrata è compatibile con quella di Resinovich, o almeno quella riportata nell’autopsia: 156 centimetri, ma bisogna ricordare che questo è un dato che caratterizza una persona, ma non la identifica. Ci sono però altre criticità”.
Quali?
“La persona che cammina indossa una mascherina e uno scaldacollo nero, quest’ultimo non era tra gli oggetti repertati al ritrovamento del corpo. In ogni caso il volto della donna ripresa è ricoperto per due terzi. Poi ci sono altri particolari, come la cromia dei pantaloni, che appaiono più chiari rispetto a quelli rinvenuti in reperto. Non abbiamo contezza del perché: se il dato in un fotogramma non c’è, non lo possiamo creare o ricreare”.
Cosa significa?
“Che non c’è certezza scientifica per affermare che quella sia Liliana Resinovich. E non ne conosciamo il percorso esatto, anche perché la sagoma che attraversa in piazzale Gioberti è costituita da un ammasso di pixel. Tra l’altro quella è una telecamera mobile, collocata su un autobus, per cui quando il mezzo svolta non sappiamo quale strada abbia preso quella persona, non possiamo dire con sicurezza che abbia preso la direzione del boschetto. È un’ipotesi, più forte negli altri due coni, che sono più vicini alla casa della donna”.
E poi?
“Sto portando avanti un altro tipo di esame, abbastanza complesso: sto cercando di rintracciare uno schema di movimento nella persona ripresa in via Damiano Chiesa e lo sto mettendo in comparazione con i video in cui Liliana Resinovich cammina, per vedere se è possibile confrontare un pattern motorio. È complesso perché le telecamere non sono nella stessa posizione e nella stessa distanza, per cui è un tentativo che si può fare, ma comunque restano presenti problemi sotto il profilo dell’identificazione. Più facile identificare Gabriella Micheli, che si vede passare un paio di minuti dopo quella che si ipotizza sia Liliana Resinovich: è vestita completamente di nero e ha i capelli biondi”.
Come è giunta a questi risultati?
“Abbiamo prima effettuato una scansione con un laser 3D, in modo da creare una nuvola di punti, ovvero un ambiente misurabile. Dopo di che abbiamo effettuato l’analisi con un software specifico in grado di dare le varie misurazioni incrociando i dati”.
Quanto potrebbe giovare all’indagine un’analisi come questa?
“Molto: qualsiasi elemento seppur piccolo aggiunge dettagli per ricostruire una dinamica dei fatti a quello che potrebbe essere successo. È fondamentale però sapere se alcune informazioni non ci sono o sono state perse in sede dell’acquisizione dell’immagine: non abbiamo contezza di come siano stati acquisiti i file, per cui dall’inizio si sarebbe dovuti partire con una catena di custodia seguendo le regole internazionali che sostanzialmente indicano come si deve utilizzare o trattare un’evidenza digitale”.
"Cosa c’è dietro le ultime immagini di Resinovich. Così si può risolvere il giallo"
In tre casi di cronaca recente, le telecamere di videosorveglianza rappresentano un elemento che possa attestare oppure no la narrazione di un indagato (per il delitto di Pierina Paganelli), oppure l’assenza di filmati impedisce di sapere cosa sia accaduto (nella scomparsa e nell’omicidio di Mara Favro) o la loro presenza mostra invece un omicidio nel momento in cui è avvenuto (nel femminicidio di Sara Campanella). Quanto diventa importante un’acquisizione tempestiva e un’analisi altrettanto tempestiva di questi filmati?
“La tempestività è in relazione alla pervasività del dato informatico rispetto a un’indagine”.
Cosa significa?
“Che sostanzialmente dobbiamo trattare il dato digitale come qualunque altra traccia fisica.
Tempestività e modalità di acquisizione sono fondamentali per non perdere i dati, che invece possono essere impoveriti se non seguiamo le best practice, e quindi il mezzo con cui vengono riprese le scene diventa un mezzo che media la realtà. Ci vuole pochissimo per perdere il dato informatico, ma con le giuste modalità può essere invece cristallizzato, e quindi analizzato all’infinito o quasi”.