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 2025  aprile 17 Giovedì calendario

Allarme di Greepeace: il clima non fa notizia

Allarme visibilità. Dall’emergenza climatica i verdomani di Greenpeace sono passati alla denuncia della (propria) scomparsa dai media e quindi partono all’attacco dai media: frignano perché si sentono come fantasmi a cui nessuno è più disponibile a dare retta.
L’annuncio di ieri era tristissimo: su tv e giornali cala l’interesse sul clima. E quindi la conseguenza è che neanche per loro si aprono varchi sull’informazione. Popolarità a picco.
Non si sa se hanno chiesto soccorso all’intelligenza artificiale per i calcoli da diffondere, ma sono certi che di clima si sia scesi di molto a parlare sui giornali (-47 per cento nel 2024) e sulle televisioni (- 45). Ma come si permettono i media di farci sovrastare dalle guerre…
E così scopriamo che proprio in Italia c’è una intollerabile sottovalutazione dell’emergenza. Il che li porterà ad imbrattare più monumenti? A bloccare più strada? A rovinarci con maggiore frequenza le giornate? Chissà.
La loro denuncia dicono che sia evidenziata dagli ultimi dati del rapporto annuale su media e clima realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace, secondo cui nel 2024 le notizie dedicate al clima hanno registrato appunto un calo del 47% sui quotidiani (con una media di appena un articolo ogni due giorni) e del 45% sui telegiornali (in media un solo servizio ogni dieci giorni) rispetto al 2023.
Poi hanno chiesto anche quante volte “le aziende inquinanti” hanno fatto
pubblicità sui giornali. Orrore, potremmo dire, visto che ci sarebbe un aumento delle inserzioni sui quotidiani (1.284, contro le 1.229 del 2023). Ecco perché, secondo Greenpeace, prevalgono le preoccupazioni per l’impatto economico delle politiche climatiche rispetto alle conseguenze ambientali del riscaldamento globale. La colpa sarebbe dei media che non capiscono.
Lo studio commissionato esamina come la crisi climatica sia stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi e dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7, prendendo in considerazione anche il numero di spazi destinati dai giornali alle pubblicità di aziende del settore del petrolio e del gas, automotive, crocieristico e aereo, e le dichiarazioni dei principali esponenti politici che hanno trovato spazio nel discorso mediatico. Troppo ghiotta l’occasione della “denuncia” per non far partire nuovi allarmi. L’ultimo della serie è questo: «Ogni due secondi sulla Terra scompare l’equivalente di un campo di calcio fatto di foreste; ogni anno finisce in mare una quantità di plastica pari a 12 milioni di tonnellate, pericolo mortale per tartarughe, uccelli, pesci, balene e delfini».
In pratica, un invito a batterci il petto: «Mai come ora il pianeta» sarebbe «in corsa verso il precipizio» prosegue la nota, «ma non è troppo tardi»: l’ong ambientalista e pacifista, «in un contesto in cui politici negazionisti della crisi climatica – come Trump o Javier Milei in Argentina – governano interi Paesi» ha stilato un elenco di proposte per contrastare questa «corsa verso l’autodistruzione».
Lo spettacolo che propongono è terrificante. Nello specifico, propongono di fermare la deforestazione «documentando i crimini ambientali e denunciando le multinazionali che saccheggiano e distruggono i polmoni verdi della Terra»; proteggere gli oceani dalle trivellazioni e dalla pesca selvaggia entro il 2030 «tramite una rete di aree protette»; fermare l’estinzione delle api lottando «contro le grandi multinazionali per la messa al bando dei pesticidi dannosi per le api e gli impollinatori»; azzerare «le emissioni di carbonio entro il 2050».
Allarme il mio mestiere, nostri i soldi che vorrebbero spendere loro.