Sette, 16 aprile 2025
Ci distraiamo ogni 47 secondi: come smartphone e pc stanno cambiando il nostro cervello
Per i più giovani è quasi impossibile immaginare la vita prima che il nostro mondo personale e professionale fosse dominato da smartphone e dispositivi che oggi ci rendono continuamente connessi, accessibili e in balìa di costanti distrazioni e interruzioni. Ma quello in cui viviamo è un contesto molto più dispersivo di ciò che crediamo. Questa frammentazione del nostro tempo e della nostra concentrazione è diventata la norma. Anche se ci siamo adattati con facilità a questa nuova “normalità”, c’è un rovescio della medaglia: sempre più esperti sostengono che ciò ha eroso la nostra capacità di concentrazione.
Era il 2004 quando Gloria Mark, docente di informatica presso l’Università della California, Irvine, iniziò ad osservare un gruppo di lavoratori durante una tipica giornata in ufficio. Utilizzando un cronometro, annotò ogni volta che cambiavano attività al computer, passando da un foglio di calcolo a una e-mail, da una pagina web a un’altra, e così via. Riscontrò che le persone impiegavano in media due minuti e mezzo per ognuno di questi passaggi. Quando nel 2012 fu ripetuto l’esperimento, il tempo medio dedicato a ciascun compito era sceso a 75 secondi. E da allora ha continuato a diminuire, proprio come i tempi di attenzione e concentrazione da quando siamo entrati nell’era digitale, quantificati oggi in 47 secondi: il tempo di attenzione e concentrazione medio che passiamo su qualsiasi schermo.
Chiunque abbia provato a studiare per un esame, a scrivere una relazione o a leggere un libro, sa quanto sia difficile concentrarsi per lunghi periodi di tempo. Anche quando cerchiamo di focalizzarci davvero su un compito, spesso non riusciamo: gli occhi si velano, i pensieri vanno alla deriva. La situazione è ancora più evidente e critica in bambini e adolescenti, che utilizzano con crescente frequenza smartphone e social media. E manifestano agitazione quando non possono accedervi. Dati che vanno a braccetto con quelli del National Institute of Mental Health, secondo cui il 31,9% degli adolescenti soffre di un disturbo d’ansia. In uno studio del 2021 gli psicologi hanno portato in laboratorio utenti soliti a usare lo smartphone nel quotidiano, proponendogli un esperimento che apparentemente non aveva nulla a che fare con questo. Dopo aver collegato i partecipanti a monitor di conduttanza cutanea, che misurano i livelli di eccitazione, hanno tolto loro i telefoni, dicendo che interferivano con le apparecchiature di ricerca. Durante l’esperimento, poi, hanno fatto in modo che ricevessero chiamate e notifiche; i telefoni erano abbastanza vicini da poterli sentire, ma troppo lontani per poterli controllare. Ogni volta che i dispositivi squillavano, i livelli di eccitazione dei partecipanti aumentavano e la concentrazione precipitava, a causa della sensazione di dover rispondere o almeno di dover vedere chi stesse chiamando o scrivendo, senza poterlo fare. In sostanza, gli onnipresenti telefoni e dispositivi digitali richiedono e distruggono al tempo stesso la nostra concentrazione. Secondo molti psicologi e studiosi gli impulsi a distrarsi sono causati dallo stress: un uso più intenso dello smartphone è correlato a livelli più elevati di cortisolo e di altri indicatori di stress. Ad un certo punto l’aumento dell’ansia potrebbe stimolare la fruizione di messaggi e social a prescindere da un segnale acustico o da una vibrazione. Anche quando non ci sono notifiche, quindi, può verificarsi una sorta di impulso interno mosso dall’ansia, automatico e incontrollabile, che ci dice: “Oh, mio Dio, devo controllare!”.
Sappiamo da tempo che le interruzioni ripetute influiscono sulla concentrazione. Già nel 2005 una ricerca condotta dal dottor Glenn Wilson presso l’Istituto di Psichiatria di Londra rilevò che interruzioni e distrazioni persistenti sul lavoro impattano fortemente. Le persone distratte da e-mail e telefonate evidenziavano un calo di 10 punti del loro quoziente intellettivo, il doppio di quanto riscontrato negli studi sull’impatto del fumo di marijuana. Più della metà dei 1.100 partecipanti dichiarò di rispondere sempre a una e-mail immediatamente o il prima possibile, il 21% di loro anche interrompendo una riunione per farlo. Queste interruzioni costanti possono avere lo stesso effetto della perdita di una notte di sonno.