Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  aprile 16 Mercoledì calendario

Gianni Rodari

«Sbagliando s’impara, è un vecchio proverbio» riconosceva con tributo alla sapienza popolare lo scrittore Gianni Rodari, ma, abituato come era a ribaltare tutto e a non accontentarsi delle idee ricevute, voleva esplorare, andare sempre oltre con la forza della mente, e così aggiungeva subito: «Il nuovo proverbio potrebbe essere che sbagliando s’inventa». Un elogio dell’errore molto contemporaneo e capace di saggiare nuove verità. Un’esortazione che lui, da grande scrittore per l’infanzia rivolgeva prima di tutto ai bambini, ma che chiaramente era rivolto a tutti e prima di tutto a sé stesso e agli adulti in genere, convinto che dietro l’errore non si nascondesse solo la possibile rinascita, ma anche la possibilità di una storia e di una scoperta. «Se batto a macchina e scrivo Lamponia invece di Lapponia, ecco che scopro un nuovo Paese profumato che può fare la gioia dei turisti della fantasia».
Lo aveva annunciato, questo pensiero sulla forza maieutica dell’ errore, nella sua unica opera saggistica, Grammatica della fantasia, in cui illustrava il metodo fantastico e fantasioso che lo aveva portato a essere conosciuto e stimato anche all’estero, sia in America che in Russia, e a vincere nel 1970 (unico italiano) il Premio Hans Christian Andersen, il Nobel dei piccoli.
Ma per il resto più che a teorizzare il suo metodo Rodari si era divertito e impegnato a illustrarlo nelle sue molte opere di poesie, filastrocche, nonsense. Rivolgendosi alle nuove generazioni e cercando sempre di metterle sempre al centro della costruzione di nuovi mondi, in una incessante opera di costruzione autonoma della loro immaginazione. Esempi innumerevoli di favole che puntavano a sviluppare un pensiero laterale, sempre sdrammatizzando e puntando al sorriso, ed ecco la storia Inventare i numeri: «Quanto costa questa pasta?», «Due tirate d’orecchi». «Q uanto c’è da qui a Milano?», «Mille chilometri nuovi, un chilometro usato e sette cioccolatini». «Quanto pesa una lacrima?», «Secondo: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la Terra».
Piccole antifavole che si muovevano su un crinale che non faceva distinzione fra letteratura e materie scientifiche, sollecitavano dubbi e domande senza dare risposte azzeccate, ma surreali, che aprivano le porte alla mente più che chiudere cerchi e confezionare certezze. Nasce così il libro di filastrocche al rovescio, il lupo che scappa da Cappuccetto rosso, la bella addormentata che non dorme, spazi aperti ai giochi di parole che eccitano la fantasia non solo infantile, e dove manca la morale finale che per Rodari era «innecessaria». «Con i bambini, nel loro interesse, bisognerebbe stare attenti a non limitare le possibilità dell’assurdo».
Figlio di un fornaio di Omegna, debutta come maestro elementare, studia alla Cattolica e comincia con le sue poesie, già aiutato dai piccoli alunni a correggerle, con la loro fantasia. È stato grande interprete della letteratura per ragazzi – spesso illustrato da Bruno Munari e da Altan: Le avventure di Cipollino, Il libro degli errori, Filastrocche in cielo e in terra, Favole al telefono, Il viaggio di Giovannino perdigiorno, Novelle fatte a macchina, La storia di Marco e Mirko, Il gioco dei quattro cantoni – ma soprattutto, è stato «un meraviglioso intellettuale» secondo la definizione della storica Vanessa Roghi.
In parallelo con le favole, Rodari sviluppa la sua attività di giornalista, prima all’Unità poi a Paese sera, dove interviene in prima pagina sull’attualità con i corsivi firmati Benelux. contribuendo ad alleggerire con la sua ironia molti dei temi pesanti della stampa di sinistra di allora. Collabora anche a NoiDonne, dove pubblica a puntate il racconto Atlanta: riscrittura del mondo mitologico che ha al centro la figura di una ragazza simbolo di capovolgimento e rottura degli stereotipi verso le donne. Ha scritto il suo amico Italo Calvino: «I giornali in cui Rodari lavorò erano la stampa comunista di questi trentacinque anni di guerre fredde e inverni caldi; questo per dire che lo humour e la leggerezza ha sempre dovuto metterceli lui di suo, doni del suo temperamento e del suo garbo e della sua testa sempre limpida». Rodari si impegna anche per una scuola nuova in un contesto, quello degli anni Sessanta, in cui nascevano molti tentativi di didattica alternativa. Nel 1968 diventa direttore del Giornale dei genitori: «Nelle nostre scuole, generalmente parlando, si ride troppo poco. L’idea che l’educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere». Lui combatte anche un sistema educativo in cui «l’immaginazione è trattata come parente povera dell’attenzione e della memoria». È morto il 14 aprile 1980 lasciandoci fra le altre tante cose un Promemoria: «Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra».