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 2025  aprile 16 Mercoledì calendario

La svolta di Achille Lauro: “Canto mia madre e sogno il cinema”

Achille Lauro, in questo nuovo disco c’è una canzone, Cristina che è una dedica a sua madre. E anche il racconto crudo della sua adolescenza difficile. Ha detto che lei non l’ha ancora ascoltata. Che reazione si aspetta? E cosa pensa, sua madre, della sua musica?
«Non so davvero che reazione avrà. È è un brano molto impattante: quando lo ascolto mi viene il magone. Per il resto, sono arrivato a un punto in cui le mie canzoni arrivano a un pubblico trasversale. Qualche anno fa, io e altri amici facevamo musica per un target giovane, oggi non è più cosi. Mia madre riesce a comprendere questa trasformazione, credo ci sia una componente oggettiva e non soggettiva in questo».
Breve riassunto: il 18 aprile esce il nuovo album di Achille Lauro, Comuni mortali (Warner Music), che contiene anche gli ultimi, fortunati singoli Amore disperato e Inconscienti giovani con il quale ha partecipato a Sanremo. Ma non è l’unica novità annunciata. Si parte dalle due date al Circo Massimo il 29 giugno e l’1 luglio («Un terzo concerto? In realtà sto pensando a qualcosa di molto più grande«) seguito da un tour nei palazzetti nel 2026, si passa a una collaborazione con Mina («Non l’ho ancora sentita, ma ho una canzone per lei, molto bella»), si finisce col cinema: «Sto parlando con un grande produttore, ho già scritto alcune cose ma non mi vedo attore, sono più una persona di pensiero». Intanto il nuovo album: dodici brani pieni di memorie, di Roma e di persone care. Tra cui – fatto inedito per un artista che protegge moltissimo il privato – sua madre e le vicende della sua famiglia.
Il disco è pieno di malinconia, c’è dentro tanta Roma. “L’amore è come una pioggia sopra Villa Borghese”, canta in Incoscienti giovani. Quanto incide la città su questo suo mood?
«Roma è una città in cui ti senti l’ultimo e il primo, è la città delle contraddizioni, ti fa sentire abbandonato e ti esalta al tempo stesso. È una città strapoetica, io sono uno che ruba dalla realtà come un documentarista, cerco di catturare la tradizione che è rimasta in certi vicoli del centro, o nelle periferie ancora un po’ pasoliniane».
Nel brano Amor, per una volta, racconta un amore che inizia e non uno che finisce. Parla della sua storia familiare, ha pubblicato una lettera della sua ex fidanzata. Sta perdendo la sua proverbiale riluttanza a parlare di sé?
«Ma in realtà ho sempre messo nella mia musica tanto di personale, non mi piace parlarne, ma ho sempre raccontato il mondo che ho vissuto, la mia musica è stata sempre uno specchio di quello che sono. Cristina l’ho scritta in dieci minuti, mia madre fa parte di questo storia e volevo lasciare qualcosa per lei».
Dice di avere un rapporto sereno con le sue storie sentimentali e che non cerca l’amore a tutti i costi. Da dove viene allora tutta questa inquietudine?
«L’amore e il non amore sono stati i grandi motori dell’arte, da secoli. Per quanto riguarda me, sono fatto così. L’esistenza è anche molto altro, l’amore alla fine è un palliativo».
Lei racconta l’amore in tanti modi: uno di questi è anche la solidarietà. Ha creato una fondazione per aiutare ragazzi in difficoltà, soprattutto quelli che vivono in luoghi disagiati. Quanto le sarebbe servita una realtà come quella?
«A me tantissimo, ma non solo a me, è pieno di ragazzi che si ritrovano a essere non più ragazzi e che avrebbero bisogno di sentirsi amati, di sviluppare la loro passione, di capire che c’è un’alternativa. Io sono stato fortunato, quando ho cominciato a scrivere ho trovato tanti artisti che si sono interessati alla mia musica, ho capito che c’era una possibilità e mi sono allontanato da certe realtà. Bisognerebbe partire dalla scuole, dalle famiglie, per far capire che bisogna provare a sviluppare i propri interessi, le proprie capacità».
Ha raccontato che la farfalla in copertina simboleggia le persone morte che vengo a salutare i vivi. Ha paura della fine?
«Le rispondo con una frase di Jim Morrison: “La mia unica amica è la fine”».