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 2025  aprile 16 Mercoledì calendario

Guerra sulla raffineria (ex Lukoil) di Priolo, l’ombra della Russia e le manovre del greco Economou

Uno scontro che sembra un terribile scontro in famiglia, con l’ombra della Russia e dei rapporti con Mosca che tutti i soggetti di questa storia hanno avuto nel recente passato. Cosa sta succedendo alla raffineria siciliana (ex Lukoil) di Priolo? E perché la raffineria è in stallo e gli accordi – benedetti dall’attuale governo Meloni con la golden power – stanno per saltare?
La storia, che La Stampa è in grado di ricostruire anche grazie ad alcune fonti molto a conoscenza del dossier Priolo – presenta alcuni punti fermi che possiamo riassumere così: nel 2023, colpito dalle sanzioni dell’Unione europea, il gruppo russo Lokoil, guidato da Vagit Alekperov ha venduto l’impianto siciliano a Goi Energy, un veicolo d’investimento poco noto, con sede a Cipro. Nonostante vi fossero altro acquirenti interessati, alcuni certamente più noti, il fondo Usa Crossbridge e una cordata guidata dall’uomo d’affari qatarino Saad Al Saad. La vendita si rese necessaria perché la Isab d Priolo si trovava in una situazione molto scomoda: almeno 5 milioni di barili del suo greggio raffinato giungevano addirittura in diversi porti Usa proprio da Priolo, e negli ultimi mesi l’impianto siciliano si riforniva per il 93 per cento dalla Russia. Il che configurava un aggiramento vistoso dell’embargo al petrolio russo deciso, con limitate esenzioni, dall’Ue.
L’accordo con Goi Energy venne mediato dal magnate franco israeliano Beny Steinmetz e approvato dal governo italiano, ma allora poco o nulla si sapeva di chi fosse dietro questo veicolo d’investimento. La vendita, sostiene adesso il Financial Times, avvenne in modo opaco perché «né l’acquirente né Roma avevano rivelato l’identità dei suoi azionisti». Secondo Ft, che ha visionato documenti riservati, il maggiore investitore nel fondo di controllo di Goi Energy (99%), una società chiamata Argus, era al momento della transazione di proprietà quasi integrale di George Economou, un miliardario greco molto attivo nel settore della commercializzazione del petrolio (petroliere), e proprietario di una società discussa per i suoi rapporti con i russi, la TMS tankers.
Su Economou e la TSM torneremo, ma l’operazione di vendita di Priolo fu conclusa anche assieme allo stesso mediatore, Steinmetz, e a un ex dirigente di Trafigura, Michael Bobrov. L’accordo del 2023 prevede che Trafigura – una celebre multinazionale svizzero-singaporiana delle commodities, specialmente petrolifere –abbia per almeno dieci anni fornitura di petrolio a Priolo e commercializzazione del petrolio da Priolo. Ma questo accordo è ora contestato dal greco, che sostiene che «l’accordo favorisce Trafigura», le consente di guadagnare anche in un momento in cui la raffineria perde soldi. Sembra uno scontro in famiglia per tange ragioni. Sia perché entrambi hanno una lunga storia di rapporti d’affari con Mosca, sia perché Economou vorrebbe forse prendersi un boccone grosso della commercializzazione (la sua storia è quella di un commercializzatore, non di un raffinatore). Tra l’altro, Steinmetz è il suocero dei due soci di Bobrov in un’altra attività nel settore petrolifero, la raffineria israeliana di Bazan.
Trafigura e i russi
Prima dell’invasione su larga scala della Russia in Ucraina, le vendite di petrolio rappresentavano fino al 35% delle entrate di bilancio della Russia, l’Europa era il maggior acquirente di greggio russo, e quasi il 60% di questo greggio veniva commercializzato in Europa attraverso la Svizzera, fondamentalmente da quattro società di trading di materie prime come Vitol, Glencore e Gunvor (la società fondata da uno dei due più storici amici di Putin, Ghennady Timchenko, che ne vendette le quote all’altro fondatore dopo esser stato colpito nel 2014 dalle primissime sanzioni del Tesoro Usa), e appunto Trafigura (stando dai dati di “Public Eye”). Già nel 2023 Trafigura dichiarò che esportava ormai solo forniture limitate di prodotti raffinati russi «ma ovviamente nel rispetto del price cap», fece sapere l’allora ceo Jeremy Weir.
A luglio 2023 Trafigura vendette anche la sua molto discussa, importante partecipazione del 10% in Vostok Oil, il mega progetto russo guidato da Rosneft e Igor Sechin (il plenipotenziario di Putin per il petrolio, già suo portaborse quando Putin era vicesindaco di San Pietroburgo) per lo sviluppo di giacimenti di petrolio e gas nell’Artico. La partecipazione fu comprata da una piccola società, “Nord Axis Limited”, registrata a Hong Kong esattamente una settimana prima dell’invasione dell’Ucraina. Forse da gente che sapeva bene le date. E che comprò anche l’analoga partecipazione di Vitol, l’altro rosso trader svizzero. In un panorama in cui pezzi di controllo di loro beni strategici devono esser venduti (per le più varie ragioni), i russi non vogliono che vadano a dei nemici.
La Russia dall’inizio delle sanzioni e del price cap sul petrolio ha costruito una galassia molto opaca di piccole società come queste, sia per la partecipazione in raffinerie sia per la commercializzazione e la creazione della flotta ombra, società registrate in domini non trasparentissimi e comunque non osservanti della sanzioni, dagli Emirati e Cipro a Hong Kong e alla Cina. A Priolo qualcosa si deve esser rotto dall’assetto preesistente, perché il greco Economou ha iniziato a far guerra specificamente a Trafigura, avviando una procedura legale per rinegoziare l’accordo decennale con la società svizzera. Si tratta di una guerra a Trafigura, o di una guerra perché negli impegni presi con il governo Meloni (nella sfera del golden power) c’era che il fornitore e commercializzatore (Trafigura) non avrebbe potuto conferire a Priolo petrolio russo? Chi è a conoscenza della situazione riferisce che il greco potrebbe anche vendere tutto, se trovasse un compratore a lui gradito, ma il problema è proprio l’accordo di commercializzazione che ha Trafigura. Che lo ottene, sostengono diverse fonti, per volontà del venditore originario, Lukoil.
Il ruolo di George Economou
Anche Economou ha a lungo navigato coi russi e i prodotti russi: la sua TMS, stando a una investigazione di “Global Witness”, riportata dal Wall Street Journal, ha fatto parte di una rete di sette compagnie di navigazione greche che hanno tutte dominato il commercio di petrolio russo durante la guerra in Ucraina, almeno fino al 2023. Il trasporto di idrocarburi russi non costituisce di per sé ovunque una esplicita violazione delle sanzioni occidentali, ma avviene quasi sempre, dal febbraio 2022, in forme opache e network opachi, sia societari sia di petroliere. E per questo l’Agenzia nazionale ucraina per la prevenzione della corruzione scrisse a Economou nel 2022, chiedendogli di cessare le esportazioni russe e elencò TMS Tankers, Thenamaris Ships Management, Minerva Marine e Dynacom Tankers Management – tutte aziende greche – come «sponsor internazionali della guerra». In seguito, Kyiv rimosse TMS da questo elenco perché Economou aveva accettato di sospendere transazioni con prodotti russi.