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 2025  aprile 14 Lunedì calendario

In Cina torna la lunga marcia Stavolta sono robot umanoidi

In Cina torna la lunga marcia Stavolta sono robot umanoidiP er farsi sbrigare le faccende domestiche da un automa, i cinesi dovranno attendere quelli a buon mercato, che saranno commercializzati tra qualche anno. Nel frattempo, un assaggio delle loro capacità è stato offerto nell’ultimo gala della CCTV per la festa di primavera, quando un gruppo di robot umanoidi ha danzato con le snodabili e coloratissime ballerine del Xinjiang. Gli “H1” di Unitree assieme alle ragazze della regione ribelle pacificata, coreografia di Zhang Yimou: uno spot per la nuova era di Xi Jinping, durante l’evento che tiene il paese incollato per ore alla tv. Non solo propaganda, perché quella performance ha evidenziato l’exploit di un settore che sta trasformando la vecchia “fabbrica del mondo” di merci ad alta intensità di lavoro in una che punta a primeggiare nella manifattura avanzata.
Agibot, fondata dal 32enne Peng Zhihui, quest’anno mira a produrre 5.000 robot, come Tesla con i suoi Optimus. L’industria e i servizi sono le principali applicazioni di queste macchine il cui prezzo – attualmente tra i 200mila e i 300mila yuan – secondo lo stesso Peng, dovrà scendere intorno ai 50mila yuan (6.400 euro) prima che possano entrare nelle case dei cinesi.
Il settore – che secondo Goldman Sachs nel 2035 varrà 38 miliardi di dollari a livello globale – si sta evolvendo rapidamente, sostenuto dalle politiche e dagli incentivi governativi. I cluster industriali degli umanoidi made in China hanno messo radici in tre aree: il distretto di Nanshan, nella giovane megalopoli di Shenzhen, sul delta del Fiume delle perle, il più vitale; quello del delta del Fiume azzurro, con in prima fila Shanghai e Hangzhou (in quest’ultima la compresenza delle sedi di DeepSeek e Unitree sta resuscitando il mercato immobiliare); la regione Pechino-Tianjin-Hubei. Per costruire una filiera completa degli umanoidi, le aziende che li producono possono contare sugli algoritmi elaborati negli atenei top di Pechino, sulla manifattura avanzata di Shanghai-Hangzhou e sulle industrie contigue dell’automotive e degli smartphone di Shenzhen.
Mentre i governi locali fanno a gara per intercettare questo boom, concedendo agevolazioni che hanno innescato una frenesia di investimenti. Secondo la società di consulenza Gaogong Industrial Institute, 27 accordi di finanziamento nei primi due mesi del 2025, per un valore complessivo di 4,45 miliardi di yuan (613 milioni di dollari), equivalente a quello dell’intero 2024.
Le big
Le protagoniste del mercato si chiamano Unitree (Hangzhou), Agibot (Shanghai) e Galbot (Shenzhen), tutte e tre “unicorni”, startup valutate oltre un miliardo di dollari. Assieme a Peng, il 35enne Wang Xingxing, amministratore delegato di Unitree, è l’altro astro nascente della robotica cinese, ricevuto recentemente dal presidente Xi assieme al quarantenne fondatore di DeepSeek, Liang Wenfeng. Una nuova generazione di imprenditori hi-tech che ha il compito di sviluppare quelle che il partito comunista chiama “nuove forze produttive di qualità”, ovvero macchine ad alta tecnologia, gestite da sistemi intelligenti e che sfornano prodotti all’avanguardia, grazie alle quali modernizzare le industrie tradizionali e farne nascere di nuove.
Le loro creazioni già servono in bar e ristoranti. Ma, soprattutto, in alcune sperimentazioni gli operai-umanoidi stanno sostituendo i lavoratori in carne e ossa. Come nel caso di “Walker S” di UBTech, che partecipa come “stagista” alla produzione di automobili negli impianti NIO.
Anche la robotica è un tassello essenziale della competizione tecnologica tra Cina e Stati Uniti, con questi ultimi primi nella ricerca di base e nell’intelligenza artificiale, e che vantano colossi riconosciuti a livello globale come Tesla e OpenAi. La Cina, però, grazie alle sue economie di scala può produrre più rapidamente e abbattere i costi. Non a caso secondo Goldman Sachs il 56 per cento delle aziende globali di robotica umanoide ha sede in Cina. 
La competizione con gli Usa
Gli analisti del settore prevedono che il 2025 sarà l’anno di svolta per i robot umanoidi fabbricati in serie. La statunitense Figure Ai ha appena svelato una linea automatizzata in grado di produrne 12mila all’anno. Anche gli Stati Uniti sono leader nell’innovazione, ma per la Cina potrebbe rivelarsi vincente la sua capacità di trasformare i prototipi in robot accessibili e di sperimentarne rapidamente le applicazioni.
Per Agibot questo è l’anno in cui dovrà «applicare nuovi prodotti a scenari industriali, sostituendo gli esseri umani in compiti specifici, per creare un valore tangibile per il cliente».
Wang lo ha detto chiaramente in una intervista ai media locali: «La robotica è oggi come i veicoli elettrici un decennio fa: un campo di battaglia da mille miliardi di yuan in attesa di essere conquistato».
Qualche giorno fa il Financial Times ha scritto che la Cina sta subendo «il suo stesso China shock»: se lo starebbe auto-infliggendo con l’abbandono delle produzioni ad alta intensità di lavoro, che sta lasciando per strada milioni di disoccupati.
Ma né i capitalisti cinesi né le politiche industriali hanno la bacchetta magica: con una popolazione che invecchia rapidamente, e dunque con meno manodopera giovane (con relativo aumento dei salari), se si vuole puntare a diventare una potenza manifatturiera avanzata, quella dell’automazione accelerata è una strada obbligata. E infatti il governo spinge per la robotizzazione.
Agibot, ad esempio, ha effettuato otto tornate di finanziamento e tra i suoi sostenitori figurano, tra gli altri: CAS Star (Accademia cinese delle scienze), il Lingang Sci-Tech Fund (amministrato dalle autorità di Shanghai) e BAIC, il produttore (di stato) pechinese di automobili.
Nel 2023 la Cina – con 470 robot ogni 10mila lavoratori – ha superato la Germania e il Giappone e si è piazzata al terzo posto nel mondo, dopo la Corea del Sud e Singapore, per “densità di robot utilizzati”, parametro che è riuscita a raddoppiare tra il 2019 e il 2023. 
Nuovo motore di crescita
Pechino ha messo tutto nero su bianco, nel piano decennale “Made in China 2025”, varato nel 2015. Secondo un’inchiesta di South China Morning Post, è stato centrato l’86 per cento degli obiettivi di quella road map voluta da Xi per far entrare il paese nella industria 4.0, di fatto saltando la 3.0, caratterizzata dall’automazione delle linee di produzione. “Made in China 2025” prevede «la costruzione di impianti intelligenti sperimentali e luoghi di lavoro digitali per applicare tecnologie che consentano l’interazione uomo-macchina, robot industriali, gestione logistica intelligente, nonché il controllo numerico, il monitoraggio in tempo reale e il controllo autoadattivo della tecnologia di produzione».
Sembra passato un secolo dal 2017, quando la cinese Midea acquisì (per 3,7 miliardi di euro) Kuka, compagnia tedesca d’avanguardia nella robotica industriale. Qualche giorno fa la stessa Midea, presentando un suo prototipo, è diventata l’ultima di una sessantina di aziende che affollano il business degli umanoidi.
La competizione tra decine di brand alimenta l’innovazione, come nel mercato dei veicoli elettrici. E proprio Xiaopeng, uno dei marchi più innovativi di auto a batteria, prevede che nei prossimi anni in Cina l’industria della robotica supererà quella dell’automotive.
La casa automobilistica con sede a Guangzhou ha identificato tre aree di crescita: dotare le sue auto di tecnologie di intelligenza artificiale, crescere al di fuori della Cina e sviluppare robot umanoidi (nei quali prevede di investire circa sette miliardi di dollari). Xiaopeng ha svelato Iron, un robot umanoide alimentato dall’Ia, appena un mese dopo che Tesla aveva presentato il suo Optimus.
«Quando penso al futuro di un ecosistema di mobilità guidato dall’intelligenza artificiale, immagino veicoli senza conducente che attraversano le città, auto volanti per gli spostamenti nei centri urbani e robot umanoidi integrati nelle nostre fabbriche e comunità», ha profetizzato He Xiaopeng, presidente e amministratore delegato di Xpeng.