lastampa.it, 16 aprile 2025
Omicidio Resinovich, gli avvocati minacciano di abbandonare il marito indagato (che non si trova)
Sebastiano Visintin, vedovo di Liliana Resinovich, sembra sparito nel nulla. Da giorni non risponde più a nessuno dei suoi contatti più stretti. Anche se continua a utilizzare il cellulare, come testimoniano le sue attività recenti, ben evidenti nelle chat di messaggeria istantanea.
Aveva annunciato a tutti di trovarsi in Austria per cercare quel relax che a Trieste gli era divenuto impossibile da quando, una settimana fa, è stato iscritto nel registro degli indagati, per un reato gravissimo: omicidio volontario. Aveva anche assicurato amici e giornalisti che sarebbe rientrato nel capoluogo giuliano a inizio settimana, ma non l’ha fatto. Dietro la decisione di far calare il silenzio sulla sua vita e i suoi spostamenti potrebbe esserci una sorta di intimazione dei suoi avvocati, che gli hanno fatto presente che l’atto ufficiale ricevuto dalla Procura impone un riserbo diverso rispetto ai primi tre anni di questa vicenda. Proprio i suoi avvocati, Paolo e Alice Bevilacqua, che oggi intervistati dal Piccolo di Trieste lamentano grande difficoltà nei rapporti con lo stesso Visintin. «È stato di continuo alla ricerca di una folle notorietà» spiegano. «Noi gli abbiamo detto che se continua così lo molliamo, non lo troviamo serio e rispettoso nei nostri confronti».
Le indagini
Nel frattempo il pool di investigatori che si occupa del caso sta analizzando nuovamente tutto il faldone. Come succede nei cold case – anche se questo è un delitto recente, ma l’inchiesta non aveva portato alcun frutto ed era stata chiesta l’archiviazione -, chi si avvicina all’indagine riparte da zero, per non essere influenzato dal lavoro dei colleghi e per cercare altre prospettive che possono essere sfuggite.
Nelle scorse ore, tra le persone sentite per redigere un quadro della situazione familiare nelle settimane precedenti la scomparsa e il successivo ritrovamento del cadavere di Liliana, c’è anche l’albergatrice isontina che aveva ospitato la coppia e che aveva segnalato un clima tutt’altro che idilliaco. La donna, un anno fa circa, aveva dichiarato alla stampa che Sebastiano, in un momento di confidenza, a distanza di qualche giorno dalla scomparsa di Liliana, il 14 dicembre 2021, le rivelò che «era stato un incidente». Salvo poi correggersi immediatamente dicendole «no, ma sono confuso». Secondo la donna, la coppia sarebbe stata alla fine della loro storia, tanto che Liliana avrebbe più di una volta chiesto di prepararle un altro letto per evitare di dormire insieme con Sebastiano, se non addirittura in una stanza separata.
L’autogol dell’alibi perfetto
Tra i tanti oggetti sequestrati a Visintin nel corso della perquisizione durata sette ore, nell’abitazione che condivideva con la moglie, ci sono anche gli indumenti che l’anziano indossava il giorno della scomparsa. L’uomo – che notoriamente ha una memoria piuttosto labile, una caratteristica che lo accompagna da sempre – non si sarebbe mai ricordato come fosse vestito in quel drammatico giorno, ma ci ha pensato la GoPro (proprio quella telecamera che aveva fatto esclamare all’uomo «io ho l’alibi perfetto, lo testimoniano le immagini registrate di quella mattina») a restituire un quadro fedelissimo: il dispositivo ha immortalato Visintin durante la sua uscita in bicicletta sul Carso, appena fuori città, compresa quella felpa gialla, lo stesso colore di alcuni reperti individuati sul corpo della morta ma solo nella seconda autopsia, eseguita dalla professoressa Cristina Cattaneo: l’esame che ha fatto ribaltare il caso, trasformandolo da suicidio in omicidio.
L’ex anatomopatologo
A proposito di medici legali, dopo anni di silenzio, il dottor Fulvio Costantinides ha fatto sapere, alla stampa locale, di non essere affatto sicuro della svolta assunta dalle indagini e di continuare a propendere per un gesto autolesionistico come causa del decesso. Il professionista ha anche rispedito al mittente le accuse circa una scarsa attenzione prestata durante la prima ispezione cadaverica, nel boschetto accanto all’ex ospedale psichiatrico. A suo avviso, egli iniziò le proprie attività ispettive solo dopo che la polizia scientifica aveva terminato di repertare il materiale e comunque, in quel frangente, non era stata accertata l’identità della salma, ipotizzando peraltro per Resinovich un allontanamento volontario.
Il mostro
Le indagini comunque spaziano a tutto campo perché non può essere esclusa l’azione di una persona sconsiderata – come successo con l’omicidio di Sharon Verzeni, nel Bergamasco, la scorsa estate – e nemmeno di una sorta di serial killer. Non possono essere escluse anche se al momento entrambe le piste sono molto marginali: nel primo caso (fanno notare gli esperti) l’autore non si sarebbe certo occupato di inscenare il suicidio coi sacchetti di plastica, mentre nel secondo caso l’omicida difficilmente avrebbe corso il rischio di essere scoperto con un’azione sulla pubblica via. «Se si esclude l’azione estemporanea di un estraneo – osservano investigatori di lungo corso – si torna alla cerchia familiare, ai conviventi, ai parenti, agli amici stretti, alle relazioni amorose, anche extraconiugali». E così il cerchio si stringerebbe su pochi soggetti.