il Fatto Quotidiano, 16 aprile 2025
“Un’auto Tesla può diventare un’arma controllata da fuori”
“Le auto Tesla che occupano le nostre autostrade, se subissero un attacco cibernetico, si trasformerebbero in armi, perché se una macchina è completamente connessa si può entrare nel sistema operativo e influenzarne le capacità, fino a fermarla o farla schiantare”. Lo ha detto Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa per Forza Italia con delega alla cybersicurezza. Intervenuto a Roma a chiudere il convegno “ConnAct Defence & Security”, dove parlamentari europei, alti ufficiali e manager dell’industria bellica hanno discusso del Libro bianco sulla Difesa europea, Perego ha voluto sottolineare così che oggi per fare la guerra, o per tutelare la sicurezza interna, non bastano cannoni e soldati, perché lo spettro dei rischi è molto più ampio. Al di là del marchio di Elon Musk (“per fare un nome a caso”, ha precisato il sottosegretario), il tema c’è. Fra i punti deboli dell’apparato militare italiano ed europeo figurano “intelligenza artificiale, quantum (tecnologie innovative basate sulla meccanica quantistica, ndr), cyber ed elettronica”, ha snocciolato l’ammiraglio Dario Giacomin, rappresentante italiano ai Comitati militari della Nato e dell’Ue. Siamo “debolucci” anche nella “difesa aerea antimissile”, ha aggiunto, nonché “nei sistemi di artiglieria, munizioni, missili, droni e sistemi di controdroni”. L’Europa, ha chiarito, “manterrà la deterrenza se svilupperà tecnologie molto avanzate. Questo è molto di più che ‘fare cose’”. E sono campi in cui “nessuno Stato può fare da solo”.
Tra gli affondi di Trump e gli ostacoli verso una vera e propria “difesa europea”, la parola d’ordine è cooperazione, corroborata dagli 800 miliardi di euro promessi dal piano Readiness 2030 voluto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Layen. Anche se ben 650 miliardi non sono stanziamenti, ma sforamenti di bilancio concessi agli Stati membri, ha rimarcato l’europarlamentare Pd Nicola Zingaretti, membro delle commissioni Affari esteri e Industria. Certo i miliardi stanziati per il riarmo fanno gola all’industria bellica, ma il problema non sono solo i soldi. “Un aereo che deve entrare in linea nel 2035 sarà con o senza pilota?” ha esemplificato l’ambasciatore Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo. “L’anno scorso Leonardo ha investito in ricerca e sviluppo due miliardi e mezzo di euro su 17 di fatturato, ma non abbiamo la sfera di cristallo”. Il piano industriale “prescinde da elementi esterni, compresi i finanziamenti europei, perché la domanda c’è, e da cittadino temo che ci sarà per parecchio”. Caso mai l’intoppo è un altro: “La Cina possiede il 70 per cento di tutto”, ha chiarito Pontecorvo, “che sia berio, alluminio, litio… Quando il signor Musk (di nuovo, ndr) o chiunque faccia batterie non trova più il litio, smette di fare batterie. Su questo l’Unione europea fa ancora poco”. Ecco dunque che le 21 pagine di Readiness 2030 smuovono debolezze di sistema difficili da risolvere con risoluzioni e finanziamenti. “Noi potremmo raddoppiare la produzione domani”, ha rivendicato il presidente di Leonardo, “abbiamo i finanziatori fuori dalla porta, però non si trova manodopera”. E qui si torna alle tecnologie: “Abbiamo il Davinci-1, il terzo supercomputer più potente al mondo, lo stiamo raddoppiando per fare dell’Intelligenza artificiale una linea di business. Ce la faremo, ma ci stiamo contendendo il personale”. L’intelligenza artificiale porterà “cambiamenti inimmaginabili”, ha concluso. “Governarli richiederà un pensiero strategico che io non vedo ancora”.