il Fatto Quotidiano, 16 aprile 2025
Le parabole di The Donald contro De Niro e i magistrati
“Il vento sussurrava dolcemente contro le finestre alte di Mar-a-Lago come una voce troppo spaventata per parlare. All’interno le lampade proiettano un caldo bagliore dorato attraverso lo studio rivestito di mogano. Fotografie, libri e trofei si ergono come testimoni silenziosi di decenni di trionfo”: inizia con queste parole il racconto di 22 minuti contenuto in un video Youtube pubblicato la settimana scorsa. Voce calda, attoriale, lenta e tranqullizzante. All’audio e alle parole in sovrimpressione, fa da sfondo il fermo immagine digitale di Donald Trump col figlio Barron. Una storia strappalacrime, il figlio chiede al padre se si sia mai pentito di essere presidente e in risposta il Tycoon gli mostra le lettere disperate dei suoi elettori e la sua parte più sensibile. “Quella che segue – si legge nella descrizione – è la toccante storia di un padre e un figlio che si riscoprono a vicenda, non attraverso la politica, ma attraverso la verità, la vulnerabilità e l’eredità. Mentre Donald Trump si apre sui rimpianti silenziosi, le lettere nascoste e i sogni incompiuti, Barron inizia a vedere suo padre in un modo che il Mondo non ha mai visto”.
Molti dei canali che producono in serie questi contenuti, raccontati dal sito Mother Jones, non ci sono più: Youtube li ha chiusi. Abbiamo fatto in tempo a navigare tra le buone parabole del Vangelo dell’amministrazione Trump, narrazioni in video realizzate per lo più con l’Intelligenza Artificiale in cui una voce narrante racconta gesta epiche dalla Casa Bianca, dalla portavoce Karoline Leavitt al figlio del presidente Barron Trump e del vicepresidente Vance. Tutti intenti ad avere la meglio su qualcuno che vuol punirli, per lo più giudici o Robert De Niro. E poi c’è la parte in cui si racconta di adozioni di cani abbandonati o tate reincontrate dopo anni. Insomma, toni epici, nostalgia, lacrime e rivalsa per avere migliaia di interazioni e commenti su Youtube stesso e sui social network.
Si tratta ovviamente di contenuti falsi, generati in modo evidente con l’intelligenza artificiale e poi spinti sui social anche per monetizzare, visto che sono quasi sempre inclusi gli annunci pubblicitari. Sono pubblicati da canali che hanno nomi tipo “Epic Stories”, “Elite Stories” o “Mr. Robe Stories”. “Produciamo storie toccanti, storie di comprensione, empatia e uguaglianza dei diritti umani” si legge in alcuni disclaimer. Come non bastasse, all’inizio di ogni video si precisa che le storie “sono puramente fittizie e create a scopo di intrattenimento” ma “vogliamo un pianeta in cui le persone abbiano diritto all’uguaglianza davanti alla legge, una società sempre più giusta, sviluppata e civile”. E poi si aggiunge: “Qualsiasi somiglianza con eventi, individui o organizzazioni reali è fittizia, casuale e involontaria”. Ma come può un video che contiene nomi e cognomi di persone realmente esistenti farlo in modo casuale?
L’autrice del report racconta di aver individuato almeno dieci account che producono questo materiale incentrato sull’amministrazione Trump e sulla sua famiglia. “Mentre molti di questi account vantano decine o addirittura centinaia di migliaia di iscritti – scrive su Mother Jones – è difficile stabilire quanti di questi follower siano persone reali”. Molti, è la conclusione, sembrano però autentici e c’è chi, seppur non crede alle storielle raccontate, decide di ascoltarle comunque per “intrattenersi”. Basti pensare che il canale Elite Stories è stato creato a ottobre, ha prodotto il suo primo video a fine novembre, ma fino a qualche giorno fa aveva già raccolto oltre 31 milioni di visualizzazioni. Tra le storie più “apprezzate”, quella del giudice che chiede al Procuratore Generale Pam Bondi di rimuovere una collana a forma di croce o quello su Karoline Leavitt multata, sempre da un giudice, per aver indossato la sua collana a forma di croce, prima di rendersi conto di essere davanti a un “genio del diritto”. Qualche mese fa aveva fatto il giro del mondo la storia di Elon Musk che travestito da senzatetto sarebbe andato a cena in un ristorante di lusso.
Alcuni di questi canali sono stati rimossi, altri no. YouTube vieta “contenuti fuorvianti o ingannevoli che rappresentano un serio rischio di danno grave” e, spiega il report, secondo questi parametri non c’è danno grave in un numero imprecisato di persone che pensano, ad esempio, che Barron Trump abbia preso un golden retriever. Ad ogni modo, un portavoce di Youtube ha fatto sapere al sito di aver applicato le politiche antispam visto che questi canali riaprono alla velocità della luce quando vengono chiusi qualora violino le policy o su segnalazioni, intelligenza artificiale o meno. Come quelli – quattro – che, mentre andiamo in stampa, risultano “restaurati” meno di 24 ore fa.