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 2025  aprile 16 Mercoledì calendario

Allarme Unesco: in arrivo migliaia di reperti saccheggiati dal Museo di Khartoum

Con il recente ritiro delle Forze di Supporto Rapido (RSF), a fine marzo 2025, dal centro di Khartoum, la distruzione del patrimonio culturale sudanese conservato nel Museo Nazionale è diventata dolorosamente evidente: gallerie vuote, vetrine infrante e solo le poche statue colossali, come il monumento del re Taharqa, del peso di sette tonnellate, sono rimaste intatte. Il Museo Nazionale, inaugurato nel 1971 nella capitale del Sudan, simbolo dell’identità e della storia sudanese, che abbraccia migliaia di anni, dallo scorso autunno fino ad oggi è stato oggetto di saccheggi e distruzioni diffuse a causa del conflitto in corso tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) e RSF.
Il Museo, fino a poco tempo fa, ospitava circa 100.000 reperti che rappresentano millenni di cultura sudanese (dai primi regni nubiani e l’impero kushita, ai regni cristiani di Alodia e Makuria, fino ai sultanati islamici di Sennar e Darfur). Tra i suoi pezzi più preziosi c’erano mummie risalenti al 2500 a.C., alcune delle più antiche e significative al mondo dal punto di vista archeologico; i tesori reali kushiti; i dipinti rupestri provenienti da chiese antiche e templi spostati durante la Campagna Internazionale per Salvare i Monumenti della Nubia, tra il 1960 e il 1980. Di queste opere sembra essere sopravvissuto ben poco, oggi.
Sistematica razzia
Nel 2024, l’organizzazione paramilitare Rapid Support Forces (RSF) ha attivamente coordinato i saccheggi dei tesori del museo, tra cui antichi manufatti in oro e mummie di valore inestimabile. Sebbene le RSF siano responsabili dell’ultima fase del saccheggio del museo, entrambe le fazioni, RSD e le SAF, sono state ampiamente accusate di violazioni della legge umanitaria internazionale. Le controffensive di SAF hanno spesso impiegato bombardamenti indiscriminati e raid aerei, distruggendo il patrimonio storico costruito e mettendo in pericolo i siti culturali protetti. La National Corporation for Antiquities and Museums (NCAM) del Sudan aveva messo in guardia sul fatto che numerosi musei regionali, tra cui il Museo della Casa del Khalifa a Omdurman e le strutture di stoccaggio archeologico a Meroë, sarebbero state vulnerabili ai saccheggi, sia opportunistici che organizzati. Le forze occupanti hanno distrutto almeno otto mummie, mentre alcune parti dell’edificio hanno subito danni da incendio.
La triste conferma
Un’ispezione post-bellica condotta da alcuni ex curatori, tra cui Elnzeer Tirab Abaker Haroun del Museo Etnografico, ha confermato che il Museo Nazionale è stato completamente saccheggiato e distrutto. I saccheggiatori sono riusciti a entrare anche nelle casseforti usate per conservare opere pregiate in oro e pietre preziose. Questo fatto suggerisce che i saccheggiatori fossero ben organizzati o hanno avuto il tempo di familiarizzare con gli impianti di sicurezza e la disposizione della collezione. Le immagini provenienti dai satelliti, nel 2024, mostrano camion carichi di reperti lasciare il museo, diretti verso i confini meridionali del Sudan.
Intellettuali e cittadini sudanesi hanno espresso il loro profondo dolore per la distruzione del museo, inquadrando la perdita come simbolo della devastazione più ampia provocata dalla guerra. Questa distruzione è più di una perdita materiale: è un colpo deliberato all’identità e alla storia del Sudan. Ekhlaas Abdel Latif, direttore dei Musei dell’Autorità Nazionale per le Antichità e i Musei del Sudan, ha lamentato: “Hanno deturpato la nostra identità e la nostra storia. Vogliono cancellare la storia e la demografia del Sudan”. Intellettuali e cittadini sudanesi hanno espresso un profondo dolore per questa tragedia. La prominente attivista per i diritti delle donne, Hala Al-Karib, ha descritto l’assistere alla profanazione del museo come una delle esperienze più dolorose del conflitto. La sindacalista Shahenda Suleiman ha dichiarato che il vuoto del museo riflette la distruzione e lo sfollamento sistematici che la società sudanese ha subito dal 2023.
Il mercato illegale
I reperti delle collezioni del Museo Nazionale del Sudan sembrano essere stati trasportati oltre confine verso altri paesi africani vicini per essere trafficati all’estero, come accaduto in precedenti conflitti nella regione. Sebbene il Sudan sia un membro dell’Unesco dal 1956, non ha ratificato nessuna delle convenzioni internazionali volte a proteggere il patrimonio culturale. Al contrario, i paesi vicini hanno adottato misure di protezione più stringenti. L’Egitto, ad esempio, ha ratificato molte delle convenzioni culturali internazionali, inclusa la Convenzione dell’Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e i suoi due protocolli. La stessa cosa vale per l’Etiopia, la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centrafricana, che hanno preso impegni simili in difesa del loro patrimonio culturale. L’Unesco ha ribadito il suo appello agli operatori di mercato dell’arte, ai musei e alle autorità doganali di astenersi dal commerciare o facilitare il movimento di proprietà culturali sudanesi trafugate dal museo o da siti protetti.