Avvenire, 16 aprile 2025
Bertone, da ragazzo delle «scorribande» al servizio «accanto ai Papi»
Chi poteva mai immaginare che, quando era ragazzino, un futuro segretario di Stato vaticano fosse stato bloccato dai carabinieri? Perché «facevamo esercizio di tiro a segno» con le «armi abbandonate» durante la seconda guerra mondiale. «E noi ragazzi ce ne impossessavamo senza paura». Finché non vennero scoperti dagli uomini dell’Arma fra i boschi nei dintorni di Ivrea. «Siamo stati identificati uno per uno e l’indomani alla presenza dei genitori abbiamo subito una bella lavata di capo dal maresciallo che ci ha intimato di consegnare tutte le armi e rinunciare alle nostre imprese». Si racconta a cuore aperto Tarcisio Bertone, il cardinale di Romano Canavese che a dicembre ha compiuto 90 anni e che per l’occasione pubblica il suo libro di memorie Una vita senza soste. Storia di una vocazione (Cantagalli, pagine 280, euro 21). Una sorta di diario dei primi 57 anni, fino alla nomina ad arcivescovo di Vercelli avvenuta nel 1991 che avrebbe preceduto quelle a segretario della Congregazione per la dottrina della fede con Joseph Ratzinger prefetto, ad arcivescovo di Genova e a segretario di Stato durante il pontificato di Benedetto XVI. Scelta precisa quella del porporato piemontese di fermarsi a una data di svolta della sua vita che «lascia intendere la redazione di una seconda parte» con «ulteriori pennellate che saranno senza dubbio molto interessanti», annuncia nella prefazione il cardinale Ángel Fernández Artime, ex rettor maggiore dei salesiani. Figlio di don Bosco come Bertone che si descrive segnato dalla «passione per la Chiesa e per la Congregazione salesiana».
Era portato per le lingue, il pentagramma e lo sport il giovane Tarcisio, nato e cresciuto in una famiglia ricca di «solidi affetti, forte fede e tanta musica». Protagonista di «scorribande», come lui stesso le definisce; assiduo cercatore di funghi; cantore sui passi del padre. Poi «il cambio di rotta deciso quasi improvvisamente e si diceva quasi incoscientemente», annota. Quello di consacrarsi al Signore. Una vocazione scaturita dall’incontro con il “pianeta” del santo dei giovani nel collegio di Valdocco a Torino dove frequenta la scuola. «Nel cortile, sotto lo sguardo di don Bosco, comunico con semplicità e ingenua concretezza la grande decisione: “Voglio diventare salesiano”. La mamma scoppia in pianto». In realtà Pierina sarà sempre al suo fianco e, «ferma e irremovibile», lo sosterrà anche nel difficile inizio del noviziato. «Sembra di riascoltare mamma Margherita – sottolinea Artime – quando il giovane Giovanni Bosco manifestò dubbi a proseguire in Seminario». C’è un episodio caro a Bertone che ama citare: quello della gara degli allievi che lo avrebbe incoronato «imperatore del catechismo». E a Valdocco fra «i momenti più affascinanti» c’erano «le proiezioni delle diapositive sull’inesplorata Terra del Fuoco» in Sud America portate dai missionari di don Bosco. «Mai le dimenticai». Poi confida: «Anche io feci domanda di andare missionario. Ma i superiori mi indirizzarono verso altre mete di formazione e lavoro». Le scuole salesiane dove Tarcisio è insegnante; l’assistenza in tre caserme e al gruppo scout “Torino 24” dopo essere diventato prete nel 1960; gli studi a Torino per la licenza in teologia; le estati in Germania per «apprendere il tedesco» e toccare con mano «la capitale spezzata in due» ottenendo anche il «permesso di superare il muro per visitare la comunità salesiana di Berlino est»; la Facoltà di diritto canonico a Roma dove avrebbe conseguito il dottorato.
Il trasferimento nell’Urbe lo porta «accanto ai Papi», spiega il cardinale: Giovanni XXIII che «quando si spostava per la città, noi studenti andavamo a sentire» e che con il Concilio gli plasma una «mentalità aperta e sensibile»; Paolo VI che incontra più volte e di cui comincia a curare l’idoneità dei candidati al sacerdozio nelle ordinazioni pontificie; Giovanni Paolo I, «popolarissimo comunicatore»; Giovanni Paolo II che lo chiamerà in Curia Romana mentre Bertone è già decano della Facoltà di diritto canonico all’Università Pontificia Salesiana. È infatti il 1984 quando diventa consultore della Pontificia Commissione per l’interpretazione del Codice di diritto canonico di cui ha curato la traduzione in italiano del testo riformato. Collabora alle bozze dei discorsi del Papa; ferma un’ordinazione in San Pietro di un «seminarista tradizionalista spagnolo» che ha falsificato i documenti; visita le terre di missione nel mondo.
E sempre nel 1984 comincia il suo cammino con Ratzinger che su sua «proposta» lo vuole consultore della Dottrina della fede. Diventa l’uomo dei casi divisivi da risolvere in vari Paesi. E nel 1998 Wojtyla lo convoca nel gruppo per studiare la riconciliazione con l’arcivescovo Marcel Lefebvre dopo la frattura conciliare: l’accordo viene firmato, ma il presule francese ritratterà e consacrerà illegalmente quattro vescovi. «La delusione è grande», scrive Bertone che racconta del Papa e dell’«agitazione che lo affligge». Poi la nomina a rettore dell’Università Salesiana e quindi ad arcivescovo. In un incontro con Giovanni Paolo II, don Stanislaw Dziwisz, allora segretario particolare del Papa e oggi cardinale, scherza: «Finora alle riunioni abbiamo chiamato don Bertone il Magnifico rettore. Ora come lo chiameremo?». E il Pontefice: «Magnifico arcivescovo».