Avvenire, 16 aprile 2025
Consumi giù per l’incertezza È allarme potere d’acquisto
Le barriere tariffarie condizionano tutto, dalle spese agli investimenti. E irrompono al Forum di Confcommercio, in corso ieri e oggi a villa Miani, a Roma, dove la temporanea marcia indietro di Trump è ben accolta («Implica che abbiamo una controparte che ascolta imprese e mercati», annota il presidente Carlo Sangalli) e dove, intanto, si lancia l’allarme sui fattori interni che frenano i consumi italiani che «anche alla fine del 2026 non saranno tornati ai livelli del 2007, vent’anni prima»: per il centro studi dell’associazione che riunisce circa 700mila imprese del commercio la colpa è del potere d’acquisto degli italiani che, con stipendi che crescono ben meno della media Ocse, dal 1995 al 2024 hanno perso il 26,5% rispetto a quelli tedeschi, il 12,2% rispetto ai francesi. Conseguenza della produttività del lavoro, ferma in Italia da 30 anni: da noi è cresciuta appena dell’1,7%, a fronte della crescita tedesca del 18,9% (e 21,3 in Francia).
Sono i mali antichi del nostro Paese, che ora vengono esaltati (in negativo) dalle prospettive più fosche che si agitano sull’economia internazionale. Per Sangalli la rimozione delle barriere tariffarie «richiede paziente, determinato e faticoso lavoro di negoziazione multilaterale, per ricucire e ripristinare» e si deve basare anche su un sistema di «compensazioni» fra aree geografiche. Precondizione necessaria per ripristinare fra i consumatori la fiducia, «ingrediente fondamentale» e per far ripartire «la propensione all’investimento». Non tutto è negativo, però: malgrado questo quadro, Confcommercio stima per il 2025 una crescita del Pil allo 0,8%, più dello 0,6% appena indicato dal governo nel Def, per passare poi a +0,9% l’anno venturo. E per i consumi sul territorio si stima una crescita 2025 dell’1,2%. Ma «siamo di fronte ad uno scenario dominato da profondi e repentini cambiamenti, la direzione dei quali non è prevedibile», sostiene Sangalli. E ulteriori elementi positivi per il presidente sono l’«inflazione sotto controllo, l’occupazione ai massimi, redditi reali in aumento grazie anche ai rinnovi contrattuali» e poi «la conferma che il turismo, con presenze cresciute in Italia del 200% in 35 anni, e i servizi di mercato, pure tra mille difficoltà, sono il motore della crescita del nostro Paese», indicando «con chiarezza» la direzione verso cui puntare per lo sviluppo del Paese. Luci che «si rafforzerebbero» con l’auspicato, nuovo taglio dei tassi d’interesse da parte della Bce. Il conflitto commerciale e geopolitico scatenato dal nuovo presidente Usa rischia peraltro di essere un controsenso della storia, a sentire Jeremy Rifkin, ospite di riguardo dell’evento curato anche da studio Ambrosetti: «Minaccia di disgregare l’economia globale in tempo reale», è il parere dell’economista e fondatore di Foundation on Economic Trends, mentre «una terza rivoluzione industriale guidata dall’intelligenza artificiale si sta rapidamente diffondendo sulla scena globale, rendendo obsoleti i dazi su un vasto numero di beni fisici, con alcune eccezioni tra le quali combustibili fossili, i prodotti agricoli, le terre rare e i prodotti di legno e pietra: si chiama manifattura additiva». Per ora, però, da combattere resta la minaccia incombente di dazi. In questo quadro, Sangalli osserva che «l’attuale debolezza della domanda interna è un problema per la crescita della nostra economia». Il presidente di Confcommercio giudica «non ancora sufficienti» anche le misure del governo sull’energia. Servono «un nuovo impulso all’efficienza energetica, all’incremento della produzione rinnovabile e, certamente, anche al nucleare sostenibile». Alla base di tutto c’è quindi un’esigenza: «Bisogna rimettere al centro dell’agenda di governo la riduzione delle imposte per il ceto produttivo. E bisogna farlo adesso».