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 2025  aprile 15 Martedì calendario

Magda Goebbels, dentro l’orrore

La questione è controversa da quando, nel 1961, la filosofa Hannah Arendt, dopo aver seguito in Israele il processo e la condanna del criminale nazista Adolf Eichmann, scrisse il suo libro-resoconto La banalità del male. Osservando da vicino l’imputato e ascoltando in aula le argomentazioni a sua difesa, la scrittrice sostenne che sì, il male può essere commesso contro milioni di persone – in quel caso gli ebrei deportati nei campi di sterminio – anche da un uomo banale, «noioso», addirittura «né perverso né sadico», proprio come le sembrò quell’ufficiale tedesco obbediente agli ordini di Hitler. Quella tesi fu molto discussa e contestata da quanti sostennero che il male è commesso da esseri umani malvagi, quindi tutt’altro che «banali», sia pure nel ruolo di semplici esecutori degli ordini criminali impartiti dai loro superiori.
In questo aprile 2025, a ottant’anni da quella tragedia, molti studi e ricerche confermano che la follia nazista che sconvolse l’Europa non fu opera di un gruppo ristretto di criminali avventurieri, ma fu una mostruosità ideologica – quindi culturale e politica – che convinse e coinvolse l’intera Germania, con meritorie ma rarissime eccezioni.
Con il romanzo Mostruosa mente, in libreria per Fazi da venerdì 18 aprile, Mauro Mazza racconta la follia del nazismo attraverso la vita e i ricordi di Magda Goebbels. Moglie del geniale e cinico responsabile della poderosa macchina propagandistica del regime, indiscussa prima donna del Reich, forse amante di Adolf Hitler e madre di sei figli (cinque femmine e un maschio) che lei ucciderà nel sonno, novella Medea sterminatrice, per sottrarli a una vita e a un mondo che non avrebbero più senso «senza il nostro Führer».
Quello di Mazza è davvero un viaggio della follia che si è fatta storia e tragedia, nei dodici anni dominati dal nazismo hitleriano. Sono gli occhi di Magda Goebbels che rivivono quella stagione, in un delirio che il trasferimento dell’intera famiglia nel bunker di Berlino fa somigliare a un anticipo di condanna eterna.
Senza più scampo, rifiutando vie di fuga tentate da altri gerarchi, la scelta di restare comunque fedele a Hitler impone ai coniugi Goebbels di andare come lui incontro alla morte. A lei resta il tempo di riordinare i ricordi, componendo un mosaico confuso eppure lucido delle scelte compiute, senza occultare errori ed orrori di fronte ai quali talvolta provò diffidenza e contrarietà – su tutti, lo sterminio degli ebrei – ma senza trovare mai il coraggio di contestarli ad alta voce. Si giustifica e si auto-assolve per quei suoi silenzi. E rivendica di essere stata la «prima donna del Reich», la più capace, la più fedele, che si è fatta forte anche della massima considerazione di Hitler nei suoi confronti. L’autore accredita l’ipotesi di una relazione tra Magda e il Führer, culminata in un rapporto sessuale («una volta, una volta soltanto») che nella sua dinamica descrive nell’intimità un Hitler molto ambiguo, assolutamente diverso da tutti gli altri uomini collezionati da Magda Goebbels. Anche sulla sua disinvolta condotta, lei si mostra sincera: non nasconde le sue numerose avventure, piuttosto accampa giustificazioni. Una su tutte: gli innumerevoli tradimenti subiti dal marito.
Era tutt’altro che bello, il Dottore, con la sua vistosa zoppìa, ma potentissimo – lui, ministro della propaganda e capo del cinema tedesco —, in grado di sedurre molte attrici già affermate o in cerca di successo. Rapporto complesso e torbido, quello tra i coniugi Goebbels, condizionato dalla totale sudditanza della coppia nei confronti di Hitler, da cui il marito e la moglie dipendono completamente. Ne sono consapevoli, ma non fanno nulla per affrancarsi.
Il delirio finale
Goebbels non gradisce le pubbliche attenzioni di Hitler per Magda, ma lei è convinta che sia geloso del Führer, non di lei. Per il resto, tra una crisi e l’altra resta l’ammirazione di Magda per la genialità che Goebbels possiede. Aiutarlo a rafforzare il suo potere personale è importante anche per lei. Per questo lo difende dalle accuse che gli muovono i gerarchi che, come lui, vogliono conquistare il posto d’onore accanto al Führer: da Göring a Himmler, da Speer ad Hess.
Il romanzo di Mazza ricostruisce bene la crisi economica e le suggestioni che portarono milioni di tedeschi a innamorarsi di Hitler, a credere nel sogno di un «Reich millenario». Il racconto in prima persona di Magda Goebbels ci accompagna nel suo viaggio infernale a ritroso nel tempo. I suoi ricordi si inseguono, si accavallano e si confondono, lo stile di scrittura ne accentua gli aspetti deliranti. Non c’è punteggiatura, in molte pagine, come quando si lascia briglia sciolta ai propri pensieri. E la mente si tuffa nei ricordi. Magda Goebbels arrotonda gli angoli più acuti, ma non omette. Giustifica le scelte compiute, anche le più disumane. Scrive una drammatica lettera al figlio Harald Quandt, nato da un suo precedente matrimonio. Il giovane soldato è prigioniero degli inglesi e lei è convinta che comprenderà, almeno lui, le ragioni della sua scelta terribile: «La vita non varrà la pena di essere vissuta nel mondo senza Hitler e senza il nazionalsocialismo. I bambini sono troppo preziosi per poter vivere la vita che verrà dopo di lui».
A ridosso della fine, la donna rivive il suo matrimonio con Goebbels, un rapporto mentalmente perverso. Nel tempo la convivenza si è fatta insopportabile ma inevitabile: marito e moglie sono comunque complici del male che si perpetua in una Berlino ormai assediata dalle truppe sovietiche, vicinissime alla nuova Cancelleria, a pochi metri dal bunker in cui sono asserragliati i generali e i dirigenti più fedeli ad Hitler. Sono tutti consapevoli di essere ormai prigionieri in quelle celle senza finestre, in quei cunicoli scuri e nauseabondi. Nell’imminenza della resa, i soldati si ubriacano per dimenticare, mentre nelle continue riunioni di guerra presiedute da un Führer sconfortato, incerto e tremolante arrivano notizie ogni giorno più terribili. È tempo di farla finita. Hitler sposa Eva Braun con una cerimonia di nozze che Magda definisce «la più triste di sempre». Poi ordina di avvelenare la sua amatissima cagna Blondi, scrive il testamento politico nominando Goebbels nuovo Cancelliere. Infine saluta ad uno ad uno i presenti. Si chiude nella sua stanza e si suicida con un colpo di pistola. Eva preferisce ingoiare una capsula di cianuro. A Magda Goebbels, disperata e sconvolta, non resta che procedere come stabilito.
Le pagine del romanzo sulla strage dei bambini restituiscono spessore e potenza alla tragedia che si va consumando. Quei bimbi innocenti, venuti al mondo perché la loro madre brillasse nella sua posizione di «madre e donna modello» nella Germania nazista, sono avvelenati per mano della stessa Magda. Cinicamente, mostruosamente è lei ad agire, con l’aiuto di un medico costretto ad aiutarla. A Joseph Goebbels, complice di quella terribile decisione, resta il compito di sparare a sua moglie e di uccidersi subito dopo. L’omicidio-suicidio si consuma appena fuori dal bunker, vicino ad un cumulo di terriccio che copre i corpi bruciati di Hitler e di Eva.
Quel male, commesso da una «mostruosa mente», fu forse assoluto, certo non banale.